F2A Federica Gatti, non è un marchio normale, ma la dimostrazione di come, se veramente lo si desidera, si possono raggiungere gli obiettivi, anche i più lontani.
Le sue borse nascono quasi per caso: un caso che la ha portata a comparire su numerose testate di moda e di avviare la produzione in fabbrica raggiungendo rinomati punti vendita (tra cui Yoox).
Nata nel 1990, dopo la fine degli studi alla RUFA – Rome University of Fine Arts, entra presso il Comune di Roma, sezione Urbanistica, per cominciare il suo stage formativo. Passa poco, veramente poco, prima di scoprire la sua vocazione per, in primis, l’artigianato. La sua passione per la pelle riesce a raggiungere un connubio perfetto con la sua idea di stile, caratterizzato da forme geometriche definite e simmetrie pulite. Quadrato e rettangolo hanno caratterizzato le prime due collezioni, accompagnate da linee pulite e perpendicolari. I volumi e gli spessori sono insiti nella borsa, e nell’ultima collezione, ha cercato di dare maggiore risalto ai dettagli, “secondo me fondamentali”.
Sono una persona che non ha mai studiato moda, ma che grazie alla mia manualità è riuscita a trasportare un’idea in un prodotto reale. La strada è lunga, molto, ma non ho paura e sono pronta a mettermi in discussione in qualsiasi momento!
Quando hai iniziato la tua attività e come?
Ho iniziato a realizzare i miei accessori un anno e mezzo fa circa e la borsa l’ho sempre considerata come il capo fondamentale che ogni donna deve avere.
Ho iniziato per gioco: dopo essermi comprata una borsa di pelle da un artigiano romano, e dopo essere partita per le vacanze estive, mia sorella, che vive a Londra, è tornata a Roma e, pur avendo il divieto di usare quella specifica borsa, l’ha indossata e la hanno rapinata. Non avendola più trovata e non volendo spendere troppo per ricomprarla, ho acquistato la pelle e me la sono fatta da sola. Necessità fa virtù, no?!
Proprio a proposito di “necessità fa virtù”, avevi già realizzato delle borse, o quella fu la prima?
No, in realtà io vengo da una formazione di design ed ho passato molti anni a disegnare tramezzi o altri elementi di architettura. Ho frequentato l’Accademia di Belle Arti di Roma e, in realtà, non mi avevo le basi di moda; tuttavia, cosa da non sottovalutare, mi ha permesso di fare tantissima pratica su modellini e tanta pratica durante le ore di lezione. Sono stata abituata a realizzare una cosa pur non conoscendone il disegno o senza averlo realizzato: era “sufficiente” impegnarsi, provare e riprovare, per arrivare all’obiettivo finale. E così è stato anche con le borse: avevo un’idea, ho comprato il materiale e ho provato a realizzarla, riuscendoci.
La prima borsa la ho realizzata in cucina, su un tavolo del 1930, con mia madre che si arrabbiò tantissimo. Tagliai questo super rettangolo, lo richiusi con dei lacci della Timberland e quella fu la prima creazione.
Come mai proprio la scelta della pelle?
A me ciò che colpisce tantissimo è l’odore. Mi piace lavorarela pelle vera, che si riconosce da quella non vera, che non è per forza è peggiore.
Io ho cominciato a desiderare una borsa di pelle a 13 anni una borsa e da quel momento è il materiale che mi ha graffiato il cuore diventando parte di me.
Da quando hai iniziato di strada ne hai fatta. Cosa hai provato quando i tuoi lavori sono stati inseriti nei contenuti di grandi riviste di settore?
La prime uscite furono su l’Officiel Italia e Vogue.it: mi misi a piangere. Era un grandissimo piacere vedere, lo stesso giorno, due pubblicazioni che parlassero di me e dei miei lavori.
Ogni volta che escono nuovi articoli, sono sempre più soddisfatta ma continuo a tirare dritto perché devo andare avanti, devo crescere.
Oltre alle grandi riviste, quali sono stati i complimenti e le critiche più forti che hai ricevuto?
La critica è da mia madre: lei non mi ha mai aiutato nella produzione. Quando tornavo dallo stage in Comune di Roma (sezione Urbanistica) io ero in camera e cucivo per ore ed ore. Quando lei mi vedeva, mi prendeva in giro. Tutt’ora le critica e questa cosa da figlia un po’ mi da fastidio. Dall’altra parte, però, il complimento più bello è di mio padre, mio grande sostenitore e grande spasimante delle mie creazioni.
