Leggo dalla biografia di Alessandro Burbank: poeta, performer, promotore di eventi culturali. Sì, poeta. PO E TA. Una parola che sembra tanto lontana oggi, ma che in realtà è più vicina a noi di quanto si possa pensare. E per nulla noiosa.
Ho conosciuto Alessandro Burbank durante un workshop al Castello di Rivoli sul finire del 2019 e mi colpì immediatamente la sua ironia e il suo modo così acuto e divertito di indagare la realtà. Ho avuto poi la fortuna di conoscerlo professionalmente più a fondo nel corso di questo bizzarro 2020 e, nel suo profilo, mi sento di aggiungere: infaticabile curioso, sperimentatore impavido.
L’identikit del poeta contemporaneo è così composto: vincitore di svariati premi (tra i quali, concorso nazionale di poesia erotica Baffo/Zancopè all’età di sedici anni e Premio Nazionale Elio Pagliarani per la poesia inedita); autore del documentario Revolution Art Poetry in Palestina per l’associazione Maia ONLUS; ideatore e presentatore di diversi eventi culturali tra Venezia (sua città natale) e Torino, Londra, Edimburgo, Roma, Trento; scrittore della pubblicazione Salutarsi dagli aerei (2018, Interno Poesia).
Le sue collaborazioni spaziano da Valerio Magrelli a Dargen D’amico, da Natalino Balasso a Willie Peyote e Dutch Nazari. I suoi palchi sono gli spazi istituzionali, come il MAXXI di Roma o Palazzo Grassi a Venezia, ma anche i FlixBus, le imbarcazioni di Venezia, i festival musicali e gli eventi divulgativi per ragazzi.
Tutto questo si riduce ad una sola considerazione: la poesia non è snob. È in mezzo a noi. È noi.
Per meglio capire cosa significhi poesia oggi, però, ho deciso di chiederlo direttamente a lui.
Tu sei un poeta contemporaneo. Cosa ti ha spinto, oggi, negli anni 2000, a scegliere il percorso della poesia?
Il caso. Grazie al caso dunque. Sul serio. E’ la prima domanda ma è anche la più difficile. Potrei dire, come è scritto da altre parti, che un episodio dell’infanzia importante mi ha fatto cominciare. Ma la vera domanda è come ho continuato. Attorno a me la gente mi chiamava poeta, e io ci ho creduto. Ad un certo punto sono diventato orgoglioso di questo, ho studiato gli altri poeti per meritare di essere chiamato così, e non ne ho più fatto segreto. Anche nel presentare i progetti e i bandi, ad esempio, nel mostrarmi alle istituzioni o banalmente alle ragazze su Tinder (glielo dico solo se me lo estorcono, ma glielo dico). Faccio il poeta, sono un poeta.
Cosa fa esattamente un poeta?
Cerca di mantenersi vivo e vegeto prima di morire nell’illusione di venire capito solo dopo il decesso. No scherzo. Un poeta oggi è un precario come o più degli altri artisti. Il suo codice è la poesia, non la scultura, non la pittura, i suoi materiali sono le parole, la pagina, i nuovi media, i silenzi, le pause, la voce ecc. Più nel pratico: ora sto facendo un tour con un cantautore – rapper che si chiama Dutch Nazari e andiamo in giro a leggere le nostre cose nei palchi di alcuni teatri e locali per la musica.
Cosa vuol dire fare poesia oggi?
Ogni poeta potrebbe darti una risposta personale e dunque diversa. Credo che in comune tutti cercano di farsi capire, di venire compresi nel caos, dagli altri o da se stessi. Nel pratico un poeta può fare molte cose: scrivere, pubblicare, sono le più semplici. Ci sono poeti che fanno tour, spettacoli, aperture di concerti, organizzano festival. Fare poesia è strettamente connesso con quello che fai. Io personalmente ho cercato e cerco di esplorare tutte le possibilità. Questo oltre a mantenermi giovane e con una pelle invidiabile, se mi faccio la barba nonostante il fumo sembro un ragazzino. Ho ad esempio ideato e creato uno spettacolo di poesia ”Aumentata” purtroppo ora scomparso in un lack spazio temporale, ma che pescherò e si chiama Canti del Caos.
Cosa è “poesabile”? Tutto?
