L’arte contemporanea è spesso apparsa come la culla di nuove percezioni estetiche e concezioni dello spazio. Sviluppata, secondo le dichiarazioni delle avanguardie, quasi in contrapposizione alla produzione dell’era moderna, abbandona il modello di rappresentazione albertiano. Non per nulla, gli viene attribuito, da questo, il superamento di una continua organizzazione spaziale e omogenea.
In questa prospettiva, si potrebbe addirittura riconoscere la prerogativa estetica della complessità spaziale dell’arte. L’arte contemporanea, perciò, implica una nuova consapevolezza di alcuni aspetti della creazione, in particolare l’emergere di una psicofisica della percezione, emersa già alla fine del diciannovesimo secolo, andando a consacrarsi in quella che è conosciuta come spazialità moderna.
Una percezione e una ricezione che, chiaramente, è emergente anche attraverso la enfatizzazione delle opere stesse. Senza dubbio, nell’effettuare delle riflessioni sulla complessità spaziale dell’arte, è sempre utile una analisi semiotica della complessità delle opere. Si tratta di un percorso di ricerca appena iniziato, e quindi non ancora definito, per il quale, senza cortese retorica, viene sempre richiesto una certa tolleranza da parte di chi la deve valutare.
Un po’, quindi, come avviene quando si vanno ad effettuare valutazioni inerenti il video poker. Non per nulla, le opere, in particolare attraverso le immagini da loro veicolate, molto spesso articolano vari spazi. Non solo occupano lo spazio, o meglio partecipano a definirlo, ma soprattutto presentano e rappresentano spazi diversi in, attraverso e da essi. Una singola immagine può così attivare più spazi e diventare luogo nodale, ad esempio, di spazi fisici, percettivi e / o simbolici anche inconciliabili tra loro. Parlare di immagini delle opere non significa, appiattirle ad una dimensione puramente visiva.
Questa prospettiva non pretende di eludere la questione delle diverse sensorialità sollecitate dalle opere, né di sminuire la profondità della loro materialità. Pensare l’immagine in questi termini equivale a mettere in luce l’aspetto mediale di cui l’arte è portatrice, vedendone le potenzialità di intrecciare spazi anche conflittuali.
Indiscutibilmente, per avviare ogni tipo di riflessione sulla complessità spaziale dell’arte, è fondamentale risalire ai fondamenti della rappresentazione moderna, che si suppone abbia sviluppato, durante il Rinascimento, una tecnica rigorosa per la costruzione dello spazio. La prospettiva lineare, prodotta dall’adozione di un punto di vista unico e fisso e dal tracciamento di un sistema a linee di fuga convergenti, avrebbe generato, nel dipinto, uno spazio organizzato in modo omogeneo e misurabile.
Questa interpretazione, molto diffusa nella storia dell’arte, si sovrappone, almeno in parte, con l’atteggiamento di molte estetiche contemporanee, per le quali la rappresentazione moderna ha costituito un fioretto per fondare nuove concezioni di spazio. Se l’abbandono del dispositivo prospettico rinascimentale avrebbe addirittura sconvolto la spazialità artistica, tuttavia, analizzando meglio gli spazi in gioco nell’età moderna, dobbiamo comunque escludere l’idea di uno spazio coerente e rigoroso, che sarebbe stato determinato dall’uso della prospettiva lineare.
Pertanto, andando a concludere, diventa possibile apprezzare la complessità spaziale di questa nuova produzione artistica e, nonostante le rotture che l’estetica d’avanguardia e anche postmoderna ha voluto dichiarare per distinguersi, troviamo una certa continuità in questo senso tra arte creazione moderna e contemporanea.