Roma è una città complessa. Un centro storico da salvaguardare, una periferia in continua espansione e una popolazione, residente e pendolare, costretta a spostarsi in continuazione al suo interno.
Chi vive a Roma conosce bene i limiti del trasporto pubblico romano, le carenze, i ritardi, il degrado. Il cittadino romano tende naturalmente a preferire il mezzo privato, la vecchia macchina, a quello pubblico, perché, nonostante traffico e smog, è più affidabile della metropolitana, dei tram e degli autobus.
Può Roma, dunque, confrontarsi con le altre capitali europee, caratterizzate da decine di linee metro e un uso molto basso dell’automobile, se presenta delle carenze strutturali così gravi?
Abbiamo scambiato due parole (un po’ più di due a dire il vero) sulla situazione del trasporto pubblico romano con Andrea Spinosa, Ingegnere laureato alla Sapienza, esperto di metropolitane e consulente del sito http://www.cityrailways.it/ .
Quale città rappresenta per te un esempio per quanto riguarda urbanistica e mobilità?
In genere le città che hanno adottato da sempre un approccio di Transit Oriented Development: governare l’ordinario e pianificare lo sviluppo attraverso la corretta gestione della mobilità. Se dovessi scegliere il caso più esemplare, agli amministratori romani consiglierei un viaggio studio a Melbourne. Si tratta della seconda città australiana, inizialmente pianificata sul modello delle città statunitensi (downtown e periferia a villette), a partire dal 1960 ha fatto proprie le migliori esperienze urbanistiche europee riuscendo a realizzare pienamente il sogno di molti amministratori nostrani della metropoli (4,1 milioni di abitanti) fatta di tanti piccoli villaggi (città delle città). Il tutto mantenendo la più estesa rete tranviaria oggi in servizio nel mondo e una delle più estese reti di ferrovie urbane e suburbane. E nonostante parliamo d’Australia (da sempre una delle Nazioni con i più elevati tassi di motorizzazione) a Melbourne 7 spostamenti su 10 si svolgono con i mezzi pubblici. E nella downtown i trasporti sono gratuiti!
Recentemente il nodo d’incontro delle due linee metro romane, Termini, è stato sponsorizzato dalla Vodafone, che ha elargito un milione di euro e si occuperà della manutenzione della stazione. Cosa pensi riguardo la sponsorizzazione di una fermata metro? Può essere un modo per racimolare un po’ di soldi e migliorare il servizio?
Queste forme di compartecipazione dei privati alla gestione del servizio pubblico sono di per sé positive. È uno dei possibili esempi di capitalizzazione dei flussi di trasporto da parte delle Amministrazioni. Il problema è nel come si svolgono questi processi. Prima di vendere un prodotto sarebbe opportuno valutarne bene il valore di mercato: il rischio è che sia l’acquirente a fare il prezzo e il venditore non sia in grado di capire se ha fatto un buon affare o no. A Madrid è stato fatto lo stesso con il grande nodo intermodale di Puerta del Sol: in quel caso il Gestore ha reso pubblico sia il bando che le offerte pervenute in modo da dare a tutta la Comunità la possibilità di valutarne la bontà. A Roma non conosciamo la durata del contratto, per esempio, oppure quali altre offerte siano pervenute. Sia a Madrid che a Roma, bisogna avere ben chiara una cosa: si tratta di soluzioni una-tantum, che non risolvono in alcun modo i problemi di mala gestione. La mala gestione si risolve solo con una buona gestione.
Linea A, Battistini – Anagnina. Come giudichi la linea, le stazioni ed il servizio?
La linea A paga una cattiva realizzazione: quando fu inaugurata mancavano i pozzi di ventilazione; le banchine erano più strette e più corte del 30% rispetto alle dimensioni ordinarie; la linea aerea era stata letteralmente incastrata in galleria con una sagoma più stretta perché pensata per l’alimentazione da terra con terza rotaia. Così le stazioni faticano a gestire il carico soprattutto nelle ore di punta; sono stati necessari pesanti lavori di costruzione, e non di semplice manutenzione, già dai quindici anni di servizio; il servizio spesso subisce delle sospensioni sovente per la rottura della linea aerea (troppo bassa). In un quadro così critico non bisogna dimenticare che la A è una delle linee tra le più trafficate del mondo: il giudizio non può che essere positivo per come si è riuscito nonostante tutto a mantenere livelli di servizio adeguati. In questo non è stata indifferente la scelta dei treni CAF, che hanno dimostrato un’altissima affidabilità ed una capacità ottimale anche a carichi elevati.
Linea B, Laurentina – Rebibbia/Conca d’Oro. Come giudichi la linea, le stazioni ed il servizio?
