Pensate ai maestosi ritratti equestri che ornavano le case dei ricchi sovrani del passato o ai piccoli cagnolini da compagnia spesso presenti nei quadri raffiguranti le donne di corte, alle sinfonie di animali  dipinte in un’opera dei Bruegel  o alle imponenti statue equestri come quella di Marco Aurelio.

L’animale ha sempre fatto parte della vita dell’uomo e proprio per questa sua straordinaria presenza è stato partecipe fin da subito anche dell’iconografia della storia dell’arte, non a caso le prime manifestazioni artistiche che ci sono giunte dal paleolitico, come ad esempio le pitture rupestri delle Grotte di Altamira o di Lascaux, rappresentano per la maggior parte proprio scene legate al mondo animale ed alle attività che ne conseguono dal rapporto con questo.

 

 

Grotte di Altamira
Grotte di Altamira
Grotte di Lascaux
Grotte di Lascaux
Statua equestre di Marco Aurelio
Statua equestre di Marco Aurelio
Jan Brueghel il Giovane – “Paradiso terrestre”
Jan Brueghel il Giovane – “Paradiso terrestre”
Pontormo – “Ritratto di dama con cagnolino”
Pontormo – “Ritratto di dama con cagnolino”
Tiziano Vecellio – “Ritratto equestre di Carlo V”
Tiziano Vecellio – “Ritratto equestre di Carlo V”

 

Ma cosa succede agli animali nell’arte contemporanea?

Sono molti quelli che hanno utilizzato degli animali per realizzare opere d’arte particolari e spesso discutibili, davanti alle quali non si può che rimanere impressionati e sbigottiti. Pensate all’effetto che potrebbe farvi il vedere un cavallo che pende dal soffitto o con la testa conficcata dentro una parete, e tutto questo non in un’allegra fattoria, ma in un museo! Ovviamente stiamo parlando di Maurizio Cattelan, uno tra gli artisti italiani più chiacchierati di sempre, conosciuto soprattutto per le sue “opere-shock” che, vuoi non vuoi, riescono costantemente a puntargli i riflettori addosso. Si può dire che egli, dato il largo uso che ne ha fatto, abbia per gli animali una vera e propria passione, cosa che però molto probabilmente non è ricambiata da questi ultimi, siccome in diversi casi i loro corpi imbalsamati vengono trattati in modi non del tutto piacevoli, come nel caso dello scoiattolo suicida nell’opera “Bidibibodibiboo” o peggio ancora del cavallo appoggiato sul pavimento con l’addome trafitto da un cartello in “Untitled- I.N.R.I.”. Queste produzioni si prestano ad una molteplicità di interpretazioni e di commenti e dividono nettamente il pubblico in due, c’è chi le apprezza per il loro carattere parodico e dissacrante e chi invece le disdegna poiché non hanno rispetto per gli animali, come sostengono molti animalisti con i quali nel corso degli anni Cattelan ha avuto un gran da fare.

 

 

Maurizio Cattelan – “Bidibidobidiboo”
Maurizio Cattelan – “Bidibidobidiboo”
Maurizio Cattelan – “The ballad of Trotsky”
Maurizio Cattelan – “The ballad of Trotsky”
Maurizio Cattelan –“Kaputt”
Maurizio Cattelan –“Kaputt”
Maurizio Cattelan – “Untitled (I.N.R.I)
Maurizio Cattelan – “Untitled (I.N.R.I)

 

Ma c’è un altro artista che ha fatto degli animali il suo segno di riconoscimento lavorando con essi attraverso tecniche molto particolari, non credo servano troppe presentazioni per parlarvi di Damien Hirst, una tra le artstars più acclamate e pagate di sempre che ha completamente dominato la scena artistica inglese degli anni 90. Fra le tematiche a lui più care vi è sicuramente quella della morte, che trova diretta espressione in delle opere in cui corpi di animali imbalsamati come mucche, tigri e squali vengono immersi all’interno di una soluzione di formaldeide, chiusi all’interno di teche di vetro e spesso anche dissezionati in modo tale da farne vedere l’interno del corpo. Questa serie ha preso avvio nel 1991 quando Hirst realizzò The Physical Impossibility Of Death In the Mind Of Someone Living” (“L’impossibilità fisica della morte nella mente di un vivo”), consistente in uno squalo tigre di notevoli dimensioni introdotto all’interno della sopracitata soluzione, opera considerata da molti il suo manifesto e che ebbe elevati costi di realizzazione di circa £50.000, ma che fu poi venduta all’astronomica cifra di 8 milioni di dollari, destando proteste e dissensi in ogni dove.

