Galeffi nasce e vive nutrendosi di musica, di letteratura, di arte, di cinema, di cose belle.
Galeffi è un giovane cantautore romano, un talento che ha esordito nel 2016 con il suo primo singolo: Camilla.
Galeffi parla di amore e delle piccole cose, con delicatezza. Galeffi si muove con semplicità attraverso la musica e ci colpisce dentro, perché pur nella sua semplicità, Galeffi ha tanto da dire e la sua musica appartiene un po’ a tutti noi.
Abbiamo deciso di scoprire meglio questo artista, in attesa dell’uscita del suo primo album.
Chi è Galeffi e qual è stato il percorso di vita e di studi che lo hanno portato nel mondo della
musica?
Galeffi è Marco, un ragazzo come tutti che spesso si è chiesto cosa fare nella vita e a volte è riuscito a darsi risposte che non l’hanno mandato in tilt. Tipo la musica, che c’è sempre stata intorno a me, anche grazie ai miei genitori fautori di musica doc. Il mio rapporto con le note non è di quelli troppo sani comunque.
Nell’immaginario collettivo Galeffi è un famoso effervescente antiacido. Questo prodotto ha
qualcosa a che vedere con il tuo nome?
Oh, che bella domanda. La risposta è non lo so. Ti spiego: a casa mia siamo sostenitori accaniti dell’effervescente Galeffi, in casi di cattiva digestione ci affidiamo a lui. Quindi sicuramente io ho a che fare con Galeffi l’effervescente. Invece lui con me, è un mistero. Mia madre dice che siamo parenti alla lontana e nello specifico siamo imparentati con una fetta dei Galeffi che abitano in Toscana, uno di questi ha inventato Galeffi l’effervescente e ci ha fatto poi i big-money. Bravo!
Qual è il bagaglio culturale di Galeffi e quali sono i personaggi e i mondi di cui si nutre e a cui
guarda come riferimento?
Solo nell’ultima fase mi sono avvicinato ai cantautori italiani, a parte qualche fissa come Cesare Cremonini che ho sempre avuto. In realtà, sono un malato terminale di musica anglosassone. Ovviamente ho un debole per i Beatles, sono innamorato di loro. Ho fatto anche un pellegrinaggio a Liverpool lo scorso anno, è stato epico. Ma per me sono giganti anche gli Oasis, i Blur, Pete Doherty, Amy Winehouse, gli Smiths o i The Verve. Non ne posso fare a meno ad un certo punto. Sicuramente avrò dimenticando qualcuno, ma non importa. La cosa interessante è che non è detto che poi la mia musica sia simile a quella che ascolto, anzi. Spesso è totalmente diversa. Ed è bello così.
Galeffi si nutre di cose belle: cosa sono per te le cose belle? Quale aspetto della vita influenza di più il tuo lavoro?
Le cose belle possono essere anche cose brutte, ma che sono belle per me. E allora le coccolo dentro di me. Le cose belle alla fine sono le cose che ti appartengono. Quelle cose che scegli e che fanno parte di te. Può essere un paesaggio, una scultura, una sensazione, una canzone, qualsiasi cosa. Probabilmente la molla di base per la maggior parte delle canzoni è l’amore. Corrisposto o non corrisposto che sia. Però spesso sono le parole a indirizzare una melodia che magari era nata senza volerlo.
Cosa significa per te comporre un brano e come avviene il processo creativo che ti porta alla
realizzazione di un lavoro?
Qualche anno fa avevo cantavo e suonavo in una band e facevamo roba in inglese. E rispetto ad adesso è tutto diverso. Prima bastava che suonasse, il testo non necessariamente doveva dire qualcosa. Ora la scrittura ha un altro peso, perchè non posso più rifugiarmi in virtuosismi vocali ma l’obiettivo è comunicare. A me stesso e a chi ascolta. Non puoi fottere nessuno, la forza è quella. Credo che le cose si stiano muovendo perchè alla fine sono così, dai social alle parole che dico. Ogni canzone ha storia a sé, ma la maggior parte dei pezzi sono usciti con me al pianoforte che strimpellavo e canticchiavo melodie senza senso, mi registravo col telefonino. Poi per forza di cose nella testa ti fischietti qualcosa che è l’indizio che una melodia possa funzionare. Le parole arrivano dopo. Ogni embrione di canzone ha già le sue parole nascoste da qualche parte, bisogna solo esser bravi a trovarle.
Camilla è il tuo singolo d’esordio, il preludio al tuo primo album. Chi è Camilla e perché l’hai scelta per inaugurare il tuo lavoro artistico?
Camilla è una ragazza con cui uscivo dell’università che era molto bella, intelligente, solare, affascinante, aveva gran gusti musicali, cultura cinematografica, si vestiva con stile. Era perfetta. Però quelle poche volte che ci sono uscito, avevo sempre la sensazione di noia. Non vedevo l’ora di tornare con gli amici sotto casa a parlare della Roma magari. Camilla è uscita per prima perchè ci sembrava adatta in quel periodo estivo. E’ un pezzo molto fresco, ironico, fa ballare. E poi dovevo pubblicare qualcosa in maniera ufficiale per poter iniziare il percorso. E nel 2017 arriverà il disco.
Cosa consiglieresti a chi, come te, ha deciso di investire il proprio tempo nelle sue ambizioni?
Che paura i consigli. La paura di fallire è costante, ma è anche uno stimolo a dare il meglio. Sinceramente posso solo suggerire di essere sé stessi nella cosa che si vuole fare, senza pensare al domani. Cioè, è giusto ambire a rendere una passione una professione. Ma stop, non deve essere un incubo. Se uno pensa solo al successo, secondo me alla fine non va da nessuna parte. Perché poi non arrivi a nessuno, si capisce che nascondi qualcosa. E invece accettarsi a livello artistico è il primo passo verso non so cosa, ma è il primo passo.
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