Architettura e scenografie teatrali: due rotaie di uno stesso binario, rette parallele collegate da piccoli elementi comuni lungo un percorso che porta alla stessa stazione.
Si creano scenografie teatrali per dare forma allo spazio del palcoscenico così come l’architetto plasma la città con le sue opere. Dall’appartamento alla piazza, il teatro viene riempito di architettura per arricchire il copione e renderlo più immediato agli occhi del pubblico.
Progettazione architettonica e progettazione scenografica sono dunque figlie di uno stesso pensiero. Ma due rette parallele compiono lo stesso viaggio senza trovare un vero punto di incontro. Se infatti la prima si manifesta come arte eterna, immortale, la seconda è, al contrario, effimera, fugace.
“Noi scenografi siamo architetti delle bugie”, dice Dante Ferretti.
Potremmo dunque definire le scenografie teatrali come architetture illusorie che fanno riferimento a luoghi esistenti o fittizi e si trasformano seguendo la sceneggiatura. La scena è fatta di vero e falso ed è l’attore a costituire la parte più autentica dello spettacolo. In questo modo egli può instaurare con il pubblico un rapporto di fiducia, trasportarlo nella storia senza ostacoli e restarvi in contatto fino alla chiusura del sipario.
Attorno all’artista tutto e il nulla. Arredi, strutture, sculture, ma anche giochi di luce, prospettiva e illusioni ottiche. Elementi di finzione che si sono trasformati nelle epoche. Dalle scene fisse dagli espedienti meccanici delle antiche tragedie greche agli allestimenti astratti del teatro contemporaneo. Perchè oggi le scenografie teatrali non sono solo illusione, ma input emozionali per la platea che immaginerà un paesaggio complesso in un palcoscenico spoglio del superfluo.
Una metafora dello stesso spettacolo dunque, intreccio di vita reale e sogno, dimensione onirica dell’ambiente della società.