 

 

Damien Hirst - “The Physical Impossibility Of Death In the Mind Of Someone Living”
Damien Hirst - “The Physical Impossibility Of Death In the Mind Of Someone Living”
Damien Hirst – “Mother and Child (Divided)”
Damien Hirst – “Mother and Child (Divided)”
Damien Hirst – “In His Infinite Wisdom”
Damien Hirst – “In His Infinite Wisdom”
Damien Hirst – “The Incredible Journey”
Damien Hirst – “The Incredible Journey”

Oltre ad usare animali di grandi dimensioni Hirst è famoso anche per il largo impiego che fa degli insetti, con i quali realizza quadri che possono essere dei semplici monocromi sui quali attacca un piccolo numero di farfalle, come nella serie dei “Butterfly Colour Paintings”; delle vere e proprie tavole entomologiche che ricordano quelle che nel 600 Jan van Kessel il Vecchio dipingeva nei suoi quadri, le “Entomology Cabinets”, in cui diverse specie vengono messe in fila e comparate tra loro; oppure delle straordinarie composizioni caleidoscopiche di diverse forme geometriche in cui delle ali di farfalla vengono assemblate insieme su un supporto ottenendo dei meravigliosi effetti ottici e cromatici, non a caso questa serie prende il nome di “Kaleidoscope Paintings” ed ha preso il via nel 2001, quando Hirst ha creato “It’s a Wonderful World”, in cui migliaia di ali di farfalla erano disposte a creare un intricato ed attraente pattern visivo. A questi ultimi lavori si associano poi gli “Entomology Paintings”, che hanno come unica differenza rispetto agli altri il fatto che presentano una maggiore varietà di insetti.

 

 

Damien Hirst – “Untitled”
Damien Hirst – “Untitled”
Damien Hirst – “Jacob’s Ladder”
Damien Hirst – “Jacob’s Ladder”
Damien Hirst – “It’s a Wonderful World”
Damien Hirst – “It’s a Wonderful World”
Damien Hirst – “Tityus”
Damien Hirst – “Tityus”

 

Come avrete capito gli animali imbalsamati hanno trovato largo utilizzo nella storia dell’arte, anche altri artisti meno conosciuti ai più ne hanno fatto un discreto impiego, ad esempio Mario Merz, uno tra i massimi esponenti del movimento dell’Arte Povera, che ha usato una testa di zebra nell’opera “Zebra (Fibonacci)” o una testa di antilope in una delle opere appartenenti alla celebre serie degli igloo, “Dal miele alle ceneri”; anche Robert Rauschenberg, altro pilastro del 900, in alcuni dei suoi “Combine paintings” utilizzò degli animali che collocava sopra il supporto sul quale aveva precedentemente lavorato.

 

 

Mario Merz – “Zebra (Fibonacci)”
Mario Merz – “Zebra (Fibonacci)”
Mario Merz – “Dal Miele alle Ceneri”
Mario Merz – “Dal Miele alle Ceneri”
Robert Rauschenberg – “Monogram”
Robert Rauschenberg – “Monogram”

 

Ma proprio perché l’arte contemporanea non riesce a rimanere negli schemi spesso accade che vengano impiegati anche animali vivi, per lo più in azioni performative che destano sempre un gran rumorio. Jannis Kounellis, altro grande nome dell’Arte Povera, nel 1969 realizzò un’istallazione innovativa e rivoluzionaria che già dal titolo, “12 cavalli vivi”,  ci fa capire di cosa si tratta. Ebbene si, egli introdusse all’interno dello spazio della galleria L’Attico di Roma ben dodici cavalli vivi a mo’ di sfida verso la storia dell’arte, se prima infatti la natura era solamente imitata ora c’è bisogno non di filtrarla ma presentarla allo spettatore così com’è. Questa sorta di performance sarà poi rivisitata parodicamente dal già citato Maurizio Cattelan, che nel 1997 partecipò alla Biennale di Venezia riempiendo lo spazio a lui affidato con circa 200 piccioni imbalsamati posti sulle travi del padiglione, sul pavimento del quale erano stati collocati gli escrementi di questo animale.

