Talvolta, le calzature sono considerate il mezzo migliore per conoscere una persona. Vi immaginate un alto dirigente che indossa un paio di mocassini classici giallo evidenziatore con inserti verdi, rossi, marroni e blu? Beh, Caterina Belluardo si, e noi con lei!
Le illustrazioni di Keith Haring, i classici ricami, le forme e le costruzioni dei popoli originari dell’America, come Aztechi e Maya, ed i colori della fine degli anni ’80 e gli inizi degli anni ’90 delle collezioni di Thierry Mugler esplodono sulle linee classiche delle calzature firmate Caterina Belluardo, generando giochi e dinamismi materici e concettuali che, semplicemente, possono essere raccolti nel nome della collezione della designer: “MEmphis MEet ME”. «La collezione si chiama così perché è la mia interpretazione degli anni ’80 e l’ispirazione viene da Memphis, movimento italiano di design di quegli anni che, secondo me, è durato troppo poco ed è stato lasciato indietro perché non capito ed interpretato male» ci confida, quando cominciamo a parlare dei modelli che compongono la sua linea. «Ciò che caratterizza le mie scarpe sono questi accostamenti di colore che non farebbe mai nessuno e che, talvolta, lasciano un po’ perplessi quando vengono visti su carta; poi facendole vedere realizzate, le persone mi dicono “però!”»; e non ci vuole molto a capire il perché: gli accostamenti di colore e le fantasie sanciscono la peculiarità del brand che, coraggiosamente, osa in un periodo nel quale in molti non si assumono la responsabilità di rischiare.
Di origini siciliane, Modica per essere precisi, con un’influenza romana, “causata” dalla sua permanenza nella capitale durata sei anni nei quali ha studiato Scenografia presso l’Accademia di Belle Arti («Mi sono laureata con 110 e lode senza mai battere neanche un chiodo su un palcoscenico»), ed attualmente residente a Londra, una delle capitali del fermento creativo mondiale, Caterina Belluardo è balzata alle scene, quelle social prima, poi quelle del fashion system, grazie alla chiamata di Franca Sozzani, direttrice di Vogue Italia nonché direttrice editoriale del gruppo Condé Nast. Attraverso Instagram, infatti, la designer è stata condivisa sul profilo ufficiale della Sozzani e poi, dopo un breve contatto, è stata selezionata per uscire, lo scorso Settembre, sull’inserto di Vogue – Vogue Talents.
Il marchio, però, è “neo-nato”. «È una storia un po’ intricata. Il brand è stato fondato a Dicembre 2013» esordisce con la sua voce pulita, cadenzata da un accento siculo smacchiato dal tempo. Dicembre, però, non è altro che una delle tappe finali; infatti, dopo aver studiato in Sicilia, a Roma ed essere tornata a casa al Sud Italia, la sua esperienza a Londra inizia per necessità: «avevo appena finito gli studi e tornai a casa. Ma sai quando ci si sente stretti, soffocare? Mio cugino e la compagna, che vivevano già a Londra, mi dissero di andare, mi chiesero cosa stessi ancora facendo a Modica. Ci riflettei quanto bastò per partire!». Una volta arrivata «ho fatto diversi corsi brevi al London College of Fashion e, durante una delle lezioni, una delle mie compagne di corso mi chiese se avevo mai pensato di dedicarmi alla lavorazione artigianale delle scarpe» afferma, continuando poi «da sempre ho avuto la passione per le calzature ed ho sempre indossato delle scarpe particolari, capaci di rappresentarmi». Dopo quello scambio di battute con la coetanea, una scintilla si accende nella sua testa portandola «a conoscere il mondo dell’artigianato delle calzature. Fino a quei tempi avevo sempre realizzato borse o altri accessori, quanto bastava per tirarci su qualche soldo. Ma quella frase mi aveva fatto vedere la luce in fondo al tunnel, mi aveva dato una ragione di vita».
Dopo diversi successi, e dopo aver partecipato anche a “Who’s Next Pret à Porter” nel Luglio 2013, iniziano le prime difficoltà: i buyers sono incuriositi dal suo prodotto, ma vogliono prima vedere come si evolve il brand. Il cliente finale, poi, molto spesso non ha le risorse necessarie per acquistare un prodotto artigianale, di altissima manifattura, che ha dei costi molto alti. Da qui nasce la necessità di realizzare «un prodotto più commerciale, commercializzabile». Ebbe così inizio la ricerca di sponsor, di persone che decidessero di investire nel suo progetto. «Un mio amico mi presentò una donna. Parlai subito con lei e mi disse di essere disponibile ad aiutarmi per cercare i fondi. Purtroppo, però, questo non avvenne perché nessuno credette in quello che presentavo» e, quando il sogno sembrava destinato a svanire «allora lei mi disse che credeva in me, che le piaceva il mio progetto e che avrebbe investito i suoi soldi nel brand “Caterina Belluardo”. Oggi, Dale, è la mia business partner».
Le parole di Caterina, poi, si concentrano su un caratteristica importante del suo brand: «La Verità». Cosa intende per verità? «Nel senso che se tu ti fai una chiacchiera con me e poi vedi la mia scarpa capisci che è una Caterina Belluardo. E’ una questione di identità, di brand identity. Secondo me, il fashion trends è morto, e bisogna essere diversi .. E queste scarpe sono diverse». Come smentirla? Ogni scarpa ha una propria anima ed una propria essenza e, senza alcun dubbio, sono rivolte ad un pubblico che sa scegliere, che sa essere e che, soprattutto, sa imprimersi nella memoria altrui.
