Cronofagia- come il capitalismo depreda il nostro tempo è l’ultimo lavoro di Davide Mazzocco. Un testo che offre numerosi spunti di riflessione analizzando e ridefinendo i confini, non più definiti, tra il tempo della produttività e il tempo libero, quello del lavoro e quello dello svago.
Edito per D Editore per la collana NEXTOPIE diretta da Daniele Gambetta, Cronofagia ha soprattutto l’obiettivo di analizzare alcuni aspetti della nostra vita quotidiana che nel corso del tempo hanno subito continue ed inesorabili trasformazioni per confluire in un solo grande fiume ed accontentare il solo unico famigerato sistema: il capitalismo. Davide Mazzocco è scrittore, regista di documentari, autore di una decina di pubblicazioni fra cui Giornalismo digitaledel 2012, Giornalismo online del 2014 e Propaganda pop del 2016. L’autore del saggio mette in risalto tutto il tempo che la burocrazia depreda della vita attingendo dall’esperienza personale: interminabili tempi alla posta per presentare la sua dichiarazione di esenzione dal canone Rai -dal momento che non ha televisori- e la presentazione integrale e cartacea di migliaia di articoli a testimonianza dell’attività in qualità di giornalista free-lance per conto dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti.
“Davide ri-attualizza, portando numerosi casi recenti, l’analisi sui meccanismi dell’ipercapitalismo di nutrirsi del nostro tempo, offrendoci in cambio la convinzione di diventare più produttivi”- Daniele Gambetta
Il termine cronòfago è stato coniato da Jean-Paul Galibert, nel saggio I cronòfagi, i 7 principi dell’ipercapitalismo uscito nel 2015 per Stampa Alternativa. Come lo stesso Davide Mazzocco scrive nel 2015 a pochi mesi dall’uscita del libro: “La prospettiva attraverso la quale il filosofo francese analizza la realtà mette al centro del dibattito il tempo, perché è questo – non il denaro – la vera ricchezza che muove i destini del mondo.”.
“Il tempo è denaro” e questo il capitalismo lo ha capito fin da subito. Contestualizzando ed aggiornando il proverbio, ciò che sarebbe più corretto dire è che “Tutto il tempo è denaro”perché è effettivamente così. È fonte di guadagno il tempo impiegato a lavorare, ma è stata ormai monetizzata e colonizzata dal capitalismo anche quella percentuale di tempo ritenuto libero. “Per il capitalismo, invece, il tempo libero è un’opportunità per ampliare a dismisura il bacino dei consumatori.” È questa la tesi su cui si basa il saggio di Davide Mazzocco.
Dall’assalto al sonno da parte di Netflix al tempo dedicato alle inutili scartoffie burocratiche, dal fenomeno sempre più diffuso del binge watching alla costante reperibilità 24/7 a causa dell’abuso della tecnologia, dalla totale scomparsa dei tempi morti all’appiattimento alla morte della fantasia e della creatività, dalla crioconservazione alle dipendenze da social network. Sono queste alcune tra le tematiche trattate in Cronofagia.
Tematiche dolenti, quantomai attuali che coinvolgono tutti noi in prima persona e che dovrebbero far riflettere su come, in fin dei conti, chi ci rimette siamo noi, che come moneta di “non scambio” ( non riceviamo nulla in cambio!) utilizziamo il tempo che compone le nostre vite.
La progressiva scomparsa della noia dalle nostre esistenze è direttamente proporzionale allo sviluppo di dipendenze e patologie connesse all’utilizzo smonto degli strumenti digitali.
Uno dei principali problemi che, di qualsiasi natura sia la causa cronòfaga, si sta evidenziando è quel limite che prima riusciva a definire l’orario di lavoro e quello di tempo speso per se stessi, per i nostri affetti e per le nostre passioni. Il tutto si acuisce nel momento in cui si diventa, appunto, sempre reperibili. Mazzocco scrive “La proliferazione dei social network ha creato una massa di doppiolavoristi inconsapevoli in continua crescita.” ed è questo aspetto che approfondiremo di seguito.
Quante volte appena svegli, prima di andare a dormire, a conclusione di una giornata lavorativa, o in qualsiasi momento di semplice attesa, allunghiamo la mano in tasca per aggiornare la casella di posta elettronica o per controllare quel piccolo, malefico, segnale rosso di notifica a fianco del logo di Facebook? Cronofagia aiuta anche a farci ammettere che la verità è che non sappiamo più gestire i momenti morti, quelli di noia o di attesa, quegli stessi momenti che “sono stati sempre il terreno di coltura della fantasia, della creatività, dell’autocoscienza.”