Per anni la linea B è stata sottoutilizzata perché tracciata in entrambe le tratte nelle zone a minore densità di traffico: la tratta sud resta appena tangente alla via Cristoforo Colombo intersecando appena viale Marconi e nella parte a minore densità abitativa; la tratta nord corre lontana dai popolosi quartieri della via Tiburtina. Ma è una linea importantissima perché tocca alcuni dei punti notevoli della città turistica: ecco, la stazione Colosseo è l’esempio di inedia che si fa sistema. Pensate che a Parigi o a Barcellona tratterebbero così la porta di accesso alla più grande e importante area archeologica del mondo?
Il servizio è migliorato con l’introduzione dei CAF anche su questa linea ma soffre di una scelta progettuale più singolare: quella di realizzare una diramazione lungo la tratta centrale. Con l’entrata in servizio della B1, la tratta Bologna-Rebibbia si trova a lasciar spazio alle corse per Conca d’Oro. Sulla Bologna-Rebibbia c’è Tiburtina, che ambisce ad essere la stazione ferroviaria più importante della città). Così o la frequenza per Conca d’Oro si mantiene relativamente bassa (allora sarebbe stato meglio realizzare una linea tramviaria) oppure, almeno in ora di punta, la principale stazione romana si troverà con un collegamento inadeguato per il Centro storico. Forse è per questo motivo che in tutto il mondo la pratica di realizzare delle diramazioni nelle reti metropolitane è desueta e limitata alle sezioni più periferiche?
La Roma – Lido è una linea che presenta spesso guasti e problemi, nonostante serva un quadrante importante della città. Cosa e quanto ci vuole per renderla una metro a tutti gli effetti?
La linea ha guidato e sostenuto l’urbanizzazione progressiva della piana di Acilia: per una volta, a Roma, si è riusciti ad applicare (ma in maniera del tutto inconsapevole) i principi dello sviluppo urbano orientato alla Mobilità. Il grappolo urbano di Acilia e dei quartieri limitrofi ed Ostia sono unite a Roma da un unico cordone: la Roma-Lido e la via del Mare/Ostiense a cui si è poi aggiunta la via Colombo. Non esistono tragitti trasversali perché il Tevere e la Tenuta Presidenziale costituiscono delle barriere invalicabili. In questo contesto la Roma-Lido si trova a dover sostenere dei picchi di carico molto elevati pur mantenendo delle fasce di morbida (afflusso minore) relativamente ampie.
Sicuramente è necessario aumentare la frequenza nelle fasce di punta, passando dagli attuali 7’ di attesa almeno alla metà, 3’ 50’’. Le corse giornaliere devono aumentare almeno del 40%. Il carico attuale della linea è di 45mila passeggeri giorno ma la domanda supera i 90mila. Poi occorre lavorare sulle fermate, non solo realizzandone di nuove tra il Torrino e Ostia Antica, ma anche potenziando quelle esistenti, ridisegnando tutta la rete di superficie e impostando più di ora tutta la rete in adduzione alla linea.
Non ultima la presentazione grafica: assegnare una lettera ed un colore alla linea è più di una mera operazione grafica come ha insegnato la trasformazione delle linee “del Valles” delle ferrovie Catalane, a Barcellona, nelle linee 6, 7 e 8 della rete metropolitana.
Il 20 agosto 2014 dovrebbe aprire la tratta della linea C Monte Compatri/Pantano – Lodi. Quanto è logico aprire una tratta monca (con anni di ritardo rispetto alle previsioni) e qual è il tuo giudizio su questa linea?
In epoca moderna di nessuna linea metropolitana al mondo si è così discusso senza che ne fosse messo in esercizio nemmeno un chilometro. Ma non bisogna dimenticare che la linea A ebbe una storia analoga: il progetto fu approvato con la legge 1145 del 24 dicembre 1959 ma l’inaugurazione avvenne solo nel 1980.
Quando si attiva una linea di trasporto per parti, si deve garantire la maggiore omogeneità possibile alla rete, anche nelle fasi di servizio intermedio. Una linea con una certa capacità oraria deve terminare, anche momentaneamente, presso un nodo in cui in uscita ci sia almeno una linea di pari capacità. La linea C, nella prima fase di servizio, avrà una capacità di 150mila passeggeri ora: perché la rete sia bilanciata deve terminare o presso una linea metropolitana di pari capacità o presso un nodo tramviario con almeno 3 linee da 50mila passeggeri ora. L’attestamento a Lodi/Spezia non è bilanciato: sarà necessario arrivare a piedi a San Giovanni oppure prendere la ferrovia Roma-Giardinetti a Ponte Casilino. Non si dia retta a chi dice che saranno istituite delle linee di bus ausiliarie: se il servizio metro avrà successo, in ora di punta per ogni treno sono necessari almeno 8 autobus in serie!