Parlando dei giovani, afferma: «Il mondo della moda è un mare di squali» ci dice, prima di chiudere la videochiamata. «Per vivere in questo sistema bisogna essere guerrieri, essere coscienti che quello che si crea è la propria visione; allo stesso tempo bisogna essere molto umili, perché c’è molta gente migliore da cui imparare e che, comunque, la pensa diversamente». Importante, per Caterina, è credere in quello che si fa «perché se non ci credi tu, non ci crede nessuno». Altro consiglio che si sente di darci è di essere «aperti a collaborazioni, parlare con altri designers, confrontarsi e, quindi, essere pronto ad accettare collaborazioni, per crescere .. Penso che questo sia il futuro». E noi non possiamo che essere d’accordo con lei: le collaborazioni, gli innesti, gli scambi sono il sapore della vita. E non possiamo che ringraziarla, sperando di incontrarla presto, per la piacevole ed interessante conversazione.
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Sometimes, shoes are considered the best way to know a person. Can you imagine a senior executive wearing a pair of classic yellow highlighter loafers with green, red, brown and blue inserts? Well, Caterina Belluardo does, and we do the same!
Keith Haring’s illustrations, classic embroidery, forms and constructions typical of the native Americans such as the Aztecs and Mayas, and late 80s’-early 90s’ colors of the collections of Thierry Mugler explode on the classic lines of Caterina Belluardo’s footwear, creating effects and material and conceptual dynamics that can easily be collected under the name of the designer’s collection: “MEmphis MEet ME”. «This name reminds to my interpretation of the 80s’, and the inspiration comes from the Memphis, an Italian design movement in those years which, in my opinion, lasted too little and has been left behind because they didn’t understand and misinterpreted it» she tells us beginning to talk about the models that make up her line. «My shoes are characterized by these color combinations that nobody would ever do, and sometimes leave a little perplexed when viewed on paper. Then once done, people say “wow!”». And it does not take much to understand why: the combination of colors and the patterns set forth the peculiarity of the brand that bravely dares in a period in which many people don’t take the responsibility of risking.
She is originally from Sicily, Modica to be precise, and also has a Roman influence “caused” by her stay in the Capital for six years studying Scenic Design at the Academy of Fine Arts («I graduated with honors, without never beat not even a nail on a stage»). She currently lives in London, one of the capitals of universal creative ferment. Caterina Belluardo jumped to the scene, the social first, then those in the fashion industry, thanks to Franca Sozzani’s call, editor of Vogue Italy as well as editorial director of the Condé Nast group. Through Instagram, in fact, the designer has been shared on Sozzani’s official profile and then, after a brief contact, she has been selected to issue, last September, on the insert of Vogue – Vogue Talents.
The brand, however, is “newly–born”. «It’s a story a little complicated. The brand was founded in December 2013», she begins with her clean voice, punctuated by a Sicilian accent flagged by the time. However, December, is nothing but one of the final stages; in fact, after studying in Sicily and in Rome, she came back home to Southern Italy, and her experience in London began out of necessity: «I had just finished my studies and I came home. But, you know when you feel caught, suffocating? My cousin and his partner, who were already living in London, told me to go, asking me what I was still in Modica for. I thought about it long enough to leave!». Once arrived, «I attended several short courses at the London College of Fashion and, during one of the lessons, one of my classmates asked me if I had ever thought to deal with the artisanal production of shoes» she says, then continuing, «I have always had passion for shoes and I’ve always worn peculiar shoes, that represented me». After the exchange of words with her mate, a spark ignites in her head bringing her « to know the world of craft shoes. Up to that time, I had always made purses or other accessories, enough to earn some money. But those few words made me see the light at the end of the tunnel, they gave me a reason to live».
After several successes, and after having participated in “Who’s Next Pret à Porter” in July 2013, start the first difficulty: buyers are intrigued by the product, but they also want to see how it evolves. The eventual customer also, often lacks the necessary resources to purchase a handcrafted product, with high manufacturing, which has very high costs. Hence arises the need to create «a more commercial product, a marketable one». And hence the search for sponsors, investors who decide to invest in her project. «A friend of mine introduced me to a woman. I immediately spoke with her and she told me she was willing to help me to find the funds. Unfortunately, this did not happen because no one believed in what I presented», and just when it seemed that the dream was destined to fade «then she told me she believed in me, she liked my project and that she would invest her money the brand “Caterina Belluardo”. Today, Dale is my business partner».
Caterina’s words, then, focus on an important feature of its brand: «The Truth». What does she mean by truth? «I mean that if you talk to me and then you see my shoes, you’ll realize it’s a Caterina Belluardo. It ‘a matter of identity, of brand identity. In my opinion, fashion trends is dead, and you have to be different… And these shoes are different». How disprove her? Each shoe has its own soul and its own essence and, no doubt, they are targeted to an audience that knows how to choose, knows what to be and, especially, knows how to imprint in the memory of other people.
Talking about young people, she confides: «Fashion world is a sea of sharks» she says, before closing the video call. «To live in this system you must be a warrior, be aware that what you create is your own vision. At the same time, you have to be very humble, because there are so many people better than you from whom you can learn a lot and that, however, have a different opinion from yours». To Caterina is important to believe in what you do «because if you don’t believe in yourself, anybody does». Another tip that she feel to give us is to be «open toward collaborations, to talk to other designers, to discuss, and thus to be ready to accept collaborations, to grow… I think this is the future». And we cannot but agree with her: collaborations, loans and exchanges are the flavor of life. And we cannot but thank her, hoping to meet her soon, for the pleasant and interesting conversation.
Traduzione a cura di Daniela De Angelis