Ma il tempo? Il tempo è davvero l’unica forma ricchezza irrecuperabile e tutto lo sperpero che ne facciamo facendoci governare da un’ossessione o strumentalizzare da uno strumento è un processo irreversibile
Come ormai di consueto, ogni tipo di “uso”, diventa abuso e i dati offrono una valida testimonianza allo sviluppo di patologie strettamente collegate all’utilizzo dei motori di ricerca e dei social. Personalmente, mi è capitato di essere interrotta durante una conversazione professionale perché l’interlocutore ha improvvisamente avvertito il bisogno della sua dose discrolling e double-tap su Instagram.
Nel capitolo 6 del saggio, Mazzocco scrive che il 51% dei ragazzi tra i 15 e i 20 anni controlla il proprio smartphone 75 volte al giorno ed il 7% anche 110 volte. Continua dicendo che secondo il sito Hackermoon il tempo impiegato sui social nell’arco di una vita corrisponde a un anno e dieci mesi di vita su YouTube, un anno e sette mesi su Facebook, un anno e due mesi su Snapchat, 8 mesi su Instagram e 18 giorni su Twitter, per un totale di 5 anni e 4 mesi direttamente rubati alle nostre vite da parte dei nostri smartphone, commenta Mazzocco “[…] un periodo nel quale avremmo potuto percorrere a piedi la Grande Muraglia per tre volte e mezzo e prendere trentadue voli di andata e ritorno dalla Luna! “
La vita sociale prima aveva senso. Oggi l’individuo è sempre più rivolto verso sé stesso, verso le proprie possibilità moltiplicate dalle tecnologie, e, dunque, ha voglia di saturare il proprio impiego del tempo per non lasciare spazio al vuoto che lo colpevolizzerebbe.
Il problema aumenta e diventa sempre più mostruoso quando, assodato il processo tramite cui il tempo libero, la noia, i tempi morti vengono monetizzati senza pensarci due volte, l’utilizzo smodato dei social o dei motori di ricerca letteralmente distruggono i nostri valori, le nostre relazioni, il nostro passato, i nostri ricordi, le nostre autentiche emozioni, noi stessi.
Al di là del nostro insostituibile prezioso tempo, ci sarebbe da aggiungere come i social e il modo in cui sono strutturati minano alla nostra attenzione e alla nostra capacità di apprendere informazioni.
Nel corso di così poco tempo sono state evidenziate difficoltà a leggere e capire ciò che si legge, abituati a ricevere messaggi-ovviamente pilotati- perché l’interpretazione raramente può esser davvero libera- tramite immagini preconfezionate che la maggior parte delle volte non raffigurano affatto la realtà, bensì un qualcosa, una qualsiasi cosa che semplicemente non esiste. Che si tratti di noi stessi, del nostro pranzo, di un’alba o della spiaggia dove quest’anno abbiamo deciso di passare la nostra estate (ed il nostro tempo libero!), noi ricerchiamo di riprodurre la stessa perfetta finzione della realtà senza mai trovarla ed è in quel momento che frustrazione, insoddisfazione e sensi di colpa allegramente sguazzano nelle nostre menti, avvelenando la nostra fantasia, le nostre iniziative, le nostre giornate, il modo in cui siamo fatti.
La progressiva scomparsa della noia dalle nostre esistenze è direttamente proporzionale allo sviluppo di dipendenze e patologie connesse all’utilizzo smonto degli strumenti digitali.
L’umore di un’intera giornata è condizionato da ciò che vediamo, ancora nel letto, sulle timeline. La nostra autostima è determinata dal numero di like, controlliamo spasmodicamente le visualizzazioni delle nostre stories, fornendo sempre più dettagli su chi siamo, su cosa mangiamo, su cosa compriamo, su cosa leggiamo o sulla musica che ascoltiamo, rendendo sempre più semplici le cose al capitalismo cronòfago.
È semplice. Se una pagina, come Amazon, decide di sponsorizzare un post su Facebook, ha accesso a tutti i dati che il social fornisce: sesso, età, interessi. Più tempo si interagisce con la pagina e più sono i dati che vengono raccolti sulle nostre preferenze e sulle nostre abitudini. Più è il tempo dato per conoscerci, più è semplice per il capitalismo cronòfago “indovinare” l’acquisto perfetto.
Lo stesso capitalismo che ti propone solo la notte le inserzioni di Amazon o Zalando, perché oramai sa che quasi ritualmente è la notte prima di andar a dormire che passi quei minuti apparentemente insignificanti a dare un’occhiata ai sandali per l’estate o all’ultimo libro. E si, va sempre a finire che compri il libro di Amazon prime perché “inspiegabilmente” è comunque e in troppi casi il prezzo più basso e in più ricevi l’articolo il giorno dopo….se lo compri entro le prossime 9 ore e 34 minuti.
Davide Mazzocco così termina l’introduzione di Cronofagia: “Un cambio di paradigma è possibile solo rendendo scalabili le istanze di queste voci dissonanti, cercando di allargare il bacino d’utenza di chi resiste alla predazione attraverso la conoscenza e l’informazione. Cominciamo.”
Non mi resta che dire: COMINCIAMO.