Dicono che in una vita possiamo vivere tante vite differenti. Dicono, nel senso, lo dico anche io.

Negli ultimi mesi ho vissuto parecchie vite, non mi sono mai tirata indietro nel fare esperienze che avrebbero scelto persone agli antipodi. Dicono sia eclettica. Dicono, lo dice anche un architetto che non ho mai visto e con cui ho passato una sera intera al telefono, Edgardo.

Devo averlo abbastaza destabilizzato con quel flusso di coscienza che riservo agli sconosciuti, a tal punto che il giorno dopo mi è stato recapitato in ufficio un pacco con dentro un caleidoscopio ( che sarei io) (?).

Mi piace pensarmi come un loop di disegni e colori che si intrecciano e creano esiti nuovi, eppure in circolo, nascono e muoiono. Così sono nate le mie abitudini romane e sono morte. Al posto dei led colorati in casa uso le candele. Non ho il mio wok, semplicemente non cucino proprio più da quando mi sono trasferita a New York.

Stacco da lavoro e mi perdo nella città, a volte rientro a casa, a volte no. E se rientro, il menù è il seguente: pomodorini, basilico. Aggiungiamo: una zucchina? Dei fagiolini? Il parmigiano amorevolemente comprato da Eataly a Flatiron in cambio di un rene? E le uova.

Da quando sono qui ho capito che la carne è piena di antibiotici, il pesce è il male col cianuro nelle branchie. Voglio cibo senza OGM, senza antibiotici? Lo pago il triplo. Le uova sono diventate così la mia fonte principale di proteine. Da vera dilettante, prima compravo le uova. Ora compro le uova bio, cage-free, libere di essere sé stesse, libere di esprimersi. Uova emancipate. Due al giorno, circa. A Roma erano due al mese, circa.

A Roma non ho mai comprato né cucinato la pasta, da brava italiana quale sono. Qui sembra la cosa più apprezzata da cucinare per gli amici. Se cambi Paese, stai sicuro dovrai cucinare italiano per qualcuno, e dovrai cucinare tu se non vuoi essere avvelenato.

Per cucinare italiano servono gli strumenti giusti, devi prepararti psicologicamente prima. Non valgono le cene last minute come quella dell’altra sera, dove mi è stato chiesto di comprare una mozzarella senza preavviso.

Io ormai credo solo in Eataly, non mi potete chiedere la mozzarella alle 8 di sera nel mio quartiere, io non mi presento più alla vostra cena. Io vado in missione-mozzarella e giro diversi supermercati prima di arrendermi e comprare quella quadrata. Quadrata. E sottovuoto. Che poi alla fine, pensavo anche peggio.

Da notare la data di scadenza

Insomma, le abitudini cambiano, cambia il palato, nel senso che si rassegna. Cambia che la mattina mi faccio un litro di latte di mandorle col caffé, per bere il caffé fuori casa. Che pure a casa non siamo molto attrezzati col fornello delle dimensioni giuste per la mia umile moka. Ma lo spirito di adattamento è una cosa meravigliosa.

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Soluzioni hardcore per fornelli non pensati per la moka da una tazzina

Non mi arrendo al loop dell’ufficio, prendo il mio pranzo-al-peso e me lo porto al parco tutti i giorni, seduta per conto mio in mezzo a tanti altri seduti per conto loro in questa città di numeri primi. Quando esco, i miei acquisti sono diventati sempre gli stessi: fiori, cioccolata, tele da dipingere. Non voglio comprare altro, non voglio chiudermi nei negozi e regalare loro il mio tempo. La mia nuova migliore abitudine è godermi il tempo.

Pranzo con vista tipo, Madison Square Park

E godermi le cose in modo diverso, in forma diversa. I bicchieri, ad esempio. A casa non ne abbiamo, né i tovaglioli. Al posto dei bicchieri abbiamo tanti barattoli, e penso a tutte le volte che organizzavo le cene nel giardino di casa dei miei ed usavo i barattoli per decorare, per mettere fiori e candele, di proposito. Qui non è di proposito, in questa casa i barattoli esistono per davvero non per moda, ma per credo, per consapevolezza.

Allora eccomi che bevo il caffè nel barattolo più piccolo, che verso il vino ai miei ospiti nei barattoli medi. Che metto i fiori nei barattoli grandi e che, quando mi avanza qualche pietanza, la conservo in questi benedetti barattoli e li metto nel frigorifero. Nessun contenitore di plastica, nessuna pellicola, nessuno spreco.

Non ho ancora descritto la casa dove vivo ma credo che i barattoli possano farlo meglio.

