C’è una moda che si consuma nei caldi scorci delle città mediterranee, fatta di grandi stampe che trionfano su capi tagliati e cuciti a mano. Uno ad uno. Una moda che non ci aspettiamo. Una moda in cui il minimalismo guarda negli occhi, con aria di sfida, le forme e i colori.
-“Avevo dipinto questo grande cuore anatomico”
-“E dal quadro abbiamo concepito Chiboo”.
Nasce così la storia di Chiboo Hot Couture, che è anche una romanticissima storia d’amore.
I protagonisti sono Chiara e Andrea, coppia nella vita e nel lavoro, colpevoli di non aver mai tradito la loro libertà. Il loro unico obiettivo: portare per strada ciò che prende forma nel loro monolocale nel centro di Roma e far innamorare gli altri di ciò che ha già fatto innamorare loro. Che bellezza.
Li ho incontrati in una di quelle sere in cui l’estate è da poco arrivata senza chiedere permesso.
Chiboo è grafica+moda. Come si sviluppano le due dimensioni?
C: Da sempre mi diverto a prendere capi di ogni tipo, tagliarli e ricucirli. Mi piace reinventare tutto. Una volta, anni fa mia madre mi ha sorpreso mentre tagliavo le sue lenzuola, ti lascio immaginare la reazione. In generale, al di là della mia grande passione per il vintage a cui spesso mi ispiro, mi sfido ad arrivare a nuovi modelli sperimentando.
A: Il mio tratto grafico si rifa molto a quello dei tatuatori. Nessuna sfumatura, contorni nitidi e spessi e colori pieni. Il colore per noi gioca un ruolo fondamentale. Hai presente la nostra onda? Il riferimento a Hokusai è palese, ma i colori non sono affatto vicini a quelli del dipinto. Quei colori non appartengono ne all’opera originale, né, tanto meno, al mare.
E come si fondono le due componenti?
A: Dipende, non sempre il processo è lo stesso. Il disegno della Llorona ad esempio si è sviluppato in un determinato modo per assecondare il taglio anni cinquanta della gonna che lo accoglie, così queste braccia avvolgono tutta la stoffa. Lì ci è sembrata vincente l’idea di accostare un modello vintage a un disegno contemporaneo e abbiamo riproposto la formula anche successivamente. Un mix tra passato e presente che funziona.
Ma la formula per cui il disegno asseconda il modello funziona anche all’inverso.
Dopo la ricerca, le ispirazioni e le varie prove, chi produce i vostri capi?
C: Al momento è vera e propria sartoria. Oltre al disegno, io stessa preparo sia il modello che il cartamodello e cucio da sola. Le intenzioni sono quelle di destinare la produzione alle industrie, ma al momento facciamo così. Abbiamo fatto delle ricerche in diversi laboratori e piccole fabbriche, ma in quelle occasioni abbiamo visto minacciata la libertà in cui ci piace lavorare. Le aziende tendono a imporre il loro punto di vista spingendoci a sacrificare quello che vogliamo noi. Per questo abbiamo rinunciato.
Un carattere del brand che non avete mai perso di vista.
C: Il coraggio di provare e accettare le conseguenze di tentativi sempre nuovi. E il nome, hot-coture, si riferisce proprio a questo approccio. Per noi “hot”, è la componente impulsiva, calda e immediata del nostro pensiero.
Anche le location in cui fotografiamo i nostri capi è molto casuale, scelta al momento. Chiedo ad Andrea: “Dove scattiamo oggi?” E lui “non so, vedremo”.
In generale c’è una fattore di casualità che abbiamo fortemente voluto. Mi spiego. Da sempre ci impegnamo a non cadere in trappole schematiche, ci sforziamo di essere liberi e di non programmare tutto accogliendo anche le intuizioni che nascono sul momento. È così che arrivano a sorprenderci le cose migliori.
