Temporale di pioggia battente. Nostalgia umida. San pietrini lucidi.
C’è chi se ne sta alla finestra con una tazza di tè fumante, chi ne approfitta per crogiolarsi sul divano con il gatto e chi, come lui, orchestra l’armonia.
Si siede sempre sotto l’arcata di un vecchio vicolo.
I mattoncini consumati dal tempo gli ricordano la maestà delle cose e la nostra fragilità dinanzi ad esse.
Nessuno ha mai il coraggio di lasciarsi investire dalla pioggia. Gli era capitato solo una volta, aveva incontrato un uomo con l’impermeabile giallo, buffo, con il volto grigio, lo aveva visto danzare sotto l’acqua.
Sistemato lo sgabello verde nel suo angolo di mondo, osserva la sua compagna.
Ha quarantasette corde tese, un’estensione di 6 ottave e mezzo ed è intonata in do bemolle maggiore. Una vecchia arpa, tutta la sua vita.
A giudicare dai volti spenti dei metereopatici, bisogna che qualcuno insegni loro il fascino della pioggia.
La potenza sublime dell’acqua, questo suo irrompere incessante nella vita della gente. Ristabilire il contatto fra terra e cielo, senza rivelare da dove provenga, né che cosa si veda da lassù. Viaggio spettacolare di linfa.
Ha sempre pensato che il suono armonico dell’arpa possa, almeno in parte, comunicare questa meraviglia. Attraverso la musica, cerca di avvicinare il fenomeno alla gente.
Così, tra gli scrosci e i borbottii dei tuoni, inizia il suo concerto.
Le dita si fanno leggere, gli occhi si socchiudono e le note nascono dal cuore.
Tutto sembra essere in armonia, c’è chi si ferma ad ascoltare, melodia incantevole.
Si lava via la polvere, si dissetano le piante, rinascita magnifica.
Non è forse questo, il compito di un’artista? Stabilire un contatto armonico tra l’uomo e la bellezza che si muove nel mondo. Accordare gli strumenti della vita, lucidarli con lacrime nuove, buttarsi nel sublime.
Le melodia di un arpa, perché la nostra pelle possa permearsi di gemme feconde.
Rinascere, sotto una pioggia armonica.