Hai paura di deludere qualcuno?
Ho paura di deludere me stessa, in primis, perché ho lasciato un posto fisso per una cosa che sto imparando lavorando. Il secondo pensiero va al mio compagno, perché è il mio socio ed è colui che ha creduto in me ed è la mia spalla destra.
Quanto ha contato per te l’essere di Roma, considerata un po’ retrograda per il settore moda?
Roma, valutando gli spostamenti fatti negli ultimi tempi, è decisamente arretrata rispetto ad altri luoghi. Arretrata rispetto a nuovi concetti, a nuove forme, rispetto a quelle città che ospitano grandissimi marchi. Roma, altresì, mi è servita perché mi ha portato a dire che, se qualcosa non l’avrei trovata, me la sarei potuta fare da sola, rimboccandomi le maniche. Roma ha tante botteghe di tessuti, di materiali, di strumenti; se fossi stata a Milano, sicuramente, avendo quello di cui necessitavo, non avrei iniziato tutto questo.
Inoltre, a vent’anni sei riuscita a crearti un’attività tua. Quali sono stati i passaggi fondamentali?
Per avviare la produzione in fabbrica ho richiesto un finanziamento in banca. Avevo appena ricevuto una proposta da Yoox e non potevo più permettermi, per ragioni di tempistiche, di realizzare a mano i prodotti.
Senza il finanziamento, sono onesta, non si può cominciare a pensare ad una collezione.
Il tuo caso ci fa ragionare anche su un discorso importante: il lavoro. Secondo te è così difficile trovare un posto di lavoro?
Non so se è vero o meno che ci siano o non posti di lavoro; so solo che si può creare il lavoro.
Come ti vedi in un futuro? Hai in mente anche l’inserimento di nuovi accessori oltre la borsa?
Spero che questo lavoro mi porti a viaggiare e sono disposta a tanto per spostarmi da una città all’altra, rimanendo pur sempre un’artigiana – questa è una mia caratteristica che rimane e, nonostante la produzione in fabbrica, continuo a cucire. Mi piacerebbe avere tanto, tantissimo da fare.
Onestamento per ora penso solo alle borse. Ho provato a realizzare il portafoglio e gli altri accessori, ma non mi viene. Dopo la borsa, sulla quale ora mi sto concentrando a pieno, mi piacerebbe dedicarmi alle scarpe – ma quello è un altro lavoro.
Come è cambiata la tua vita privata?
Sicuramente ci sono dei periodi in cui non ho neanche il tempo di capire chi sono, soprattutto perché non ho studiato la moda e che sto cercando di capirla adesso. In altri momenti, gestendomi da sola, riesco a dedicarmi alle amicizie ed alle uscite, sempre cosciente del fatto che questo lavoro è 24h su 24h perché l’immaginazione e la creatività è ovunque.
“The WalkMan” si pone come obiettivo quello di lasciare spazio e visibilità ai giovani emergenti in qualsiasi campo artistico. Cosa ti senti di suggerire a chi ha deciso o sta decidendo di investire la propria vita nella creatività?
Sicuramente troverete persone che cercheranno di deviare la vostra strada diversa dal “normale”. Ma se veramente vi sentite dentro che quello è il proprio modo di essere creativo, quella è l’unica strada che si può perseguire.
Bisogna avere un po’ di sangue freddo, di coraggio. Non eccessivo, ma non bisogna essere deboli.
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F2A is name of the brand created by Federica Gatti. It is not just a normal brand, but the demonstration of how, if you really want to, you can reach your goals, even the most remote ones. Her bags are born almost by accident: an accident that brought her to appear on numerous fashion magazines and to start the production, reaching reputable outlets (including Yoox).
Born in 1990, after the conclusion of her studies at the RUFA – Rome University of Fine Arts – she was employed by the Municipality of Rome, in the Urban section, to begin her internship. Soon she discovers her vocation; first and foremost, crafts. Her passion for leather can achieve a perfect match with her idea of style, characterized by defined geometric shapes and clean symmetries. Squares and rectangles have characterized the first two collections, accompanied by clean and perpendicular lines. Volumes and thickness are inner in the bag, and in the last collection, she tried to give greater emphasis to details, “I think they are fundamental”.