A: Dal punto di vista fotografico la mia esperienza mi ha portato a lavorare di getto, ho sviluppato un modo di muovermi molto più blando rispetto al passato e Chiara mi ha sempre assecondato. Mi diverto a lavorare con la mente libera da preconcetti. Per noi la bellezza non è mai quello che qualcuno si aspetta. Anche i nostri modelli sono i nostri amici o siamo addirittura noi, senza troppe impalcature.
E questa casualità a quale target è destinata? A chi devono piacere i vostri vestiti?
A: A noi, in primis. La nostra unica regola è che quello che creiamo dobbiamo volerlo indossare prima noi. Se dovessimo plasmare forme per accontentare un determinato target, produrremmo qualcosa che non ci appartiene, che non ci rappresenta e che non ci piace. Non cerchiamo la convenzione.
Le vostre prime collezioni mi hanno condotto in un viaggio intorno all’amore che parte dal corpo umano e arriva alle stelle. Cosa vi ha ispirato e accompagnato in questi progetti?
A: I primi progetti sono il cuore anatomico, la Llorona e Cosmic Love. Il cuore nasce da un disegno che Chiara ha fatto negli anni del liceo.
C: Alle superiori ho cominciato a dipingere facendo convivere disegni e parole. Avevo dipinto questo grande cuore anatomico con una frase scritta che passa attraverso le arterie: “Quello che qui entra non esce”, ma in realtà il testo da quel cuore usciva.
A: E dal quadro abbiamo concepito Chiboo. Ci siamo chiesti: “come possiamo trasformare questo disegno in qualcosa di nuovo?” E così lo abbiamo reso virtuale, ci abbiamo lavorato sopra e abbiamo prodotto delle t-shirt. La t-shirt è stata il frutto di un processo lungo e faticato, pieno di pensieri. Abbiamo fatto varie prove prima di trovare la soluzione perfetta. Non volevamo che il disegno fosse semplicemente stampato, questo cuore doveva trovare il modo di uscire, di pulsare. Così lo abbiamo messo in rilievo rispetto alla maglietta e lo abbiamo cucito a destra.
C: Non prenderci per stupidi, sappiamo che il cuore umano sta a sinistra, ma il cuore di Chiboo lo volevamo a destra.
A: La Llorona è una figura che mi affascina da sempre e che ora più di prima mi appartiene. L’ho scoperta nel film Frida. In una scena appare questa donna anziana che canta la Llorona. La leggenda ruota attorno ad una madre che torna come spettro dai figli morti. Noi però ci abbiamo visto la figura carismatica di una donna che è ancora vivente. Dopo varie ricerche, studi e approfondimenti sono stato completamente coinvolto dalla concezione della morte secondo l’ideologia messicana. Da qui nascono le due mani che nella nostra gonna vanno verso il cuore sacro.
C: Cosmic love si ispira alla canzone di Florence Welch e dal suo immaginario riguardo l’amore e il romanticismo. Abbiamo ripreso la forma del cuore e l’abbiamo resa supercolorata e piena di dettagli. Un amore ricco, cosmico appunto.
Del panorama esistente che ne pensate?
C: Non siamo ancora riusciti a collocarci bene rispetto alle realtà presenti.
Amo l’alta moda e amo lo streetwear, con Chiboo cerco di trovare un equilibrio tra i due mondi, ma non riusciamo a individuare facilmente il nostro posto all’interno del sistema.
Copsa vi augurate per Chiboo in futuro?
A: Abbiamo ricevuto diverse proposte. Nel futuro io vedrei una linea molto personale che piaccia proprio in quanto personale, incontaminata. Il nostro progetto si realizzerà se continueremo a fare cose che ci piacciono e riusciremo a farle piacere anche agli altri.
Come si fa a far piacere agli altri ciò che piace a te?
A: Questa è una bella domanda.
Avete mai pensato di estendere la vostra produzione agli accessori?
C: Ci stiamo pensando, ma è necessario fare un passo alla volta. Mi piacerebbe proporre pezzi di bigiotteria, magari con dei disegni e bei colori smaltati, in puro stile Chiboo insomma.