Collecteurs è una società di pubblica utilità che ha la missione di offrire al pubblico l’accesso a milioni di opere d’arte di collezioni private, altrimenti invisibili. Un museo digitale del futuro, come lo reputano i fondatori Jessica ed Evrim Oralkan, appassionati collezionisti d’arte, ma che solleva, tuttavia, qualche domanda e critica sulla sua reale efficacia.

“Collecteurs copre storie e idee autentiche che ispirano e promuovono il cambiamento sociale”

Collecteurs è una piattaforma digitale per mostrare collezioni provate chiuse al pubblico e per mettere in contatto tra loro i collezionisti. Strutturata come una società pubblica indipendente (PBC), Collecteurs si è unita, a partire dal 2018, ad altri PBC socialmente attenti come Kickstarter e Patagonia per garantire che il beneficio del pubblico sia sempre la priorità dell’azienda.

Opere d’arte storicamente importanti, pensate per essere viste, vissute e discusse, trovano in Collecteurs il loro palcoscenico: un museo digitale del futuro, collettivo e uno spazio per l’informazione, il dialogo e il networking.

Sfruttiamo il potere della tecnologia per potenziare i collezionisti e rendere più semplice la digitalizzazione, la gestione e l’esposizione delle loro collezioni senza la necessità di investire il proprio capitale per aprire un museo privato.”

Su Collecteurs si promuovono collaborazioni, si da voce a storie che possono ispirare il fare artistico o del collezionismo, si aiutano i curatori e gli studenti nella ricerca e nelle esposizioni, si vende pure (pare) e si pubblicizzano eventi culturali di vario genere. Il tutto sotto l’occhio attento e vigile dell’Advisory Board composto da Eugenio Re Rebaudengo (Fondazione Sandretto Re Rebaudengo & Artuner), Damian Bradfield (presidente e CMO di WeTransfer) e Johann König (fondatore di König Galerie).

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Ma è davvero tutto così rose e fiori?

La mia esperienza personale e lavorativa mi ha portato a sviluppare un pensiero critico riguardo la trasmissione dell’arte e dei suoi contenuti.

Abbattere le distanze tra l’artista, l’opera e il suo fruitore trovo sia un aspetto (se non addirittura l’aspetto) fondamentale del dibattito culturale contemporaneo. Come lo sono il contatto diretto con l’opera, l’ascolto del suo respiro, della sua vita. Sì, perché un’opera è viva. Una mostra, una collezione, una galleria sono luoghi attivi e in divenire, che mutano, si trasformano, parlano. Organismi che crescono e si plasmano sotto l’occhio di chi li guarda.

Una volta un visitatore, in modo provocatorio, mi ha chiesto “tu stai qui a parlare dell’opera tutto il giorno. Ma l’opera parla con te?”.  La domanda mi ha inizialmente spiazzato, ma dopo un attimo di raccoglimento ho risposto: “L’opera mi parla, sì. E mi racconta cose nuove ogni giorno”.

Ed è così.

L’esperienza artistica è  un incontro. È uno scambio.

Creare mezzi, come Collecteurs, per portare all’interno del sistema quante più persone possibili credo sia un bellissimo pensiero, ma con delle falle. La prima è quella del filtro.

Collecteurs mostra delle riproduzioni di opere, non le opere.

Ciò che noi vediamo e viviamo in Collecteurs è una riproduzione delle opere, un’idea di museo. Una realtà filtrata attraverso lo schermo e la rete. Una vera e propria barriera che si frappone tra l’opera, l’artista e il suo fruitore.

Inoltre, nell’aprire la possibilità ai collezionisti di “fare rete” tra di loro, Collecteurs non rischia di rendere ancora più inaccessibile l’arte, a portata solo di una ristretta e privilegiata cerchia di amatori? Non è forse questo il contrario della mission della piattaforma?

Ma l’arte non è per tutti?

Jonathan Monk, artista rappresentato da Lisson Gallery, a proposito del progetto afferma:

“There’s nothing an artist wants more than for their work have an audience. Collecteurs gives the public access to works that would otherwise likely be sitting in a storage facility somewhere.”

Ed ha ragione ad affermare ciò, ma la domanda mi sorge spontanea: qual è allora, in questo preciso momento storico, il ruolo che giocano le istituzioni deputate a far conoscere al grande pubblico il lavoro degli artisti, se gli artisti stessi si rivolgono a mezzi – o a non luoghi – che eliminano il contatto diretto tra il loro lavoro e il giudizio dello spettatore?

Che sia anche questa scelta una ulteriore conferma del comportamento sociale attuale, che filtra tutto attraverso un medium?

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L’allontanamento e il distacco sono le nuove forme di avvicinamento?

Un sistema culturale e artistico buono, che crede davvero nel potere dell’espressività e della creatività e che persegue con convinzione la strada della crescita sociale attraverso l’arte, a mio giudizio non dovrebbe inscatolare, ma aprire. Dovrebbe incentivare e promuovere la pratica dell’ascolto profondo e del sentire più vero, non solo farlo immaginare.

Al contempo, i grandi finanziatori e committenti contemporanei, potrebbero farsi sostenitori di questa crescita proponendo progetti pubblici, unendosi a sostegno della proposta statale, aiutando le collezioni istituzionali a non rimanere immobili. E in questo Collecteurs gioca un ruolo essenziale.

Collecteurs è, infatti, un ottimo strumento per gli addetti ai lavori. Un aiuto fondamentale e prezioso per chi deve fare ricerca, per gli studenti e per chi, in maniera più allargata, milita nel mondo dell’arte contemporanea.

Ma, con il suo essere così tecnico, non rischia di parlare una lingua incomprensibile ai più?

Quanto sono importanti i mediatori nel mondo dell’arte?

Durante una Summer School sulla progettazione artistica, il coordinatore della mia classe (artista contemporaneo italiano affermato e grande accademico), ha parlato dell’importanza dei mediatori: figure che stanno a fianco degli artisti e che sono in grado di metterli in contatto con la persona giusta al momento giusto.

Collecteurs, in qualche modo, si propone come tale perché fa da tramite tra committenza, artisti e utenza,  mettendo in relazione tra loro, anche se in modo immateriale, questi  tre attori fondamentali del sistema artistico.

Ma la mediazione è anche scambio di emozioni, di pensieri, che nasce dall’esperienza diretta e in grado di trasformare l’idea in realtà. Dov’è qui la realtà?

Forse, questa trasformazione Collecteurs la sta già attuando, ma in modo più discreto.

Forse, il mio essere coinvolta così nel profondo nella questione mi porta a non avere una visione visionaria, come invece hanno avuto i fondatori della piattaforma quando hanno deciso di impegnarsi in questa impresa.

Forse, l’arte è già di tutti e per tutti.

Forse.