Per una serie di motivi questo autunno ho accettato un lavoro al di sotto delle mie potenzialità.
La mia smania di fare cose, unita ad un’insana incapacità di dire no, mi ha portato ad accettare un impiego alienante sotto ogni punto di vista.
Ho capito sin da subito che non era qualcosa di adatto a me, ma ho tirato dritto, nonostante il mio corpo continuasse a mandarmi segnali di stanchezza.
In pochi mesi mi sono trasformato in un’altra persona per il solo gusto di sentirmi realizzato, per seguire ciò che, ne ero convinto, mi sarebbe servito per crescere e diventare un uomo di successo.
“Perderai tutti i tuoi amici. Solo così potrai essere libero di realizzarti”
Questa frase, che mi veniva ripetuta tra un lavoro e l’altro, mi sembrava una vera benedizione più che una condanna.
E così tenevo alla larga tutte le persone care, lo imponeva la vita che avevo scelto.
Per avere successo devo essere solo.
Nonostante avessi capito che non era roba per me, mi sono preso del tempo per adattarmi a questo lavoro. Non posso mollare – mi sono detto – non è così che funziona.
Ogni giorno mi svegliavo alle 6 e dovevo ritenermi fortunato se riuscivo a stare a casa per l’ora di cena. Le mie giornate scorrevano tra mansioni umilianti, il traffico per tornare a casa, il divano come isola felice e la cena consumata senza parlare perché oltre alla forza fisica mancava lo stimolo mentale. Per poi tornare a ripetere tutto da capo.
Non esagero nel definirlo il periodo più pesante della mia vita. E fidatevi, ne ho avuti di momenti pesanti, studio Architettura d’altronde. Sono abituato a rimanere sveglio 72 ore per finire una consegna ma, di fronte ad un lavoro alienante, sopravvivere sembrava decisamente più difficile. Si può vivere così a 24 anni?
Semplicemente non era una cosa adatta a me.
In certi casi lasciar perdere può salvarvi la vita.
Quante volte andate avanti perché ne vale la pena e quante solo per non ammettere a voi stessi che avete sbagliato, che avete preso la decisione peggiore?
Portare a termine qualcosa di negativo, che non vi dà nulla ma vi toglie solamente, non è indice di caparbietà. Vi rende solo degli stupidi che hanno buttato del tempo prezioso dietro qualcosa che quel tempo non lo meritava.
Preferisco fare ciò che mi piace senza guadagnare nulla che svolgere un lavoro alienante con un buono stipendio.
Certo, è una frase che suona presuntuosa, soprattutto in un momento come questo, con la disoccupazione giovanile al 40% e la totale assenza di certezze per la mia generazione.
Negli ultimi anni ci hanno costretto a pensare che un lavoro valga l’altro, basta che si riesca a campare. In tempi di crisi come si può pensare di essere schizzinosi a riguardo?
Ma è proprio questa mentalità che dobbiamo riuscire a capovolgere noi giovani, magari cominciando ad agire diversamente dai nostri genitori.
In un periodo così difficile a livello economico e sociale la vera rivoluzione è rifiutare i soliti schemi e compromessi per diventare autonomi, senza mai perdere di vista se stessi e la propria serenità.
All’inizio sarà dura e ben vengano i sacrifici, ma saranno finalizzati a qualcosa di bello, a quelle enormi soddisfazioni che arriveranno. Seguire un sogno e condividerlo con qualcuno sarà molto più appagante che resistere in un ambiente umiliante e poco stimolante.
Non bisogna avere paura che le cose vadano diversamente da come le avevamo immaginate: può essere una buona opportunità per rimboccarsi le maniche, reinventandosi e mettendo tutto in discussione, per poi scoprirsi più maturi e consapevoli delle proprie capacità.
Il lavoro non può e non deve essere sofferenza; il lavoro è un mezzo per costruirsi una vita dignitosa, per godersi il tempo libero, per sentirsi realizzati nelle proprie passioni.
Che senso ha guadagnare tanti soldi utilizzandoli poi per curare l’ansia dovuta al contesto lavorativo o per perdere i chili di troppo dovuti allo stress?
Il lavoro è qualcosa di nobile: ci pone nella condizione di mettere in pratica ciò che conosciamo e che sappiamo fare.
Non accontentiamoci. Non facciamolo adesso che siamo cosi giovani, per non finire a farlo sempre quando saremo vecchi.