 

 

Jannis Kounellis – “12 Cavalli Vivi”
Jannis Kounellis – “12 Cavalli Vivi”
Maurizio Cattelan – “Tourists”
Maurizio Cattelan – “Tourists”

Alcune volte invece gli artisti tentano di istaurare un vero dialogo con gli animali che vengono considerati come dei conduttori di energia e degli enti in grado di comunicare. È quello che fa ad esempio lo sciamano dell’arte Joseph Beuys nell’azione “I like America and America Likes Me” del 1974 in cui si fa chiudere per tre giorni in una gabbia insieme ad un coyote, in modo tale da raggiungere una sorta di allegorica riconciliazione tra uomo e natura, razionalità ed istinto.

Ma se in questo caso il rapporto con l’animale è stato relativamente pacifico e cordiale in un altro tristemente noto un artista costaricano, Guillermo Vargas, ha esposto nel 2007 un cane randagio legato ad un angolo della sala espositiva privandolo di cibo ed acqua e sulla parete con delle crocchette per animali aveva scritto il titolo dell’opera, “Sei quello che leggi”. Questa produzione si poneva di dimostrare come gli esseri umani fossero indifferenti nei confronti degli altri esseri viventi, ma per quanto volesse essere un monito o una dichiarazione si è rivelata però essere una scelta crudele e non giustificabile perché il povero cane è morto il giorno successivo per denutrizione, destando un enorme boom di critiche verso Vargas da associazioni animaliste di tutto il mondo. Un gran numero di disapprovazioni arrivò anche allo stesso Damien Hirst in occasione della sua mostra del 1991 “In and Out of Love”, in cui allestì lo spazio con un gran numero di farfalle vive lasciate libere di volare finché non morivano.

Un modo invece interessante di usare gli animali vivi che non ha destato molte critiche è stato adottato da Wolf Vostell, rappresentante del gruppo Fluxus, che nella sua incessante ricerca sui media e sugli effetti della tv nel 1975  realizzò un’ironica e quanto mai inquietante installazione dal titolo “Endogene Depression”, in cui dei tacchini camminavano tra una serie di televisioni che trasmettevano programmi diversi, chiara rappresentazione della società attuale quasi lobotomizzata dall’influenza mediatica.

 

 

Guillermo Vargas – “Sei quello che leggi”
Guillermo Vargas – “Sei quello che leggi”
Joseph Beuys – “I Like America and America Likes Me”
Joseph Beuys – “I Like America and America Likes Me”
Damien Hirst – “In and Out of Love”
Damien Hirst – “In and Out of Love”
Wolf Vostell – “Endogene Depression”
Wolf Vostell – “Endogene Depression”

Che avessero una funzione decorativa, propiziatoria o legata ad un ideale di potenza vuol dire che fin da subito all’interno dell’arte stessa gli animali erano stati caricati di un certo tipo di significati che nel corso degli anni hanno attraversato differenti modalità espressive, se nel passato ci si limitava a dipingerli o scolpirli, l’artista contemporaneo sente che così non basta, nel suo voler continuamente procedere oltre i limiti prestabiliti per stupire, sconcertare e rinnovare decide di trascinare gli animali con sé, tirandoli fuori dal quadro per portarli nella vita reale.

 

 

[divider]ENGLISH VERSION[/divider]

Let’s think for a moment about all the equestrian portraits that decorated the houses of the past kings or the court ladies that were often drawn with their little dogs; the animals’ sinfonies painted by the Bruegel or the massive equestrian statues as the Marcus Aurelius one.

The animal has always been a part of men’s  lives. That is why it has been a part of art’s iconography: one of the first expressions of art, in the Paleolitic era, as the cave art in the Cave of Altamira or the Cave of Lascaux proves us, represents scenaries linked with the animal kingdom.

But what happens to them in contemporary art?

There are a lots of artists that used  different animals to realize their peculiar and often questionable works, which you can’t help watching with both admiration and shock. Imagine how would you react when you see a horse dangling from the ceiling or with his head stuck in a wall not in cheerful farm but in a museum! We are talking about Maurizio Cattelan, one of the most-talked about artist, know for his “shock-works”, which put him under the spotlight. We can say he is an animal lover, judging by how much he uses them, but maybe they don’t feel the same  about himvsince some stuffed body are treated not in a very kind way.  In “Bidibibodibiboo” there is a suicidal squirre; or worse there is one where a horse lies on the floor with the plaque “Untitled-I.N.R.I” impaled in his stomach. These kind of works can be interpreted in different ways and are judged by the public, who is split in two: a half likes them for their parodic nature; the other half dislikes them for the lack of respect towards the animals, as the animal-rights activists, against who Cattelan has to deal with,affirm.