Si. La poesia è un codice, un insieme di forme e dispositivi, di possibilità con cui puoi programmare l’esistente e farlo diventare una poesia. Personalmente cerco di allenare il mio sguardo per vedere più cose possibili. In generale, prendo moltissimi appunti, anche mentre cammino o ballo (quando si poteva) in mezzo alla gente nei luoghi del disagio.
Poesia e società contemporanea: la prima può essere utile alla lettura e alla riscrittura della seconda? E quanto il contesto contemporaneo influenza la poesia?
Credo che la metafora della poesia come ”lente” sia poco esaustiva. La poesia come arte, come tutte le altre, fa parte della contemporaneità, ne aggiunge nel suo piccolo, un pezzo. Il poeta come intellettuale o in generale l’artista filosofo non esiste più – escludendo i pochissimi casi. Vedo la contemporaneità come un flusso: puoi decidere di uscirne e farti inseguire, oppure di entrare nel flusso e provare a farti seguire. C’è un dibattito acceso tra poeti appartati e poeti che cercano visibilità. Molto più complesso di quello che sembra.
Poesia e social media: come si posiziona la poesia nei confronti dei nuovi mezzi di comunicazione? Essi sono utili alla diffusione del linguaggio poetico? Viceversa: la poesia è utile, secondo te, per migliorare i social – nella lingua, nella forma, negli stimoli, nella composizione?
Certo. Sono utili alla diffusione di ogni linguaggio, anche quello poetico. La poesia per come può essere fruita attraverso i social può dare un momento di ricordo e attenzione e cura maggiore rispetto ad altri contenuti, verso se stessi, stimolando il fruitore alcuni ”muscoli” poco abituati. Deve essere una poesia fatta bene però, anche d’amore o ironica, può anche parlare di re-seller di scarpe o di gattini, ma la riconosci se è roba buona o bieco copywriting aziendale di se stessi.
“Sono sicuro che in futuro anche il lettore imparerà a pretendere di più dai poeti, e i poeti potranno solo, finalmente essere un tramite tra loro stessi e la realtà.”
In che misura la poesia oggi interagisce con le altre forme espressive artistiche?
In maniera cross-mediale. O meglio intermediale. Termine coniato dal noto poeta S.T. Coleridge (quello che ti chiedono agli esami delle superiori in Inglese). Non è un caso che proprio un poeta abbia coniato un termine del genere per definire le arti che si uniscono, ibride. Ora parliamo di generi, prima parlavamo di codice. Ci vorrebbe un libro aggiornato che non sarei in grado di scrivere. Diciamo che forse la poesia è una confusione intermediale, e il poeta è una persona perennemente confusa, per non parlare di quanto l’artista della poesia invidi – bonariamente – agli altri artisti le loro forme d’arte (e il loro mercato), soprattutto il canto ai cantanti e la musica ai musicisti.
“Io personalmente invidio molto i programmatori.“
Come si supera l’incomunicabilità?
Non si supera. É come voler eliminare la povertà (semicit.) o il crimine o il male. Non si eliminano si ”limano”. Si deve tendere a ridurre il più possibile. Diciamo che per quanto riguarda il proprio percorso di poeta è importante cercare in se stessi e soprattutto negli altri una musica, uno spartito su cui appoggiare le parole.
Cos’è un Poetry Slam?
Il Poetry Slam è una gara di poesia tra poeti che portano davanti al pubblico giudicante, con la sola nuda voce, le loro poesie originali. E’ un format molto bello che ho frequentato tantissimo e mi ha insegnato a fare le cose che faccio, e come me oggi fanno molti veterani dello Slam: le performance e gli spettacoli. Il mio spettacolo Canti del Caos è un tentativo di mettere la poesia alla prova. Ho una sceneggiatura virtuale che il pubblico può manovrare urlando e decidendo le sorti dello spettacolo. Canti del Caos è diviso in 6-8 performance, pezzi di un quadro componibili ogni volta diversamente. Se mi chiedevi come si supera l’incomunicabilità, Canti del Caos è una risposta. L’obiettivo è stato quello di simulare la mente umana mentre scrive una poesia. Non riesco mai a spiegarlo completamente. Credo sia una caratteristica, un suo punto di forza.
Perché, ancora oggi, secondo te, è così importante la poesia?
“Perché la poesia dice l’indicibile e arriva all’essenza ultima delle cose, si fa, in fin dei conti, anche senza una penna o un foglio, anche solo con la voce e la memoria. Cosa a cui tende l’arte contemporanea, all’immateriale. La poesia c’è arrivata da un bel po’.“
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