La linea C è stata concepita in un percorso progettuale incompleto: non sono state analizzate alternative e le scelte fatte non sono affatto le migliori possibili. Soprattutto non serve i corridoi a maggiore domanda di passeggeri. Una volta deciso se attestarsi a Fori Imperiali o Venezia sarà opportuno ripensare il futuro della linea: non avrebbe senso continuare nel tracciato originariamente pensato e meno che mai con una fermata ogni 1.200 m!
È necessario che la linea C prosegua oltre San Giovanni, perché la domanda di trasporto sulla linea C sale dal 30% al 72% della capacità della linea. Ma esistono delle alternative da confrontare con l’unico scenario di progetto e ce ne sono diverse: quella a maggiore fattibilità vede la prosecuzione verso sud e l’attestamento presso il piazzale della stazione Ostiense. In questo caso il carico di rete aumenta del 14% rispetto all’attestamento a Venezia.
Per ora possiamo giudicare quanto è stato fatto ma non dobbiamo fermarci a questo. La risposta ad un episodio di mala sanità non è nel chiudere tutti gli ospedali: c’è ancora tempo per correggere il progetto trasformando l’attuale empasse in un servizio di successo per la città.
Quali soluzioni, anche semplici, potrebbero essere prese per migliorare la situazione della mobilità romana spendendo cifre contenute?
Non esistono soluzioni semplici ad un problema così complesso. Se definiamo il perimetro del Grande Raccordo Anulare come cuore dell’area urbana di Roma otteniamo dei numeri molto indicativi. La popolazione residente è di 2,3 milioni di abitanti, ma la quota di city-user (gli utenti della città) nei giorni feriali vede 1,4 milioni di persone dall’area urbana esterna; 720mila pendolari dall’area metropolitana; 11mila persone stabilmente residenti come personale diplomatico straniero; 88mila studenti da altre regioni; 125mila turisti. Parliamo di 4,2 milioni di persone. Queste persone ogni giorno compiono 7,4 milioni di spostamenti: 690mila con la metropolitana; 75mila con le ferrovie concesse e 220mila con le ferrovie regionali; gli autobus trasportano circa 900mila persone tra ATAC e Cotral. In totale 1,9 milioni di persone si spostano con il trasporto pubblico. Della quota restante (75%) la gran parte si muove con la propria auto o con un ciclomotore.
Migliorare la situazione attuale significa almeno raddoppiare la quota di persone che si spostano con il trasporto pubblico: questo sarebbe l’obiettivo indicato dall’Unione Europea e dall’UITP, l’Unione Internazionale delle Aziende di Trasporto Pubblico per il 2020. Per Roma significa trasportare ogni giorno almeno altri 2 milioni di passeggeri. Non ci possono essere soluzioni semplice per muovere il doppio dei passeggeri attuali.
Rinunciare a questo obiettivo significa lasciare che queste persone continuino a spendere qualcosa come 15,9 milioni di euro al giorno di tasca propria per spostarsi. Quindi solo di costo di trasporto, lasciando da parte qualsiasi costo sociale, queste persone spendono 5,4 miliardi di euro l’anno in carburante, assicurazione e manutenzione della propria auto.
Di fronte a queste cifre viene da chiedersi perché l’Amministrazione dovrebbe spendere “poco” per migliorare la mobilità. Per esempio, nel calcolo di prima, se quei 2 milioni di spostamenti si svolgessero col mezzo pubblico, tra tessere e biglietti si spenderebbero 1,1 miliardi di € l’anno. E in città ci sarebbero 4,3 miliardi di euro in più disponibili nelle tasche dei cittadini.
Corridoi della mobilità: quanto funzionano in una città come Roma? È una misura utile per migliorare il servizio pubblico su gomma?
Sì. Però non come sono state realizzati a Roma. I corridoi della mobilità funzionano se garantiscono poche interferenze con le altre correnti di traffico inclusi i pedoni. Lungo via Ciamarra, il corridoio migliore sinora realizzato, gli attraversamenti pedonali distano in alcuni punti meno di 25 metri l’uno dall’altro. A Parigi tutto è regolamentato ed anche i pedoni vengono indirizzati ad attraversare presso le intersezioni viarie, in modo da concentrare le fermate dei bus. Anche ad un pedone va ricordato che non è educato costringere 150 persone (su un bus da 18 m) a fermarsi per lasciarlo passare: meglio che sia lui ad aspettare che loro passino per prime.
