Atlas Italiae – La passione per il rudere ha la sua matrice in correnti filosofico-artistiche risalenti al Settecento. Attraverso il tempo, il fascino della rovina e della decadenza oggi torna in auge attraverso il lavoro di diversi artisti.
Tra questi, si distingue la forlivese Silvia Camporesi, che ha da poco pubblicato Atlas Italiae. Silvia ha girato l’Italia scattando fotografie di luoghi fantasma, in stato di fatiscenza e abbandono, il loro fascino è accresciuto dal riappropriarsi di questi da parte di natura e oblio.
Atlas Italiae si sviluppa nell’arco di due anni. L’artista ha percorso lo Stivale attuando una ricerca sull’identità dell’Italia, maturando una riflessione artistica e antropologica i cui protagonisti sono siti abbandonati, dismessi. Successivamente, le fotografie sono state esposte presso diverse gallerie italiane. Nel 2015, Atlas Italiae è stato stampato.
Gli scatti di Silvia non lasciano spazio esclusivamente all’estetica di questi luoghi conturbanti. Lo spettatore è certo portato a indulgere sul fascino della rovina, a tratti fastosa, ma a ben guardare, tra i calcinacci si cela un sottile significato altro, una riflessione più profonda da parte di Silvia sul presente e sul futuro, i cui tratti, già corrosi, si fanno incerti.
L’immobilità di questi posti è apparente. Il tempo agisce con costanza rendendo la memoria evanescente, e erode con pazienza i soggetti da Silvia immortalati. La portata del suo progetto è di distogliere l’attenzione dal paesaggio italiano tradizionalmente inteso, sia esso rurale o cittadino. Pone, invece, l’accento su realtà che non esistono più, capaci però di farsi vettore di suggestioni nuove.
È estremamente interessante notare come il concetto di rovina assuma, da un po’ di tempo a questa parte, un’identità moderna. È pur vero che i ruderi affascinano artisti e viaggiatori dal diciottesimo secolo – come già accennato – ma questi non sono più gli stessi. Tutto ciò che poteva esser visto in stato di romantico deterioramento oggi è stato recuperato. Quel patrimonio ha subìto una rivalutazione, è stato restaurato e in alcuni casi musealizzato.
Il rudere contemporaneo non è più il Colosseo, un tempo in parte interrato e ricoperto di vegetazione – adesso poco più che uno scenografico spartitraffico. Il viandante moderno, come Silvia durante il suo Grand Tour 2.0, ha punti di riferimento differenti. Il paesaggio dei ruderi, evocativo in senso settecentesco, non è più la campagna romana, non è più Ercolano appena dissotterrata. È un paesaggio fatto di edifici del secolo scorso, che portano i segni di un’eleganza scalfita dal passare degli anni, ad esempio l’affresco dell’ex Manicomio di Pistoia. Le colonne di un cementificio in disuso in Lombardia assumono il fascino di un chiostro medievale.
In definitiva, Silvia Camporesi offre un atlante in cui la maceria trasfigura, col suo atto artistico, in rovina. Con la stessa dignità che ebbero i gloriosi ruderi incisi dal Piranesi.