Claudia Corrent – Fotografa freelance di Bolzano. Una grande passione e la forza di credere in un sogno. Andare oltre una bella foto per svelarne l’anima.

La fotografia per raccontare paesaggi e storie. Claudia Corrent sceglie tematiche profonde e le analizza con il suo obiettivo fotografico, intimo e particolare. Una passione innata che ritorna nel tempo. Quel tempo che ferma nelle sue foto, insieme alle emozioni che penetrano il cuore.

Claudia, ci racconti come e quando è nato il tuo amore per la fotografia?

Ho iniziato quando ero ragazzina, facevo editing con le foto di famiglia. A 10 anni mettevo in ordine le foto. Questa è stata la prima forma in cui si è concretizzata la mia passione per la fotografia. L’ho ripresa  quando avevo 14 anni perché mio padre mi regalò una macchina fotografica analogica e iniziai a fare alcuni rullini. A 17 anni ho ripreso in mano la macchina fotografica, ma sono stati solo episodi sporadici. A 24-25 anni ho iniziato a fare i primi rullini avendo davvero un’idea di quello che volevo fotografare. Poi sono seguiti gli studi: camera oscura, corsi universitari. Il corso di Design con Francesco Iodice, all’Università di Bolzano, mi ha cambiato lo sguardo. In quel momento la fotografia è diventato un modo per raccontare qualcosa.

Claudia Corrent
Claudia Corrent

Quali sono i tuoi ambiti d’interesse?
I miei ambiti sono diversi. Lavoro tantissimo sul paesaggio e sul paesaggio culturale. Il genius loci dei luoghi cioè quello che i luoghi vogliono raccontare: cosa raccontano delle persone, che relazione c’è tra le due. Realizzo anche lavori legati alla tematica antropologica e sociale. Prendo un tema che mi sta a cuore e lo affronto attraverso la fotografia. In questi anni ho realizzato diversi progetti legati all’età della vita. Maternità, adolescenza, rapporto di coppia. In “Mother”, ad esempio, ho raccontato la quotidianità di essere una giovane madre. Foto che raccogliessero quell’anima un po’ intima e particolare. “Amore degli altri” contiene interviste che raccontano cos’è l’amore. Nel progetto sull’adolescenza ho raccolto ritratti di ragazzi di una scuola professionale di Bolzano, dai 13 ai 17 anni, e mi sono fatta dire cosa volessero diventare da grandi, quali sono i loro sogni. Un progetto futuro sarà invece legato all’infanzia.

Cosa vogliono trasmettere le tue foto?
Sui lavori legati al paesaggio, quello che mi interessa trasmettere è far scaturire delle domande. Le stesse che mi pongo quando fotografo. C’è una relazione tra il paesaggio e le persone che lo abitano? Le persone si sentono a casa nella loro casa? Questo deriva dalla mia realtà quotidiana. Vivo in Alto Adige, una realtà molto interessante dal punto di vista dell’identità. Sono presenti tre gruppi linguistici, italiano, tedesco e ladino, perciò il concetto di identità è molto profondo in chi vive qui. Il mio interesse per i luoghi è dovuto a questo. Ci sono dei luoghi che ho fotografato che per me sono casa, fuori dalla mia vera casa. Sono i luoghi che frequento di più in questi anni: alcune isole della Grecia, Venezia. Sento più una forma di riconoscimento verso quei luoghi che ho imparato a conoscere, rispetto al mio luogo, l’Alto Adige.

Tra le tante esposizioni, mostre individuali e collettive, quale porti nel cuore?
Sicuramente una delle ultime mostre, quella a San Francisco. Avevo pubblicato delle fotografie su Il Post e il direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di San  Francisco le ha viste. È nato tutto su internet. Attraverso la rete mi ha chiesto se volessi esporre le fotografie di Venezia e del territorio lagunare a San Francisco. Ovviamente ho accettato subito, ne sono stata lusingata. È bello che qualcuno abbia  potuto apprezzare il mio lavoro dall’altra parte del mondo. Porto nel cuore anche la mia prima mostra in assoluto, allestita nella Galleria dove adesso lavoro, Foto Forum. Avevo esposto le fotografie degli adolescenti e dei loro desideri e quelle sulla maternità. La prima e l’ultima mostra sono quelle più forti. La prima legittimava il fatto che potevo fare la fotografa e l’ultima è nata grazie a internet.

Hai vinto il Premio “Festival città d’impresa ai 1000 talenti delle Venezie” e tante foto pubblicate su importanti riviste. Cosa si prova in quei momenti?
Nel momento in cui riesci a pubblicare, ti chiama il giornale famoso, la rivista specializzata, non ci credi. Non pensi stia accedendo davvero. Ho provato una grande felicità.  Capisci che vale la pena aver impiegato tempo e passione in quello che ami fare. Quando si riesce a ottenere riconoscimento è una grande soddisfazione.

Qual è, per te, il valore della fotografia?
La fotografia è un ottimo mezzo di comunicazione per raccontare il reale, quello che succede. L’ho scelto proprio perché è lo sento mio. Non so dire come e perché, è stato molto istintivo. Per me la fotografia ha un valore incredibile perché racconta e scuote emozioni. Può documentare una realtà e può anche manipolarla. Può raccontare le vite degli altri, entrare in situazioni, far conoscere cose da altri parti del mondo. Ha un valore davvero immenso. La fotografia è il mio senso, il mio modo. Se non potessi fotografare mi mancherebbe qualcosa. È il modo con cui capisco le cose e anche un modo per trovare un equilibrio. Per me ha due valori principali. Un valore oggettivo legato a quanto è importante la fotografia, nonostante la marea di immagini che abbiamo a disposizione. Poi un valore personale, calmante, come un esercizio meditativo.

The WalkMan ha come obiettivo quello di scovare e mettere in luce giovani talenti ed artisti che credono nelle proprie idee. Cosa consigli a chi, come lei, ha deciso di investire la propria vita nella creatività?
I lavori creativi sono molto complessi. All’inizio non ti danno da vivere e quindi subentra la paura di non farcela. Poi negli anni ho scoperto che alcune cose ritornano. A me è ritornata la fotografia in tempi diversi. Una passione vivrà nel tempo anche se la trascuri. Perciò va coltivata nonostante tutte le paure. Bisogna essere tenaci, testardi. È molto importante non farsi scoraggiare. Tantissime volte il lavoro non sarà apprezzato ma va bene così. Grazie a tutti i no che ho ricevuto sono riuscita a migliorare, a cambiare. Consiglio di accettare le critiche e puntare a cosa si vuole comunicare, dove si vuole andare. Bisogna avere perseveranza e anche un po’ di fortuna.