I corridoi devono essere curati di più: a Roma si parla poco di accessibilità, ma i bus restano inaccessibili per molti. Siamo ormai andati oltre la logica della disabilità: ciascuno, per proprio modo, è abile. Un bus deve potersi accostare alla banchina con un distacco contenuto sempre entro i 10 cm. In questo modo si eviterà l’umiliazione di dover chiedere all’autista l’estrazione di una pedona che al 90% delle volte non funziona. Tra gli sbuffi dei viaggiatori.
10 cm sono pochi per un piede di un ipovedente, per la ruota di un passeggino, per la gamba ingessata di un atleta. 10 cm fanno la differenza tra l’affidabilità e l’inaffidabilità di un servizio. Per ridurre a 10 cm lo scarto medio di distacco di un bus in fermata, basta adottare un profilo arrotondato per il cordolo del marciapiede, sagomandolo come il piede delle barriere New-Jersey che fanno da spartitraffico nelle autostrade.
E siccome uno dei problemi del trasporto pubblico romano sono gli alti costi di servizio, è bene ricordare che, a parità di carico, un filobus costa il 25% in meno di un autobus e dura il 50% in più. Non inquina ed è estremamente silenzioso: non vorrei mettere il dito nella piaga, ma perché il più grande acquisto filoviario fatto a Roma dal 1950 (40 elementi) è fermo in deposito?
Ha senso puntare sulla “Cura del ferro”, magari progettando nuove linee di tram (Marino ha parlato del Tram 1, che da Termini a Trastevere utilizzerà binari già esistenti) oppure sarebbe meglio soffermarsi sullo sviluppo di una vera rete metropolitana?
Come detto pocanzi, entro il Grande Raccordo Anulare, ogni giorno ci sono 4,2 milioni di persone. Nel 2020, la popolazione giornaliera di Roma salirà a 5 milioni di unità che compiranno 8,1 milioni di spostamenti al giorno. Secondo le direttive dell’Unione Europea il 40% almeno di questi spostamenti dovrebbe avvenire con il mezzo pubblico. Parliamo di 3,2 milioni di viaggiatori contro i 2 milioni attuali. Per trasportare 1,2 milioni di viaggiatori in più possiamo immaginare di mettere in circolazione il doppio degli autobus oggi circolanti. Uno sforzo enorme (2.000 vetture in circolazione) per servire appena 800mila passeggeri.
Oppure potremmo triplicare l’attuale rete tramviaria riportandola ai fasti degli anni Cinquanta quando misurava oltre 120 km. Ma pur utilizzando vetture da 36 metri, trasporteremo al massimo (e non sarebbe affatto poco) 500mila di quegli 1,2 milioni di viaggiatori in più.
Verosimilmente, potremmo ripartire 300mila passeggeri in più sulla rete degli autobus e non più di 400mila sulla rete tramviaria di superficie. Ma non si scappa dal creare almeno 2 linee di metropolitana per accogliere almeno i restanti 500mila passeggeri.
L’obiettivo deve essere il trasporto elettrico: a seconda della domanda, filobus o tram. Ma non si può fare a meno dell’estensione della rete metropolitana.
Ormai tutte le città europee presentano un sistema di mobilità integrato: metro, ferrovia, bici, macchina e persino traghetti. Come può Roma uniformarsi a questa tendenza nel minor tempo possibile?
La vastità – in termini di superficie – dell’area urbana romana non lavora a favore della mobilità lenta. A Roma la distanza giornaliera media coperta dagli spostamenti sistematici è la più alta tra le grandi città europee: 12 km per chi vive nell’area urbana, 29 km per chi vive nell’area metropolitana. Difficile pensare che la quota di spostamenti in bicicletta possa mai superare il 7-8%. C’è poi un aspetto sanitario che spesso viene trascurato: incentivare lo sforzo fisico nelle zone ad alta concentrazione di traffico significa incrementare la patogenicità degli inquinanti aero dispersi. Se con un respiro normale, ricambio il 20-30% della quantità d’aria nei polmoni, quando sono sotto sforzo il ricambio sale al 50-70%: se compio questo sforzo tra i tubi di scappamento delle auto facilito la penetrazione e la deposizione alveolare profonda di questi inquinanti. Insomma una pedalata nel traffico non è né salutare né da incentivare. Meglio spostarsi con il mezzo pubblico, dato che nelle moderne vetture l’aria esterna viene filtrata in maniera abbastanza efficace.
