La Street photography nasce come evoluzione della Straight photography, adottandone alcuni dei principi e adattandoli al suo scopo narrativo.
Quella che viene chiamata Street photography è un grande contenitore che comprende tutta una serie di ricerche visive, che spaziano nel tempo dall’inizio del secolo scorso ai giorni nostri, accomunate da alcuni principi comuni che nascono dalla volontà della straight photography di raccontare la realtà per quello che è, senza artifici, affiancando a questa volontà degli intenti alle volte ironici, altre volte a sfondo sociale.
Tenendo conto di un percorso evolutivo lungo e complesso della Street photograpy, questo e il prossimo articolo si concentreranno sulla corrente più iconica e rappresentativa del genere: la fotografia americana che va dai tardi anni cinquanta ai settanta.
La prima figura da affrontare è quella di Robert Frank: fotografo svizzero di nascita si trasferisce negli Stati Uniti quando vince una borsa di studio dalla Fondazione Guggenheim per la realizzazione di un lavoro sull’America. Frank decide di intraprendere un viaggio in automobile attraverso 48 stati e, durante questo viaggio on the road, produrrà un lavoro epocale per la Street photography: The Americans.
In questo libro Robert Frank adotta un linguaggio sovversivo fatto di composizioni libere da formalismi, all’interno delle quali lascia che la sua attenzione cada su luoghi banali e su soggetti generalmente considerati non degni di attenzione, ma all’interno dei quali ritrova la vera radice dell’immaginario americano.
The Americans è ricco di tagli compositivi estremi, sovraesposizioni e sfocature, colpisce l’opinione pubblica tanto da far sì che Frank venga additato da parte della critica come antiamericano e filocomunista e il suo lavoro screditato in quanto apparentemente grossolano. Ad un’analisi più imparziale risulta chiaro come il lavoro di Robert Frank assuma un ruolo centrale all’interno del suo genere e si posizioni come lavoro spartiacque capace di definire un prima e un dopo la sua pubblicazione.
Lee Friedlander, come Frank, è portatore di un linguaggio moderno, anche se con stilemi differenti. Continuando a portare l’attenzione su soggetti considerati banali e inusuali per raccontare la società americana del tempo – in questo è chiara l’eredità lasciata da Walker Evans – manipola gli spazi con composizioni stratificate e complesse, ricche di elementi che ben raccontano le trasformazioni della società americana del secondo dopoguerra. Carica le sue immagini di una grande quantità di segni, così da creare una gerarchia orizzontale degli stessi ed annullare il significato del singolo segno, una fotografia a tratti simbolista con la quale Friedlander da nuova linfa alla Street photography e più avanti influenzerà la nascente fotografia a colori di fotografi come Stephen Shore.
Garry Winogrand si posiziona a metà tra i linguaggi di Frank e Friedlander, insieme ai quali definisce le nuove istanze della fotografia americana a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta. La sua Street photography affronta le abitudini del popolo americano attraverso composizioni grandangolari azzardate che lasciano avvicinare incredibilmente lo spettatore al soggetto.
Porta avanti un enorme lavoro di documentazione del quotidiano, alla sua morte lascerà un enorme archivio di 300.000 immagini, alcune delle quali mai sviluppate.