Cara Fleabag, io conosco te ma tu non conosci me, e mai mi conoscerai perché non sei reale.
Sei stata pensata, messa su carta, interpretata, ripresa, portata su un palco che è diventato il nostro schermo.
Mi hai fatto ridere ad alta voce, afferrato per la gola, tirato un calcio nello stomaco, a volte non necessariamente in quest’ordine e quasi sempre in contemporanea.
Non sei reale, e forse è meglio così: perché se tu lo fossi, se tu fossi in carne ed ossa davanti a me forse non saprei prestare attenzione e tu non mi diresti mai la verità.
Fleabag, non sei reale, ma una notte del 2019 ho fatto partire per puro caso il primo episodio della stagione ed è stato come una scarica elettrica: ti ho visto e mi sono visto, hai parlato ed è stato come se ogni tua battuta, sguardo, imbarazzo, vergogna e fallimento, fosse stata la mia.
Sai che novità? Penserai tu. Quanta gente al giorno ti scrive: io sono Fleabag, siamo uguali?
Tutti dicono di essere te, e chi sono io se non un’altra persona che ti ha sentita sotto pelle, proiettando le mie angosce nelle tue?
Mi hai attaccato sul personale ma lo dici dal primo minuto che non sei reale: fai sesso con Arsehole Guy ma guardi dritta in camera e chiacchieri liberamente con me, facendo considerazioni di cui lui non è al corrente, troppo impegnato a puntare proprio lì sotto.
Lui non lo sa che ci sono anche io, e non lo saprà mai.
È un segreto tra me e te.
Fleabag, tu mi prendi in giro, ma senza di me con chi parleresti? L’hai detto anche alla tua psicoterapeuta: hai detto che hai degli amici, che sono sempre lì, e ti guardano ovunque vai, e poi ci hai fatto l’occhiolino.
L’ultima volta che ci hai guardato eri alla fermata dell’autobus, ti sei girata lasciandoci con un cenno d’incoraggiamento e il sorriso più sincero che avessi mai visto.
Sembravi dirci: non preoccupatevi, io me la caverò, me la caverò come ho sempre fatto, potete lasciarmi andare.
Possiamo lasciarti andare anche sei hai l’orribile sensazione di essere una persona avida, perversa, egoista, apatica, cinica, depravata, e moralmente corrotta che non può nemmeno definirsi “femminista”.
Anche se non c’è nessuno che ti dice cosa mangiare, cosa indossare, che battute fare o che musica ascoltare.
Anche se sai amare più di chiunque altro, motivo per cui soffri di più.
Ma se tu non sei reale, e tu non sei me e io non sono te, con chi parlavi tutto il tempo?
Hai iniziato a chiedertelo quando è arrivato lui. Sappiamo tutti chi, no?
Non avevamo idea nemmeno noi chi fosse quel tipo, ma è stato l’unico a farti una domanda dopo quarantacinque minuti. È stato l’unico a sentire quei segreti che tu confessavi solo a noi.
Ci ha quasi beccati, ma alla fine non è riuscito a vederci, l’ha distratto la volpe.
Però è sicuramente riuscito a vedere te, e così l’hai capito.
Hai capito di essere reale anche tu, anche se non sei mai esistita.
Fleabag, te ne sei andata da un pezzo, ma ti porto dentro di me ovunque vado.
Sei quell’angolo sicuro dove va a riposare la mente quando si vergogna dei miei pensieri e non ha nessuno a cui confessarli.
Sei il commento oltraggioso, la verità che ferisce, la scopata più imbarazzante e ridicola del mondo. Sei quello che non dico a nessuno, sei quello che nascondo ma esce senza che me ne accorga attraverso uno sguardo che non riesco a controllare e parla al posto mio.
Sei la risata beffarda che mi scappa sotto i baffi mentre penso all’indicibile, il sorrisetto tra una folla di sconosciuti e nessuno sa perché all’improvviso rido da solo.
Sei la gomma sulla matita per cancellare gli errori e provarci ancora una volta.
Sei l’amore non usato, l’amore che non trova posto, l’amore che cerca tregua.
Non smetterò mai di ringraziarti per avermi confessato i tuoi segreti.
Hai messo su uno spettacolo di due stagioni per riuscire a perdonarti.
E guardando te, sono riuscito a perdonare un po’ anche me.
Fuck you then.