I cunei verdi che a Roma si insinuano sino nel Centro Storico potrebbe però ospitare delle radiali ciclopedonali esaltandone anche la funzione turistica. Al limite dell’attuale fascia verde o, meglio, lungo il perimetro del Raccordo Anulare, andrebbero realizzati grandi parcheggi di scambio multipiano. In genere almeno il 30% del traffico in ingresso andrebbe indotto qui a lasciare l’auto per il mezzo pubblico. Entro l’anello ferroviario si dovrebbe incrementare questa quota al 70%.
I corridoi della mobilità dovrebbero attivamente integrare metropolitane, ferrovie regionali e tramvie con una adeguata offerta di servizio. E non ci sono alternative: per i corridoi della mobilità bisogna rispolverare il vecchio piano Atac delle filovie per le linee espresse. Solo il trasporto elettrico può garantire di raggiungere un dimezzamento delle concentrazioni di inquinanti nelle aree centrali in tempi ragionevoli.
Forse il problema principale di Roma è l’eccessivo uso della macchina, la seconda fila e il caos che ne deriva. Quanto di ciò è colpa dello scarso servizio di trasporto pubblico e quanto invece dipende dalla nostra cultura eccessivamente “pigra” e poco comunitaria?
I numeri parlano chiaro: in termini di trasporto collettivo in sede propria, Roma è fanalino di coda in tutte le classifiche. Ma è anche una città molto estesa: una combinazione che non lascia scampo se si vuole arrivare in tempo a lavoro o si deve pianificare un appuntamento. Sfatiamo un mito: a Roma come in tutte le grandi città, il 70% dei pendolari lascerebbe volentieri la macchina a casa se ne avesse l’opportunità.
L’inedia caratteriale di una popolazione di solito viene richiamata solo per giustificare a posteriori la politica del non fare: è inutile investire nel trasporto pubblico, perché i romani non cambieranno mai. Lo dicevano ai tempi dell’inaugurazione della linea 8, ma oggi è il servizio più frequentato della rete di superficie. E la nuova FL3, la linea A con frequenza a 2’, la filovia 90: tutte dimostrano che la risposta dell’utenza ad un servizio adeguato è pressoché immediata.
Abbiamo trattato l’argomento mobilità, cercando di capire criticità e possibili spiragli per una città come Roma. Cosa ti senti di dire a chi quotidianamente vive questa città, magari tra mille ritardi e disservizi, e cosa invece a chi la governa?
Ai cittadini di non lasciarsi sopraffare da un senso di inevitabilità del fato: la malagestione è sempre una scelta, fatta da qualcuno perché possa trarne vantaggio. Conoscere, informarsi, discutere: esigere la ripresa dei laboratori di quartiere e chiedere all’Amministrazione la condivisione delle future scelte progettuali. Un cittadino informato è un cittadino responsabile.
All’Amministrazione di studiare, confrontarsi con tutte le sue componenti e con i cittadini e darsi un’idea di come dovrà essere Roma nel 2020 e nel 2040. Al momento tutto è vissuto alla giornata, e se le cose continueranno ad essere amministrate nel modo che gli inglesi chiamano “Business-As-Usual” il risveglio dal Capodanno del prossimo decennio potrebbe non essere molto positivo.
[divider]ENGLISH VERSION[/divider]
Rome is a complicated city. It has an historic center to preserve, a periphery continually expanding and a population, both resident and commuter, forced to move constantly within.
Who lives in Rome knows quite well the limits of public transport; its shortages, its delays, its degradation. The Roman citizen naturally tends to prefer private transport, the old car, than the public, because, despite traffic and smog, it is more reliable than subway, tram and buses are.
So, could Rome deal with the other European capitals, which have dozens of metro lines and a very low use of car, if it has such serious structural defects?
We had a little talk (well, not so little actually) about Rome’s public transport situation, with Andrea Spinosa, an Engineer graduated from the University of Rome “La Sapienza”, who is a metro expert and the consultant of the website http://www.cityrailways.it/ .
In your opinion, which city is an example, with regard to urban planning and mobility?
Generally, the cities that have adopted an approach of Transit Oriented Development: ruling the ordinary and planning development through a proper management of mobility. If I had to choose the most exemplary case, I would recommend a study trip to Melbourne to Roman administrators. This is the second Australian city, which initially was planned on the U.S. cities’ model (downtown and cottages suburbs). Since 1960 has embraced the best European urban experiences, managing to fully realize the dream of many administrators of our own metropolis (4.1 million inhabitants) made up of many small villages (towns of the city). And all this has been done while maintaining the largest network tram in service today in the world, and one of the largest urban and suburban railways networks. And despite talking of Australia (one of the nations with the highest rates of motorization ever), in Melbourne 7 movements on 10 take place with public transport. And downtown transportations are free!