There is another artist who made animals his identification tag, working with really unusual techniques.  I am talking about Damien Hirst, one of the most acclamed and paid artist ever, who dominated the English artistic scenario in the 90s. One of his favourite theme is death, that is expressed in differt works where stuffed animals (cows,tigers,sharks) are immerse in a folmaldehyde solution, locked inside thick glass cases, most of the time dissected so you could see the inner part of their bodies. This series started in 1991, when Hirst realized “The Physical Impossibility Of Death In The Mind Of Someone Living”, that is a huge tiger shark in a folmedehyde solution. It was considered his manifesto and it cost him something like £50,000, but that was afterwar sold for 8 million dollars, arounsing protests and dissent everywhere.

Besides this big animals, Hirst is famous for how he uses the insects with which he composes pictures. They can be simple one-colour  canvas on which he sticks butteflies, as the “Butterfly Colour Paintings” set; entomological boards that recall the one  Jan van Kessel The Elder painted in the XVII century ,the “Entomology Cabinets”, in which different species are lined up and compared. Or maybe they can be kaleidoscopic compositions in which butterfly wings are put together in order to creat wonderful optical illusion in the “Kaleidoscope Paintings” series, 2001. It was when Hirst created “It’s a Wonderful World” where thousands butterfly wings were arranged to create an intricate and attractive pattern. We can add to these works the “Entomology Paintings” series, that differes from the others for the greater variety of species.

Less-known artists, as Mario Merz, one of the greatest representative of the Arte Povera, used stuffed animals for their work as well. He used a zebra’s head in “Zebra(Fibonacci)” and an antelope’s head in “Dal miele alle ceneri”(From honey to ashes), a work from his igloo series. Robert Rauschenber in some of his “Combine paintings” used some animals, which he put on the support ,on which he had preveously worked.

It happened that living animals were used in live perfomances, because Contemporary Art can’t be contained in fixed scheme. Jannis Kounellis, another exponet of the Arte Povera, in 1969 created an innovative and revolutionary installation, “12 cavalli vivi”(12 living horses). He carried twelve horses in  the L’Attico gallery in Rome and it was meant as a challeng to History of art: whether the nature was generally reproduced, now it needed to be shown as it was, without any filter. That sort of performace has been parodied by Maurizio Cattelan, who ,in 1997 at the Biennale di Venezia, filled the spot he was given with 200 stuffed pigeons , arranged on the girders and on the floor has been placed their excrements.

In other occasions, the artists try to estabilish a dialogue with the animals, that are seen as energy drivers and entities able to communicate. That’s exactly what the art-shaman Joseph Beusys did in 1974’s “I like America and America Likes Me”: he closed himself in a cage for three days with a coyote in order to achieve a sort of allegoric reconciliation between man and nature, sense and instinct.

In that case the relationship had been quite calm and friendly, in another one, in 2007, the Costa Rican Guillermo Vargas, put a stray dog chained in a corner of the exhibition space withouth giving him food or water and he wrote on the wall with dog croquettes the title: “You are what you read”. It was intended to be a demonstration of the indifference of mankind towards the other living beings, but despite his noble intention, it was indeed a cruel decision because the dog died the next day for malnutrition, and of course Vargas had been criticized by animal-rights activists all over the world. Damien Hirst, in his exhibition in 1991 “In and Out of Love”, prepared a room full of butterflies, left there alive and free to fly till the died, and he was criticized as well.

A different and interesting way to use living animals that hasn’t been criticized to much was the one chosen by Wolf Vostell, exponent of  the Fluxus group. During his constant researches on media an the effect of television, in 1975 he created an ironic but disturbing installation called “Endogene Depression”, where turkeys walked between a row of televisions broadcasting different programmes, clear representation of the current society, almost lobotomized by media influence.

Whether they had an ornamental role, or a porpitiatory one or are linked to an ideal of strengh, since the start in art itself animals carried different, specific meanings, that though the ages have found different way to express themselves: in the past they were just painted or sculpted, now the artist feels that it is not enough. In his needing of going beyond the preset limits in order to amaze, disconcert and renew art, he decides to take animals with him, carrying them out of the painting to bring them in real life.

Traduzione a cura di Eleonora De Palma