Convergenze – Magnete, tempio delle arti: Roma Smistamento. Un luogo che diventa realtà, realtà convergente. Un vernissage durato due giorni, in occasione di Open House Roma, con la volontà di mostrare al pubblico romano un nuovo volto attraverso una mostra irriverente, che va oltre il site specific, mantenendo però un forte legame con l’aurea storica che lo connota.
Convergenze – La riflessione sullo spazio di Roma Smistamento è imprescindibile dal senso storico di questo luogo, nato per accogliere e distribuire merci in tutto il Paese ed evolutosi successivamente in un non-luogo. La ricerca ha mosso i primi passi analitici già dalla semantica, definendo una fondamentale fase precedente allo Smistamento: la raccolta di materiale e di input, una convergenza.
Da questo archetipo ideale, nasce l’idea di Convergenze, che mostra Roma Smistamento non solo come luogo di distribuzione, ma soprattutto come vera e propria calamita che attrae a sé persone ed oggetti, fondendoli e dando loro nuova vita.
Attraverso il percorso narrativo di questo allestimento si è così voluta narrare l’evoluzione dello spazio di Roma Smistamento, che da ufficio ferroviario è divenuto luogo dimenticato, quindi oggi rigenerato. La storia narrata da Convergenze prende vita nel momento esatto in cui è stato messo piede per la prima volta negli uffici in disuso, quasi come un allunaggio: fotografie documentarie di uno stato di fatto rappresentano un momento sospeso nel tempo. Queste immagini vanno poi ad alternarsi con i rinvenimenti, oggetti-reperto propri dell’identità del luogo che ora vengono catalogati e preservati con il cellophane, messi sotto vuoto, musealizzati in modo maniacale. Oggetti che non hanno valore se non simbolico nella quotidianità diventano feticci, reliquie sacre esattamente come i rottami o gli effetti personali che gli astronauti lasciano sulla Luna, per testimoniare il loro passaggio e la loro esistenza. Un rimando esplicito alla riflessione estetica di Imparare dalla Luna, saggio che indaga il valore delle tracce umane nello spazio. Rottami, scarti, sono un tesoro culturale capace di dimostrare l’esistenza dell’uomo?
Un atto museografico che parte dalle sperimentazioni materiche di Alberto Burri, percorre la filosofia del disordine stridente di Pistoletto per giungere all’irriverenza di Cattelan, all’arte della provocazione decontestualizzata. Una narrazione, una promenade emotiva, che raccoglie gli oggetti, li divinizza, li decontestualizza, li eleva ad oggetti d’arte. Un procedere che guarda al ready made di Duchamp con l’aggiunta di una pellicola protettiva, una sottile realtà che protegge, storicizza. Un voler contenere la forza del passato all’interno di elementi legati, costretti, da polimeri di recupero. Una provocazione irriverente, con apice nella parte terminale del percorso, che non vuole esser spiegata, ma vuole lasciare nell’osservatore una nota di stupore, di decontestualizzazione emotiva ed identitaria.
Un percorso riflessivo ed esplorativo del pianeta Roma Smistamento, che si articola prospetticamente attraendo a sé oggetti convergenti, decontestualizzati, che perdono man mano il loro significato verso il termine dell’allestimento, forte. Un grande specchio “vaffanculo” diventa il coup de théâtre, il punto focale dell’intera composizione volumetrica. Un voler rompere con la realtà passata. Giunti al termine troviamo così da un lato l’installazione di A-TOPICO, dal greco ἀτοπία “fuori posto, insolito”, ad indicare una dimensione incatalogabile che enfatizza un non-luogo in senso positivo come spazio zero di rinascita. Davanti a noi, invece, una parola conclusiva di questo viaggio: ALIENO è il luogo scoperto e lo spazio colonizzato. Alieno è il colonizzatore stesso, che si allontana dal caos e genera nuovi mondi.
CONVERGENZE
Mostra a cura di: Nicola Brucoli, Ginevra Corso, Jacopo Di Criscio
Progetto di allestimento: Jacopo Di Criscio
Progetto grafico: Carlo Battisti
Documentazione fotografica: Simone Galli
A-TOPICO
La collaborazione tra Federica Amato, Antonella Cerroni e Serena Rizzo, nasce dal piacere di sperimentare, unendo visioni e vissuti, con l’obbiettivo di dare corpo a concetti tangibili e non, tramite l’uso della materia.
In questo lavoro sperimentale la ri-valorizzazione dello spazio risulta di centrale importanza assieme alla tendenza a tradurre in linee, forme e piani l’ambiente unitamente ai valori che lo costituiscono e la storia che narra. Partendo dai concetti di convergenza e smistamento, propri del luogo originario di Roma Smistamento, l’installazione A-Topico intende rivalutare questo luogo trasformandolo da spazio di passaggio a spazio di attenzione.
Un’ attenzione posta in primis alla relazione tra individuo e aree di transito.
Il risultato è una stanza del disorientamento, dove i punti percettivi che connettono all’ambiente, risultano modificati, in modo da creare un nuovo spazio temporale. La forma gioca sull’illusione della profondità e della tridimensionalità, sfruttando elementi base come la linea, il punto e il piano. Materialmente l’opera si serve di una scatola bianca forata da 1800 punti dai quali l’estrusione di 1500 m di filamenti, tesi a percorrere direzioni diverse, tessono trame nelle quali entrare.
A-topico è un luogo che spinge lo spettatore a cercare il suo ruolo e il suo percorso all’interno del micro cosmo di filati che non rispetta alcuna legge formale prestabilita o evidente.
I nodi, i percorsi dei filamenti, gli ancoraggi e le curve sono la traduzione formale del convergere di idee, azioni, spazi e persone; sono lo smistamento di queste in direzioni opposte, parallele o perpendicolari.
La fruizione dell’opera determina il suo racconto svelando direzioni, inclinazioni, punti di aggregazione/scomposizione del “non-luogo”.
L’obbiettivo è il disorientamento: è possibile addentrarsi all’interno della struttura e osservare l’opera da diverse prospettive vivendo un’esperienza diretta di questo paesaggio irreale, caratterizzato dalla complessità generata dagli intrecci: le geometrie compositive si svelano durante il percorso.
Facendo propria la poetica dell’opera aperta, l’osservatore è libero di scegliere la strategia più conforme al tipo di esperienza che vuole vivere. V’è tuttavia un punto d’osservazione privilegiato, che permette di vivere e percepire l’opera sensorialmente a pieno, ed è la parte finale, dove un agglomerato di fili sostiene formalmente l’intero peso dell’opera.
Da lì, si apre allo spettatore materialmente e percettivamente, opponendosi alla realtà presente, una dimensione, uno sguardo su una nuova superficie, apparentemente precaria, ma minuziosamente studiata negli intrecci e nelle direzioni.
Foto ufficiali dell’evento a cura di Giacomo Bassi