Un mondo fatto di sensazioni, culture e contaminazioni artistiche, la moda di Cristina Miraldi fonde passato e presente in un mix perfetto di tradizione e contemporaneità per una femminilità nuova, sofisticata ed innovativa.
La cura per il dettaglio, l’ arte del ricamo e la ricercatezza dei materiali hanno fatto del rigore e della fantasia i segni distintivi della designer, valori che le hanno permesso di distinguersi e di affermarsi sul palcoscenico mondiale della moda.
Noi di The WalkMan Magazine abbiamo voluto intervistarla per ripercorrere insieme i momenti più significativi del suo successo e per scoprire i suoi progetti futuri in un viaggio attraverso il suo universo creativo.
Prima di cominciare, parlaci della tua nuova collezione. Da cosa hai preso ispirazione per realizzarla e quale è il tipo di donna che vuoi rappresentare?
La collezione autunno inverno 2014-15 è stata ispirata da una visione distopica del futuro. Un futuro dove le minacce di disastro naturale e nucleare si contrappongono a paesaggi di fantasia.
Il pezzo chiave è il mini tubino ricostruito, in aggiunta ai capispalla reinventati e le silhouette a volte lineari a volte a sacco per un grungy strutturato.
Il neoprene plasma un’armatura rigida e si alterna a pannelli di chiffon regalando contrasti puri.
Le stampe seguono modelli astratti di inchiostro abbinati a motivi primitivi e floreali ricoperti da ricami in metallo e cristallo.
Voglio rappresentare una guerriera tribale, colorata, una donna che nel buio cerca di salvare tutto ciò che rimane del mondo per estrarne un concetto di bellezza che supera il disastro.
Il mio stile non deve urlare per farsi comprendere; è silenzioso, gentile.
Quanto è importante l’artigianalità nella tua attività? Come ti ha formata l’essere bambina in un’azienda tessile?
L’artigianalità e sicuramente il fattore più importante per la mia attività, essendo cresciuta in un ricamificio mi sono confrontata da sempre con il vero Made in Italy, con tessuti e lavorazioni handmade per realizzare un prodotto impeccabile che ancora oggi richiede molte ore di impegno.
Sono cresciuta tra “gli addetti ai lavori”, con persone che lavorano nella moda, quelle di una volta, le signore che portano ancora il camice. E’ stato specialmente questo che mi ha fatto amare da subito questo lavoro.
Quali sono state le esperienze che hai avuto prima di lanciare la tua collezione? In che modo ti hanno segnato le collaborazioni internazionali post-diploma?
Ho avuto un’ esperienza come consulente per la realizzazione di una capsule collection e come junior designer negli uffici stile.
Facevo davvero di tutto, dal disegno alla creazione. Ho imparato a rapportarmi con il prodotto e con tutte le difficoltà legate alla sua realizzazione.
Sono state esperienze altamente formative che mi hanno permesso di crescere non solo professionalmente, ma anche e soprattutto come persona.
Posso dire che sono state la mia miglior scuola e palestra per affrontare questo mondo.
Nel 2009 vinci il concorso “Fashion Incubator”. Cosa ha significato, per te, quel momento? Cosa è cambiato dopo essere stata decretata vincitrice del talent?
Dalla vincita del Fashion Incubator il mio percorso lavorativo è completamente cambiato.
Ho investito energia, tempo e tutte le mie risorse disponibili in quello in cui ho sempre creduto.
Il concorso è stato la miglior piattaforma per mostrare il mio piccolo mondo all’esterno.
Dopo il tuo “esordio”, hai sfilato a Milano, Tokyo e Berlino e presentato a Parigi. Quale è stata l’esperienza più significativa per te e cosa provi prima di mostrare allo spettatore il tuo lavoro creativo?
L’esperienza più significativa è stata sicuramente la sfilata di Tokyo, perché ho avuto l’ occasione di mostrare il mio lavoro ad un audience con gusto, esperienza e storia completamente lontani da quelli europei.
Inoltre in Giappone ho trovato i maggior consensi e consigli su come continuare.
La sensazione che provi è indescrivibile.
Nel 2009 il tuo nome viene selezionato da Vogue Italia per entrare nella toplist dei 140 nomi di Designer Emergenti. Cosa hai provato quando hai visto ciò? Cosa significa, per te, essere stata scelta per apparire su una delle piattaforme più illustri del palcoscenico “moda”?
La selezione dei 140 designer di Vogue a segnato un altro tipo di approvazione, quella degli addetti ai lavori, i più scrupolosi e difficili.
Il tuo nome ha raggiunto anche la Città Eterna, entrando, nel 2011, nella rosa dei dieci finalisti del concorso “Who Is On Next?”. Cosa ti ha lasciato questa esperienza? Cosa ne pensi della percezione della moda a Roma?
L’occasione di sfilare a Roma all’interno di “Who Is On Next?” mi ha insegnato a guardare il mio lavoro da altri punti di vista.
Credo che Altaroma sia davvero il palcoscenico internazionale, ponte ideale tra tradizione e modernità ed è stato per me un grande traguardo, un passo importante per far conoscere il mio lavoro, ma soprattutto un’opportunità importantissima di presentare la collezione ai professionisti della moda di altissimo livello presenti in giuria.