Recently, the hub of intersection of Rome’s two metro lines, Termini, was sponsored by Vodafone, which has given a million Euros and will be responsible for maintenance of the station. What do you think about the sponsorship of a metro station? Could it be a way to scrape together a bit of money and improve the service?
These forms of co-partnerships of private in the management of public services are inherently positive. It is one of many possible examples of capitalization of transport flows by the Government. The problem is in the way these processes are carried out. Before you sell a good, it would be appropriate to evaluate it. The risk is that the buyer makes the price, while the seller is unable to figure out if he has done a good deal or not. The same is in Madrid, in the big intermodal hub of Puerta del Sol. In that case, the Manager made public both the announcement and the offers received, in order to give to the entire Community a chance to test its efficiency. In Rome, we do not know the duration of the contract, or which offers have been made. Both in Madrid and Rome, we must be clear about one thing: these are one-time budget solutions that do not solve in any way mismanagement’s problems. You can solve mismanagement only by good management.
A line, Battistini – Anagnina. What do you think about the line, the stations and the service?
The line pays a poor design. When it was inaugurated, it lacked the ventilation shafts, the docks were narrower and shorter by 30%, compared to ordinary dimensions, the airline was literally stuck in a tunnel with a tight-fitting shape, because of the power from ground with the third rail. So, the stations are struggling to handle the load, especially during peak hours. Since the fifteen years of service, were required heavy construction works and a not easy maintenance. Frequently, the service suffers suspensions, often for breaking the airline (too low). In a so critical context, we must not forget that the A line is one of the busiest in the world. My judgment is surely positive, because nevertheless they have managed to maintain adequate levels of service. At this point, even the choice of CAF trains was considerable, because they demonstrated high reliability and optimum capacity, even with high loads.
B line, Laurentina – Rebibbia/Conca d’Oro. What do you think about the line, the stations and the service?
For years, the B line has been in under-utilization because both routes have been drawn in areas with a lower density of traffic. The southern line is just tangent to Via Cristoforo Colombo, intersecting Viale Marconi and the lower population density areas. The northern line runs away from populous districts of via Tiburtina. However, this is a very important line, because it reaches some of the major touristic points. The Colosseo station is an example of starvation that turns habitual. Do you think that in Paris or Barcelona the gateway to the largest and most important archeological site in the world would be treated this way?
The service has improved with the introduction of the CAF trains, but it suffers because of an unusual design choice: creating a branch along the central section. With the introduction of the B1 line, the Bologna-Rebibbia route has to leave space to the races for Conca d’Oro. On the Bologna-Rebibbia line there is Tiburtina station, which aims to become the most important railway station in the city. So, either the frequency to Conca d’Oro remains relatively low (then, it would be better to build a tram line), or at least in the rush hour, the main Roman station will be left with a poor connection to the Old Town. Perhaps, is it for this reason that, all over the world, realizing ramifications in metropolitan networks is obsolete and limited to the most peripheral sections?
The Rome – Lido line often has faults and problems, despite it serves an important quadrant of the city. What and how much does it take to make it a real metro?
The line guided and supported the progressive urbanization of the plain of Acilia. For once, in Rome, it was possible to apply (even if in a totally unconscious way) the principles of urban development oriented toward mobility. Acilia’s urban cluster, with the surrounding neighborhoods and Ostia, are connected to Rome by a single rope: the Rome-Lido line and the Via del Mare/Ostiense line, to which was then added via Colombo. Because the Tiber and the Presidential Estate are insurmountable barriers, there aren’t any diagonal crossings. In this context, the Roma-Lido line has to support very high peak loads while maintaining relatively large soft time slots (with a lower flow).
Surely, it is necessary to increase the frequency in the rush hours, from the current 7′ wait to at least half, 3’50”. Daily runs should increase by at least 40 %. The current load of the line is 45 thousand passengers a day, but the demand exceeds to 90 thousand. Then, we need to work on the stops. We should create new stops not only between Torrino and Ostia Antica, but also upgrading the existing ones, redesigning the above-network and setting the entire network in supplying the line.
Last but not the least, the graphical presentation. Assigning a letter and a color to a metro line is more than just a graphics operation, as taught by the transformation of the railroad Catalan lines “del Valles” in Barcelona, in lines 6, 7 and 8 of the metro network.
On August 20, 2014 the C line Monte Compatri/Pantano – Lodi will be launched. How logical is to open an incomplete line (years late compared with the previsions) and what is your opinion?
