Alice Phoebe Lou, classe 93, è un’artista indipendente che sta conquistando i palcoscenici di importanti festival tra Europa e USA. Dotata di grinta e determinazione, ma anche di sconvolgente dolcezza e spontaneità, la musica di Alice Phoebe Lou ricorda quelle sfumature lo-fi del soul e del folk, ma riformula il tutto non appena inizia il suo dolce e caloroso canto.
Alice Phoebe Lou nasce a Kommetije, un paesino vicino Città del Capo, Sud Africa. Lì trascorre la sua infanzia e la sua adolescenza tra scuola, musica e, inevitabilmente, sconfinata natura. Nel suo percorso artistico risultano sempre rilevanti le sue origini, che si esprimono con lontani e quasi in sordina, ma sempre presenti, ritmi e percussioni africane. A 16 anni, l’artista trascorre un’estate a Parigi dalla zia e fu nella capitale francese che decide cos’è che vuole fare nella sua vita, dedicarsi alla musica. Quella estate, tra Parigi ed Amsterdam, Alice inizia il suo percorso musicale con una chitarra, la sua grande voce ed un amplificatore, in qualità di busker.
“ La cosa più bella al mondo è poter essere utili. Vorrei poter cambiare qualcosa nel mondo, non con gesta eroiche. Inizierò a farlo donando un pò di musica e di felicità nella vita della gente che vive la città che passa e si ferma ad ascoltarmi”
La scelta risulta, mai come oggi, coraggiosa. I busker, gli artisti di strada, risalgono alla Grecia Antica e all’Impero Romano, ma secondo alcuni persino all’antico Egitto. Ci sono molteplici forme di “performance fuori dal teatro” anche nel Medioevo e nell’Era Moderna. L’arte dei busker continua a mutare e ad evolversi, per poi arrivare ad oggi, o più specificamente alla crisi di oggi. Le migliaia di persone che abitano le grandi città non ormai hanno più tempo per fermarsi ed ascoltare quella violinista in metropolitana, o quel cantautore in piazza. In questo contesto generale, Alice si trasferisce stabilmente a Berlino. Dopo il suo debutto in metro, inizia ad esibirsi giorno dopo giorno a Mauerpark, nel quartiere di Prenzlauer Berg a Berlino, cantando con l’accompagnamento di una chitarra brani da lei composti, catturando l’attenzione di centinaia di passanti. Inizia tutto così.
Da quelle prime esperienze, la cantautrice inizia ad esibirsi in numerose venue a Berlino con il compagno di performance Matteo Pavesi, polistrumentista e produttore italiano conosciuto proprio a Berlino. Giunge il 6 marzo 2014 al TEDx di Berlino, dove riceve varie proposte da numerose etichette discografiche ma declina tutte le offerte. Questa è un’altra scelta che per l’ennesima volta riguarda il coraggio che sicuramente contraddistingue la vita di Alice, la quale decide così di rimanere un’artista indipendente anche per non rinunciare a quella sensazione di libertà assaporata durante gli anni di busking.
Il brano intitolato She tratto dall’album in studio del 2016, Orbit, la porta dritta nella shortlist degli Oscar per la categoria Best Original Song
I due album in studio, Live at Gruner Salon (2014) e Orbit (2016), e i due EP, Momentum (2014) e Sola (2017) sono i suoi lavori fino al 2018. Degno di nota è sicuramente She, brano accompagnato da chitarra e percussioni in cui è comunque messa in risalto la sua calda, fresca voce piena di energia. Il brano tratto da Orbit viene scelto per il film Bombshell: The Hedy Lamarr Story e finisce nella lista della Best Original Song degli Oscar.
All’inizio del 2019 la cantautrice sudafricana ritorna in studio e dopo pochi mesi vede luce Paper Castle, anche in questo caso tutto meravigliosamente autoprodotto. L’album è composto da 10 tracce in cui Alice ci offre una sua personale visione del mondo, dell’amore, della sessualità ed anche della violenza, come in Skin Crawl. Nella canzone la Lou, con accompagnamento di eteree chitarre che ricordano quelle dei Beach House e dei Cocteau Twins, parla dell’utilizzo del corpo femminile per divertimento, di come tutto questo rappresenti chiaramente una regressione della civiltà e di come tutto questo in alcune realtà non sia ancora compreso a pieno.
“How about I take your patriarchy, your misogyny and I put it in the backyard”- Skin Crawl
La giovane cantautrice canta questi versi così, con la sua eleganza e naturalezza, supportati dal talento e dalla determinazione che un progetto del genere conserva sin dalla sua genesi, dai primi timidi live a Berlino come artista di strada.