Fotografi italiani emergenti – Tra i tanti fotografi italiani emergenti, abbiamo provato a selezionare i più interessanti, tra ritratti, paesaggi e foto concettuali.
Di fotografi italiani emergenti è pieno il web, sappiamo che i social network hanno aumentato esponenzialmente le opportunità per artisti che vogliono diffondere i loro lavori e, allo stesso tempo, chi vuole fruirne si ritrova immerso in un mare di stimoli e proposte da vagliare.
La necessità di immergersi in questa moltitudine di autori viene dalla necessità di capire come si muove la fotografia contemporanea. Chi si interessa di fotografia si renderà conto che l’ultima generazione di fotografi italiani che oggi hanno una maturità e un riconoscimento artistico e lavorativo solido è principalmente composta da fotografi “analogici”, da Settimio Benedusi a Paolo Pellegrin, per dirne solo due, il cui lavoro è stato riconosciuto attraverso dinamiche totalmente diverse da quelle odierne.
I fotografi italiani emergenti, oggi, devono muoversi in modo del tutto differente per farsi conoscere, Instagram su tutti è un’enorme mezzo di diffusione a disposizione dei fotografi nativi digitali (o quasi), per questo ci sembra interessante proporre una panoramica di quello che possiamo trovare dagli schermi dei nostri smartphone o computer quando parliamo di giovani fotografi italiani.
In questa ricerca si nota una discreta varietà di generi; grossa fetta della produzione fotografica, da sempre, è il ritratto, che ovviamente non manca, anche se in almeno un paio di declinazioni e molte sfumature, ci sono i ritratti di PierGuido Grassano e Ivan Marianelli: il primo amante di ambientazioni urbane e della naturalità nella posa e nell’ambientazione, il secondo più attento alle pose e patinato nel risultato finale, accanto a questi due vanno citate Marta Bevacqua e Camilla Cionfrini, piuttosto diverse dai primi due e portatrici di un’estetica fatta di luci più soffuse e che spesso sfora anche nel concettuale, mettendo in relazione i soggetti con altri elementi, trasparenze, stampe e altri segni in generale, all’interno delle loro fotografie.
Parlando di fotografi italiani emergenti che si occupano di paesaggio, invece, bisogna declinare tutto al femminile e andare a osservare il lavoro di Sofia Podestà – giovane fotografa romana, amante del lavoro di Luigi Ghirri e dotata di uno sguardo delicato che esalta scenari naturali ed eterei – e di Chiara Zonca, autrice di scatti essenziali, quasi minimalisti, di paesaggi che sembrano lunari, alieni.
Tra i fotografi emergenti italiani, un’esponente del reportage è Francesca Leonardi, autrice di classici racconti per immagini di forte impatto emotivo in giro per il mondo, sul suo sito si trovano lavori eseguiti in tanti paesi diversi, dalla Polonia all’Egitto, al fiume Maddalena in Colombia.
Quella che può essere definita una coniugazione contemporanea del reportage è la visione portata da Paolo Testa – a metà tra l’estetica della fotografia documentaristica e l’attenzione per i soggetti della quotidianità, ricorda nelle intenzioni il primissimo Stephen Shore di American Surfaces – e da Alice Rosati, cercatrice di un linguaggio interessante fatto di commistione tra segni, insegne, scritte, anche tatuaggi, che si intrecciano e dialogano con persone, spazi e situazioni spesso al limite del grottesco.
Discorso a parte per Laura Baiardini, che porta la sua ricerca visiva in un personalissimo still life dallo spiccato accento concettuale, accompagnato da colori pop e sgargianti.
Una delle critiche mosse molto spesso alla contemporaneità in campo fotografico è la mancanza di un’identità forte ascrivibile al presente, l’assenza di tendenze e, di conseguenza, di controtendenze e, quindi, di quel contrasto fondamentale per l’avanzare del linguaggio fotografico. Questa panoramica sui fotografi italiani emergenti vuole essere un piccolo campione di un discorso molto più grande e complesso sulla fotografia oggi e ci racconta che esistono molte individualità, alcune più forti di altre, e che il mezzo della diffusione della fotografia è ormai diverso rispetto a qualche decennio fa e che esiste la possibilità che il linguaggio fotografico possa svilupparsi anche attraverso una contaminazione capillare e non solo attraverso correnti, e controcorrenti più totalizzanti.
Non che questo possa risolvere l’enorme mancanza di educazione all’immagine amplificata dal digitale e dalla sua facilità di fruizione, l’unica vera tendenza che si riconosce oggi è la ricerca spasmodica – e banale – del paesaggio iper nitido e della foto ultra patinata, ma almeno sappiamo che la facilità di accesso alla fotografia portata dal digitale ci ha portato anche chi prosegue nella sua personalissima ricerca visiva.