Rebecca è una persona magica, la amo. Avrò molto da imparare da lei, soprattutto nelle piccole cose, e questo mi fa sentire bene.

Sto bene in questa vita, stavo bene pure in quella di prima, sto bene nei miei panni pure se li cambio radicalmente.

Sto bene in questa casa piena di barattoli, a mangiare uova. A dipingere la notte, a cambiare l’acqua ai fiori. A condividere la cioccolata con Rebecca dopo cena. Sto bene in questa casa abitata da due gatti con lo smalto dorato e glitterato, piena di libri e di piante, viva, spontanea, senza sovrastrutture.

Mi sembra che tutto ciò che avevo prima era solo un’imitazione di qualcosa di più vero, qualcosa di molto più semplice.

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American summer – New habits in storage jars

People say that all of us can live many different lives in a lifetime. People say, I mean, I say so too.

In the last few months I have lived many lives, I have never pulled back in making experiences that would have chosen antipodes. People say I’m eclectic. People say, also an architect says that, an architect that I have never seen and with whom I spent a whole evening on the phone, Edgardo.

I had probably destabilized him with that stream of consciousness that I reserve only for strangers, I did it so much that the next day it was delivered to my office a package with a kaleidoscope (which it would be me) (?).

I like to think of myself as a loop of drawings and colors that intersects and create new results, and yet in a circle, born and die. This is how my Roman habits were born and died. I use candles in the house instead of colored LEDs. I don’t have my own wok, I just don’t cook anymore since I moved to New York.

I finish at work and go lost in the city, sometimes I go back at home, sometimes not. And if I go back, my menu is as follows: cherry tomatoes, basil. Add on: a zucchini? Green beans? The lovingly Parmesan bought from Eataly in Flatiron in exchange for a kidney? And the eggs.

Since I’m here, I realized that meat is full of antibiotics, fish is evil with cyanide in the gills. Do I want food without GMOs, without antibiotics? I pay it three times. Eggs have became my main source of protein. As a true beginner, I used to buy eggs first. Now I buy organic, cage-free eggs, free to be themselves, free to express themselves. Emancipated eggs. Approximately two eggs each day. In Rome there were approximately two eggs for month.

I never bought or cooked pasta in Rome, like a good Italian who I am. It seems to be the most appreciated thing to cook for friends here. If you change country, you are sure you will have to cook Italian for someone, and you will have to cook if you don’t want to be poisoned.

To cook Italian you need the right tools, you have to prepare yourself psychologically first. Last minute dinners like the other night are not worth it, where I was asked to buy a mozzarella without warning.
At the moment I only believe in Eataly, you can’t ask me for mozzarella at 8 pm in my neighborhood, I don’t show up at your dinner anymore. I go on a mission-mozzarella and go around several supermarkets before giving up and buying the square one. Square. And vacuum packed. I thought even worse, at the end.

In short, habits change, the palate changes, in the sense that it is resigned. Change that in the morning I make myself a liter of almond milk with coffee, to drink coffee outside the home. Even at home we are not very equipped with the stove of the right size for my humble mocha. But the spirit of adaptation is a wonderful thing.

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I don’t give up to the office loop, I take my lunch-at-weight and I take it to the park every day, sitting on my own in the middle of many others sitting on their own in this city of prime numbers. When I go out, my purchases have become always the same: flowers, chocolate, canvas. I don’t want to buy anything else, I don’t want to lock myself in the shops and give them my time. My new best habit is to enjoy time.

And enjoy things differently, in a different form. Glasses, for example, at home we don’t have it or napkins. We have many storage jars instead of glasses, and I think of all the times I organized dinners in my parents’ garden and used storage jars on purpose to decorate, to put flowers and candles. It is not on purpose here. In this house the jars really exist not for fashion, but for belief, for awareness.

So here I am drinking coffee in the smallest jar or pouring wine to my guests in medium one. I put the flowers in the big jars and when I have some food left, I keep it in these blessed jars and put them in the fridge. No plastic container, no film, no waste.

I have not yet described the house where I live, but I believe that the storage jars can do it better.

Rebecca is a charming person, I love her. I will have a lot to learn from her, especially in small things, and this makes me feel good.

I’m fine in this life. I was fine in the previously one as well. I’m fine in my shoes even if I change them radically.

I’m fine in this house full of storage jars, eating eggs. To paint during the night, to change the water to the flowers. To share chocolate with Rebecca after dinner. I’m fine in this house occupies by two cats with golden and glittery varnish, full of books and plants. An alive house, spontaneous, without superstructures.

It seems to me that everything I had before was just an imitation of something more real, something much simpler.

Tanslation by Fiammetta Maceroni