L’industria del product incontra la religione. La realtà che pensavamo essere la più distante dall’uomo del nostro secolo si sta imponendo con prepotenza come trend in Italia e nel resto del mondo, riscuotendo un certo successo.
Tornano nelle nostre case, sui nostri vestiti e sui nostri smartphone, immagini di un design sacro legate alla fede e alla tradizione cristiana, da sempre fortissima nel nostro paese. Il fenomeno che qualche anno fa si è affacciato sotto forma di rosari al collo e madonne stampate sui calzini degli skaters, prende piede proponendosi nell’operato di giovani (e meno giovani) designers.
In questa storia però, quello che non torna è il fatto che la religione si afferma in questo senso, mentre si allontana dagli usi e dai costumi dell’homo hoeconomicus del nostro secolo, in grado di monitorare, gestire e comandare fenomeni di cui qualche decennio fa si sapeva pochissimo, o nulla e che venivano dunque attribuiti al potere divino.
Pensate a quanto sia paradossale l’esistenza di queste rette parallele in cui la spiritualità cristiana e la sua rappresentazione figurativa convivono senza, forse, incontrarsi mai.
Perché sentiamo sempre meno l’esigenza di abbandonarci al calore divino, affidarci allo stesso e sempre di più quella di sventolare la bandiera della stessa religione?
Può darsi che si tratti della volontà di affermazione della propria cultura, o, al contrario, la dimostrazione di quanto essa sia ormai solo un insieme di figure affascinanti, democraticamente ridotte a pura decorazione.
In questo contesto, TuttiSanti sta riscoprendo le figure sacre che abbondano nelle credenze delle nostre nonne, proponendole in forma molto pop, con colori e linee decisamente contemporanee trasformandole in illustrazioni, o addirittura in prodotti più o meno decorativi.
Si occupa di illuminazione l’azienda Luminia, portando avanti l’eredità culturale di artigiani salentini che circa un secolo fa cominciarono a costruire architetture luminose per abbellire le città pugliesi nelle feste dei santi patroni. Riemergono così le figure che hanno costituito le nostre radici, mentre svanisce il loro senso metaforico.
Resta dunque da capire il motivo che ci spinge ad essere creatori e fruitori di tutto ciò. Come ci gratifica porre un Dio in cui non crediamo al centro della nostra produzione? Quali esigenze, pragmatiche e non, soddisfa la venerazione dello stesso?