Cos’è la bellezza? Un quesito che negli anni ha generato molteplici soluzioni, diverse teorie e affermazioni artistico-architettoniche.
La bellezza nasce come creatrice di equilibrio, pacatezza ed inquietudine. Arriva, nel contemporaneo, a traguardare un significato di spettacolarità, d’insolito e di ghettizzazione della società, suddivisa in gruppi d’individui che condividono la stessa “bella estetica”.
Attraverso la storia e l’attualità si possono riassumere, tra le infinite, cinque macro categorie di risposta.
La bellezza come canone della perfezione
Il canone classico diviene fondamento dell’arte e dell’architettura antica, in particolare quella greca. La bellezza si tramuta in perfezione, soddisfazione di numeri e regole imposte. Il canone ha come obiettivo, soprattutto nella sfera architettonica, il celebrare la superiorità del divino sull’umano. Il bello diventa grande, smisurato, sovraumano e celestiale.
Nel rinascimento torna lo splendore, ma unito alla scienza – si pensi alla città ideale conservata ad Urbino – che ha come obiettivo il dominio della razionalità in risposta alla decadente bellezza medioevale.
La bellezza come dramma
Tipica dei quadri del Caravaggio e di tutta la produzione barocca. La bellezza diviene azione, dramma nel tenebrismo chiaroscurale. Tra luce e buio si instaura un forte pathos che spinge, oltre la perfezione stilistica, ad un viaggio nell’io interiore. La bellezza diviene teatrale in contrasto al dominio estetico-razionale. Con il Romanticismo torna la concezione sovraumana dello splendore. Non è più il divino a generare bellezza ma la Natura. Quest’ultima si drammatizza come azione d’impotenza dell’uomo dinanzi ad essa. Dall’esaltazione dell’ombra, della scena delimitata, si passa all’esteso, al naturale, alla bellezza d’infinita azione sull’uomo.
La bellezza come consumo popolare
La bellezza diventa schiava del consumismo, vittima sacrificale. Perde l’aspetto sentimentale, razionale e solcato nel profondo umano. Torna così la magnificenza dell’esteriorità. Negli anni ’50 e ’60 la Pop Art si occupa proprio di questo aspetto, della riproduzione di quell’immagine tanto cara al “popolo”. Un lavoro di esaltazione che cela una forte ironia e derisione di quell’estetica fragile e, a tratti, frivola. Si passa dall’esaltazione della filosofia e della psicologia al mito dell’apparenza.
Il marketing tesse la tela della bellezza, ne definisce i contorni e i margini d’azione. L’uomo viene spostato in secondo piano rispetto al consumo e all’azione mediatica che un progetto potrebbe suscitare. Nella realtà odierna lo spettacolare, smisurato e memorabile torna a solcare l’idea di bellezza, a discapito dell’equilibrio che essa dovrebbe suscitare nell’uomo.
La bellezza come diritto primario
I diritti rendono l’uomo felice. La bellezza è un diritto. La partecipazione attiva dell’uomo alla sua configurazione ne celebra la pretesa e ne nobilita l’azione progettuale. La bellezza diviene un fine e non un qualcosa definito apriori. Una società necessita d’equilibrio e dunque di azioni pensate per l’uomo. Diviene sinonimo d’utilità e non di sovrastruttura. In Architettura si passa alla progettazione dell’housing sociale che impone la felicità vitale come fine ultimo. Il popolare e il “bello perché vende” lascia spazio all’utile. Si torna allo scopo primario: la felicità e l’equilibrio.
La bellezza come atto di ribellione
Oggi assistiamo ad una bellezza che celebra l’imperfezione, contrasta l’estetica della perfezione borghese. Una bellezza che diviene atto di ribellione contro il canone e il mondo classico – pensiamo alla produzione artistica di Robert Mapplethorpe che crea una nuova antichità in risposta all’apparenza casta e pura – e che ne esalta l’aspetto personale, individuale. Un voler rompere gli schemi perché non propri. L’uomo torna al centro dell’idea di armonia, ma non è l’uomo razionale dei rinascimentali o l’uomo inquieto dei romantici, è un uomo mutato e consapevole. La bruttezza esalta la bellezza. La società si frantuma in sette di esteti. L’arte e l’architettura, insieme alla musica e alla letteratura, generano gruppi d’individui che condividono le stesse passioni e la stessa idea di bello, non come pura apparenza. Il vissuto codifica e non la ragione. L’imperfezione è bella però lo strano, col tempo, annoia.
Cos’è la bellezza? È l’uomo
Cos’è la bellezza? È la perdita dei canoni
Cos’è la bellezza? È ribellione