Intervista a Mr. Klevra a cura di Sofia Fattori, inserita nella mostra Riscatti di Città presso Palazzo Merulana.
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Come definiresti la tua pratica artistica? Come dialoga con il territorio?
Mi sono approcciato alla street per sbaglio, sono stato introdotto da Omino 71.
La mia poetica si è sviluppata con gli anni, non sapevo cosa stessi facendo, la mia esigenza era quella di uscire di casa ed esprimermi.
Volevo raccontare qualcosa così ho iniziato con i poster: la sera li attaccavo a caso, tra Trastevere e Ostiense. Dopo un po’ ho iniziato a prendere delle misure dello spot (muro) e ho iniziato a fare dei progetti più ampi.
A un certo punto ho avuto l’esigenza di definire quello che stessi facendo e ho abbracciato l’iconografia Bizantina, che nasce per le persone analfabete. Ho recuperato una tecnica abbandonata e l’ho riportata ai miei nuovi analfebeti; analfabeti perchè nella nostra società siamo tutti di fretta e la gente non è più abituata a soffermarsi a guardare.
Con le mie opere blocco le persone con qualcosa che li possa colpire. Il mio obiettivo è quello di rubare del tempo e far estraniare le persone. Una visione romantica che porto avanti perchè ne sento l’esigenza.
Sono convinto che la bellezza salverà il mondo. L’obiettivo principale della mia pratica artistica? Evolvermi e avere sempre nuovi obiettivi.
Io dipingo per me stesso. Negli ultimi due anni mi sono evoluto, ho conosciuto il mondo dei galleristi e dei mecenati e ne sono stato disilluso. Il mondo dell’arte è cambiato, non è più quello di una volta. C’è troppo meccanismo.
Le mie opere sono destinate ad un luogo ben preciso. Per esempio a Tor Marancia ho dipinto “La Madonna della tenerezza” perchè quel quartiere è chiuso, è un lotto; il bambino chiede l’attenzione di Maria e l’abbraccia, la Madonna è Roma che è dura, mentre Cristo è il quartiere che chiede aiuto perché abbandonato.
Stessa cosa al Pigneto, dove mi è stato richiesto di fare un omaggio a Pasolini. Prima di allora non ne sapevo nulla ma dopo aver visto “Il Vangelo secondo Matteo” sono stato rapito dall’immagine di Maria.
Che rapporto si crea tra l’arte urbana e la rigenerazione?
L’arte è uno strumento magnifico. Contribuisce sicuramente alla riqualificazione di un tessuto urbano.
Il caso di Tor Marancia ne è un esempio: era un quartiere in cui i cittadini non si prendevano cura del posto in cui vivevano. Quando gli è dato del bello, però, lo hanno sentito come di loro appartenenza. Si sono affezionati a cose belle che non si sarebbero mai aspettate e se hai amore per il luogo in cui vivi inizi anche a curarlo.
Rispetto alla tua attività nel corso degli anni quali cambiamenti hai percepito a Roma da un punto di vista sociale e culturale?
Secondo me la street a Roma si è commercializzata. Prima era un movimento per artisti e per il territorio, mentre adesso noti che in molti si buttati tutti in questo settore.
Paragonando Roma con il resto del mondo, invece, pensi che Roma sia morta e sembra impossibile da governare. L’arte, per quanto illegale, può essere uno strumento indomabile per intervenire sulla città.
Come si pone Roma nello scenario delle avanguardie urbane?
Roma è una fucina di talenti, che purtroppo spesso decidono di andarsene. A Roma nasci in una città che trasuda arte da tutti pori. Abbiamo una cultura d’arte inestimabile ma paradossalmente qui non si è riconosciuti come artisti e si è vincolati dal punto di vista giuridico. Questo purtroppo limita l’espressione artistica anziché supportare la produzione creativa.
L’arte dovrebbe conferire dignità agli individui, facendolo anche grazie a episodi di arte sociale come avvenuto in tante periferie della nostra città.
Che prospettive vedi per questo ambito? Come si evolverà la cultura urbana e la riqualificazione degli spazi?
Non saprei dirti esattamente come si evolverà ma sicuramente nei prossimi anni assisteremo ad una maggiore riqualificazione di palazzi e interi quartieri. Si continuerà con questa linea ma a mio avviso la riqualificazione dev’essere prima sociale: bisogna sensibilizzare gli individui, il proprio quartiere, non solo verso un “bello” estetico ma usare l’arte per implementare piani di integrazione sociale, soprattutto su quelle zone che devono essere riqualificate.
In copertina: Piccola Maria – Mr. Klevra – 2014 – Via Fanfulla da Lodi
Foto di Simone Galli
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