Ti è mai capitato di pensare “Basta, non ce la faccio più”? In che modo superi i momenti “off”, siano essi emotivi o creativi?
Mi capita molto spesso.
E’ difficile muoversi da soli, specialmente nel periodo storico che stiamo vivendo, ma la voglia di esprimermi e di arrivare alla realizzazione delle collezioni supera ogni ostacolo.
Chi vuole diventare Cristina Miraldi un domani? Quali sono i progetti che hai in cantiere?
Lavorerò sempre al mio brand con uguale costanza e dedizione, lentamente, puntando sugli aspetti che sembrano più significativi per farlo crescere e maturare.
Mi piacerebbe arrivare ad avere uno studio open space a Milano con una grande sartoria.
“The WalkMan” si pone come obiettivo quello di lasciare spazio e visibilità ai giovani talenti. Cosa ti senti di suggerire a chi ha deciso o sta decidendo di investire la propria vita nella creatività?
Il mio suggerimento è quello di avere sempre molto coraggio, determinazione e più di ogni altra cosa, voglia di sacrificarsi.
[divider]ENGLISH VERSION[/divider]
A world made of sensations, cultures, and artistic contamination, Cristina Miraldi’s fashion merges past and present in a perfect mix of tradition and modern times for a new, sophisticated and innovative woman.
The cure to the details, the art of cutting and using made her rigor and fantasy the main features of this designer, values that allowed her to proudly step on the fashion worldwide scene.
The Walkman Magazine had an interview with her to go through the most significant steps of her creative universe.
Before getting started, let’s talk about your new collection. What gave you the inspiration to realize it and what’s the type of woman you aim to represent?
The 2014-2014 Winter-Fall collection was inspired by a dystrophic view of the future. Where the threats of an environmental and nuclear disaster are juxtaposed to fantasy landscapes. The key to an understanding is the mini sheath dress reassembled, added to the reinvented coat and the silhouette, linear and sack-shaped for a more structured grungy style.The neoprene makes you think you’re looking at an armor and its contrasts with the panels of chiffon are then well interchanged.The prints are based on abstract models matched with some primordial and floral ones covered with needlework made of metal and crystal.I want to represent a tribal warrior, colored, a woman crawling I the dark trying to save anything she has left in the world just to get a concept out of it, beauty outdoes disaster.My style doesn’t need to scream to be understood; it is quiet, kind.
How important do you think craftsmanship is for your production? How much does being a child in a textile company influenced you?
Craftsmanship is for sure the most important feature of my production, being raised in an embroidery company I’ve always been facing the real Made in Italy, with fabrics and handmade works to create flawless products for which even nowadays you need to spend a lot of time on and commitment.I was born among the “works personnel” among those old fashion people working in with gowns and because of this aspect I immediately fell in love with this job.
What about your experiences before your collection? What way your post-degree partnerships influenced you?
I had the chance to work as a consultant for the creation of a capsule collection and as a junior stylist in the studios. I did everything, from designing to creating. I learnt to relate with the product and the difficulties it implies during its creation.These extremely high educative experiences allowed me to grow not only professionally speaking but also as a person.I can firmly say that’s been the most important experience to face this world.
In 2009 you won the “Fashion Incubator” contest. What that moment meant to you? What changed right after being nominated winner of the talent?
After winning the contest my job completely changed. I invested energies, time and all my resources in what I’ve always believed in. It’s been the best way to showeverybody my little world.
After your debut, you performed in Milan, Tokyo and Berlin and got the chance to host the same event in Berlin. What was the most substantial experience among them and what do feel before showing people your works?
The most important experience was for sure the Tokyo show, because I had the chance to show my work to an audience difference from us for their taste, their culture and history.Moreover, in Japan I was given many pieces of advice on my job.What you feel in those moments can’t be described.
In 2009 your name Vogue Italia selected your name to be in the top 140 names of emergent designers. What did you feel when you saw it? What does it mean to you being chosen to be on one of he most important magazines of fashion?
Well, the choice Vogue made was the sign that the “works personnel” approved my work.
Your name reached the Eternal City too, when in 2011 you were among the 10 finalists of the “Who is On Next?” contest. What do you remember elf that experience? What do you think of how fashion is perceived in Rome?
The chance they performed in Rome at “Who Is On Next?” taught me to look at my work from the other points of view.I think that Altaroma is really an international stage, an ideal bridge between tradition and being modern, and for me this was a huge goal, an important step to make people know my work, but most of all it was a very important opportunity to show the professionals of fashion my collection.
Have you ever thought “that’s enough, I can’t stand it anymore?” What way do you get through that moments that knock you out, whether they are emotional or creative?
It actually happens quite often.It is hard to move alone, especially at the moment were living, but the longing of expressing myself and one day see the production of my collection completed goes beyond any obstacle.
Who does Cristina Miraldi wants to become one day? What project are you thinking about now?
I will work on my brand with the same commitment, slowly, aiming at the aspects that may develop it for the best.I would also love to have an open space studio in Milan with a big dressmaker.
The WalkMan Magazine aims to let space and visibility to young talents. What do you want to say to the ones who decided to follow the same path as yours in the fashion world and creativity?
I’d suggest them to always be brave, determined and willing to sacrifice the selves re than anything else.
Traduzione a cura di Alessandra Fioravanti