In the modern era, no subway line in the world has been so discussed without having into operation even one kilometer. But we must not forget that the A line had a similar story. Law 1145 of December 24, 1959 approved the project, but it was inaugurated only in 1980. When a transport line is partially activated, it should be guaranteed the most possible uniformity in the network, even in the stages of intermediate service. A line with a certain hourly capacity must end, even momentarily, at a hub where outbound there is at least a line of equal capacity. The C line, in the first phase of service, will have a capacity of 150 thousand passengers. To balance the network, it should end or at a subway line of the same capacity or at a tram hub with at least 3 lines of 50 thousand passengers. The abutment in Lodi/Spezia is not balanced. It will be necessary to walk to San Giovanni to catch the train Rome – Giardinetti line in Ponte Casilino. Do not pay any attention to those who say that there will be set up auxiliary bus lines: if the metro service will be successful, during the rush hour we should have at least 8 buses in series for each train! The C line was conceived in an incomplete design process. No alternatives have been analyzed and the choices they made are not the best possible. Especially, it does not serve the corridors with the higher demand of passengers. Once they decided where to settle, if in Fori Imperiali or Venezia, it would be appropriate to think over the future of the line. It would not make any sense to continue in the original path and even less with a stop every 1,200 meters! It is necessary that the C line continue beyond San Giovanni, because the demand for transport will rose from 30% to 72% of the capacity of the line. However, there are several alternatives to compare to the unique design scenery: the most practicable is to carry on to the south and to line up at the Ostiense station square. In this way, the network load increases by 14% compared to the line up in Venezia. For now, we can judge what has been done, but we cannot stop at this. The response to an episode of bad healthcare is not closing all hospitals. Still, there is time to correct the project, transforming the current deadlock in a successful service to the city.
Which solutions, even simple ones, could be taken to improve the Roman mobility situation by spending restrained figures?
There are no simple solutions to such complex problem. If we define the perimeter of the Grande Raccordo Anulare (Rome’s Ring Road) as the heart of the urban area of Rome, we will obtain very approximate numbers. The resident population is 2.3 million inhabitants, but the share of city users on weekdays sees 1.4 million people from urban outdoor, 720 thousand commuters from the metropolitan area, 11 thousand people permanent residents as foreign diplomatic personnel, 88 thousand students from other regions, 125 thousand tourists. We are talking about 4.2 million people. These people perform every day 7.4 million displacements: 690 thousand by subway, 75 thousand by granted railways and 220 thousand by regional railways. Buses carry about 900 thousand people between ATAC and Cotral. Totally we have 1.9 million people traveling by public transport. The remainder part (75%) mostly moves with own car or on a moped. Improving the current situation means, at least, doubling the number of people traveling by public transport. This would be the goal set out by the European Union and the International Union of Public Transport Companies for 2020. To Rome, it means carrying every day at least another 2 million passengers. There can be no simple solutions to move twice of current passengers. Giving up this goal means let these people continue to spend something like 15.9 million Euros per day from their own pockets to move. So, only the shipping costs, leaving aside any social costs, are 5.4 billion Euros a year in fuel, insurance and maintenance of the car. These figures make you wonder why Administration should spend “a little” to improve mobility. For example, in the previous evaluation, if those 2 million trips were held by public transport, including cards and tickets, it would cost 1.1 billion Euros a year. And in the city, there would be 4.3 billion Euros more available in the citizens’ pockets.
Corridors of mobility: how do they work in a city like Rome? Is this a useful measure to improve buses public service?
Yes, but not like the way they were made in Rome. The corridors of mobility work if you provide little interference with other streams of traffic, including pedestrians. In via Ciamarra, the best ever made corridor until now, in some parts pedestrian crossings are located in less than 25 meters apart. In Paris, everything is regulated, and even pedestrians are directed to cross at road intersections, in order to concentrate the buses’ stops. Even a pedestrian should remember that it is not polite to force 150 people (on a 18 meter bus) to stop to let it pass. It would be better that he waits for them to pass first. The corridors should be minded more. In Rome there is little talk of accessibility, but buses are inaccessible to many. We have now gone beyond the logic of disability: every one, to his own way, is able. A bus must be able to pull over to the dock with a lead content in no more than 10 cm. In this way, you will avoid the humiliation of asking the driver for the extraction of a platform that 90% does not work, between travelers’ snorts. 10 cm are too little for a visually impaired person’s foot, for the wheel of a stroller, for an athlete’s leg in a cast of. 10 cm make the difference between the reliability and the unreliability of a service. To reduce the gap to 10 cm of a bus stop, just take a rounded profile to the curb, by shaping it like the foot of the New Jersey barriers used as traffic divider on motorways. And because one of the problems of Roman public transport is the high cost of service, it is important to remember that, for a given load, a trolley bus costs 25% less than a bus and it lasts 50% longer. It does not pollute and is extremely quiet. I would not put your finger on it, but why the largest purchase of trolley buses in Rome, in 1950 (40 elements), is still in storage?