I have never studied fashion, but due to my manual skill, I am able to carry an idea into a real product. The road is very long, but I’m not afraid and I’m ready to call myself into question at any time!
When did you start your activity and how? I began to create my accessories a year and a half ago, and I have always considered the bag as the essential chief that every woman must have. I started as a game: after I bought a leather bag from a Roman craftsman, and when my sister, who lives in London, returned to Rome and, despite the ban on the use of that particular bag, she worn it and she was robbed. Not having found it no more and not wanting to spend too much to buy it again, I bought the leather and I have done it by myself. Necessity makes a virtue, isn’t it?
Just about the “necessity makes a virtue”, did you had already made any bags, or that was the first? No, actually I come from a design education and I spent many years designing partitions or other architectural elements. I attended the Academy of Fine Arts in Rome and, in fact, I didn’t have basics of fashion. However, last but not least, it allowed me to do a lot of practice on models and a lot of practice during classes. I am used to accomplish something while not knowing the design or without having realized: it was “enough” to engage, try and try again, to reach the final objective. And so it was with the bags too: I had an idea, I bought the material and tried to make it, and I succeed. My first bag, I made it in the kitchen, on a table of 1930, with my mother who was very angry. I cut this super rectangle, closed it with Timberland laces and that was the first creation.
Why did you choose the leather? Smell is what strikes me the most. I like to knead genuine leather, the one can be recognized from the non-real one, which is not necessarily worse. I began to wish for a leather bag when I was 13, and from that time it is the material that scratched my heart, becoming a part of me.
Since you started, you made a long road. How did you feel when your works have been included in the content of important fashion magazines? The first releases were on the Officiel Italy and Vogue.it: I started to cry. It was a great pleasure to see, on the same day, two publications that talked about my works and me. Every time that new items come out, I am more and more satisfied but I still keep going on, because I have to go on, I must grow.
In addition to important magazines, which were the strongest criticisms and compliments you have received? The criticism was from my mother: she had never helped me in the production. When I came back from the stage in the Municipality of Rome, I went to my room and sewed for hours and hours. When she saw me, she fooled me. She still criticizes my creations and this thing, as her daughter, gets under my skin. On the other hand, the best compliment came from my father, my biggest admirer and supporter of my creations.
Are you afraid to disappoint someone? I am afraid to disappoint myself; first and foremost, because I left a steady job for something I’m learning on working. My second thought goes to my boyfriend, because he is my partner and he has believed in me: he is my right shoulder.
How important is for you to come from Rome, considered a bit retrograde for the fashion industry? Rome, considering the movements made in recent times, is very backward compared to other places. It is backward about new concepts, new forms, compared to those cities that host great brands. However, Rome was helpful to me because it led me to say that, if I would not have found anything, I could make it by myself, just tucking up my sleeves. Rome has many shops of fabrics, materials, and tools. If I were in Milan, certainly, having what I needed, I would not have started all this.
In addition, at 20 you managed to create you own business. What were the basic steps? To start the production in the factory, I requested a loan in the bank. I had just received a proposal from Yoox and I could not afford, for reasons of timing, to make products by hand. Without funding, honestly, you cannot begin to think of a collection.
Your case also makes us think of an important argument: job. Do you think it is so hard to find a job? I do not know if it is true or not that there is no job. I just know that you can create your job.
How do you see yourself in the future? Do you have in mind also the inclusion of new accessories in addition to bags? I hope that this work will bring me to travel, and I am willing to move from one city to another, while always remaining an artisan – this is my feature that remains – and, in spite of the production in the factory, I still continue to sew. I would have a lot, a lot to do. Honestly for now, I think only to the bags. I tried to realize wallets and other accessories, but I can’t. After bags, on which now I am fully concentrating, I would like to work on shoes – but that’s another job.
How has it changed your private life? Surely, there are times when I don’t even have time to figure out who I am, mainly because I did not study fashion and I’m trying to understand it now. Other times, dealing alone, I can commit to friendships and going out, always conscious of the fact that this a 24 hours job, for imagination and creativity are everywhere.
“The WalkMan” aims to give space and visibility to emerging young artists in any artistic field. What do you feel to suggest to those who have decided or are deciding to invest their lives in creativity? Certainly, you will find people who will try to divert your different path from the “normal” one. But if you really feel inside that this is the right way to be creative, that’s the only way you can pursue. You have to have a bit of cold-blooded and courage. Not too much, but do not be weak.
Traduzione a cura di Daniela De Angelis