Does it make any sense to focus on the “Care of iron transportation”, maybe designing new tram lines (Marino spoke about the Tram number 1, which from Termini to Trastevere will use yet existing tracks) or would it be better to dwell on the development of a real underground network?
As I said before, within the Rome’s Ring Road, every day there are 4.2 million people. In 2020, the daily population of Rome will rise up to 5 million units, which will make 8.1 million trips per day. According to the directives of the European Union, at least the 40% of these movements should be done with public transportation. We are talking of 3.2 million travelers compared with 2 million today. To carry 1.2 million passengers more, we could imagine putting into circulation the double of circulating bus today. This would be an enormous effort (2,000 cars on the road) to serve only 800 thousand passengers. Otherwise, we could triple the current tram network, bringing it back to the glories of the fifties, when it measured over 120 km. But even using cars of 36 meters, we will deliver maximum 500 thousand of those 1.2 million travelers in more (and would not be little at all). Probably, we could distribute 300 thousand more passengers on the buses network, and not more than 400 thousand on the above tram network. However, you cannot escape from creating at least 2 subway lines to receive at least the remaining 500 thousand passengers. The goal must be the electric transport. Depending on the demand, trolley bus or tram. But you cannot turn down to the extension of the subway network.
By now all European cities have an integrated mobility system: metro, train, bike, car and even ferries. How could Rome conform to this trend in the shortest possible time?
The vastness of Roman urban area does not work in favor of the slow mobility. In Rome, the average daily distance covered by the systematic displacements is the highest among the major European cities: 12 km for those who live in the urban area, 29 km for those who live in the metropolitan area. Hard to think that the percentage of cycling movements can never exceed 7-8%. There is also a healthcare aspect that is often overlooked: encouraging physical exertion, in areas with a high concentration of traffic, means increasing the pathogenicity of pollutants aero dispersed. If a normal breath, parts 20-30% of the amount of air in the lungs, under stress, the replacement rises to 50-70%. If this effort is made among cars’ exhaust pipes, it facilitates the penetration and depth alveolar deposition of these pollutants. So, go biking in the traffic is neither healthy nor to encourage. It is better to move with public transport, because in modern coaches outside air is filtered quite effectively. Green wedges, in Rome creped up to the Old Town, however, could harbor pedestrian and cycle radial, enhancing even their touristic function. At the edge of the green belt or, better, along the perimeter of Rome’s Ring Road, there should be made large multi-storey car parks. Generally, at least 30% of the incoming traffic, here would be induced to leave the car for public transportation. Within the ring rail, this share should be increased up to 70%. Mobility corridors should actively integrate metropolitan, regional railways and tramways with an adequate supply of services. And there aren’t other alternatives: to the mobility corridors we need to dust off the old plan of ATAC trolley buses for the express lines. Only electric transport can guarantee to achieve a halving of the concentration of pollutants in the central areas, in a reasonable time.
Maybe, Rome’s main problem is the excessive use of cars, second row parking and the chaos that it ensues. How much of this is fault of poor public transport service and how much does it depend on our culture too “lazy” and less collective?
Numbers are clear evidence: in terms of public transport in its own headquarters, Rome is at the very bottom in all rankings. But it is also a very large city. A combination that leaves no way out if you want to arrive on time to work or you have to schedule an appointment. Dispelling a myth: in Rome, as in all big cities, the 70% of commuters would like to leave the car at home, if they had the opportunity. A population starvation character is usually invoked only to justify a posteriori the policy of not doing. It is useless to invest in public transport, because Romans will never change. That is what they said at the time of the inauguration of the line 8, but today it is the most used service of the above network. And the new FL3, the A line with a frequency of 2 ‘, the trolley bus line 90: all of them show that the response of users to an appropriate service is almost immediate.
We have covered the topic of mobility, figuring out problems and possible openings for a city like Rome. What would you like to say to those who daily lives this city, maybe in thousand delays and inefficiencies, and what to who governs Rome?
To citizens, not to be overwhelmed by a sense of inevitability of fate. Mismanagement is always a choice made by someone to benefit from it. They should learn, inquire, and discuss. They should demand the resumption of the district labs and ask the Administration to share future project choices. An informed citizen is a responsible citizen. To the Administration to study, to deal with all its components and with the citizens. To think about how Rome will be in 2020 and in 2040. At the moment, everything is lived day to day, and if things will continue to be administered in the way British call “Business- As- Usual“, awakening from New Year’s Day the next decade, might not to be very positive.
Traduzione a cura di Daniela De Angelis