Se devo trovare un modo per descrivere Flavia Abbadessa è colorata! Così come i colori sono il punto cardine della sua linea di abbigliamento per la danza. Capelli lunghi e castani, un viso delicato, la classica ballerina. Sì perché Flavia inizia a studiare danza fin da piccola, divertendosi al contempo a creare piccole cose. Il mondo del balletto, il suo mondo, l’ha portata in giro per l’Europa, dove è nata la sua linea, pensata per sé e per i suoi colleghi. The Walkman intervista una ragazza testarda e tenace, che ha trasformato la sua passione in una professione, che ha usato la sua creatività per dar vita ad un piccolo sogno.
Flavia, ballerina e stilista, la danza è la chiave di volta della tua vita. Quando hai iniziato a ballare?
Ho iniziato quando avevo due anni e mezzo seguendo una mia amica dell’asilo. Ad otto anni la mia insegnante di danza mi ha detto: “Perché non provi a fare il provino per entrare al Teatro dell’Opera?”. Ho iniziato a nove anni e ho studiato lì facendo tutti e gli otto i corsi previsti, più uno di perfezionamento.
Tu sei di Roma, ma dopo il diploma alla scuola del Teatro dell’Opera ti sei trasferita all’estero. Com’è andata? E’ stata una necessità o solo una buona opportunità da cogliere al volo?
Appena ho messo piede fuori dall’Italia ho detto: “Non torno più!”. Per carità, è un paese bellissimo sotto tanti aspetti ma per la danza.. Ogni tanto i miei amici ballerini qua in Italia mi dicono che sono snob, in realtà mi sono semplicemente accorta che fuori ci sono più possibilità. Ho studiato un anno a Boston perché ho vinto una borsa di studio per il Boston Ballet, e poi sono entrata al Teatro dell’Opera di Nizza, ma quando mi sono infortunata al ginocchio mi hanno licenziata. Non avevano così tanto bisogno di me in quei due mesi di stop che avevo programmato, per loro era necessario l’intero organico. Non ho mai avuto problemi all’estero perché per fortuna i miei genitori mi hanno iscritta fin da piccola ad una scuola inglese ed ho potuto imparare la lingua. In generale sono una persona molto curiosa e mi piace viaggiare. La mancanza, è ovvio, si sente sempre, ma infondo non ho sofferto così tanto. Ho sofferto di più quando mi sono fatta male. Non avevo idea di quanto potesse essere complicato fare il recupero da sola, non facendo parte né di una scuola, né di una compagnia che mi seguisse. Ho fatto fatica psicologicamente a rendermi conto che non facevo più parte di un ente, che non ci fosse nessuno a dirmi: “Flavia, andiamo a fare lezione!”. Ci ho messo un po’ a capire come lavorare con il mio corpo, ma una volta abbassato il volume della voce degli altri..
Come è stato l’impatto con la vita teatrale? A me è piaciuta molto! Credo che sia veramente una fortuna fare come lavoro qualcosa che ti piace. Se si riesce a vivere bene questa vita, che sì è faticosa, allora vale la pena continuare.
Tra qualche mese ti trasferirai in Florida. Cosa ti aspetta e cosa ti aspetti da questo nuovo Paese?
Sono andata in giro per il mondo a fare diverse audizioni e sono talmente contenta di aver trovato lavoro, ho lottato talmente tanto, che ho capito che non devo più lamentarmi. Se c’è una cosa che i ballerini fanno è lamentarsi per qualsiasi cosa. Appena ho messo piede fuori dall’Italia, a diciotto anni, mi sono resa conto che purtroppo la danza qui non è valorizzata. Sono entrata in una compagnia che si chiama Sarasota Ballet, dove si balla sia danza classica, sia contemporanea. In realtà a scuola abbiamo studiato soprattutto balletto, ma il neoclassico mi piace molto! Sono molto contenta di tutto quello che ho imparato, mi sento più forte e più motivata di quanto non fossi prima, sono più sicura di quello che voglio. Ho capito che ognuno deve pensare al suo piccolo e andare avanti per la propria strada. In compagnia di solito c’è molta competizione per i ruoli, si vede chi è più bravo, ma c’è competizione anche con noi stessi e credo che sia quella più sana. E’ giusto confrontarsi solo quando ti porta a migliorare, se lo fai per cercare il male negli altri allora non porta a nulla. All’estero, in quasi tutte le compagnie, ci sono ballerini che vengono da tutto il mondo, e mi è sembrato che ognuno cercasse di imparare dagli altri.
C’è un ruolo particolare che ti piacerebbe interpretare nel corso della tua carriera?
Domanda difficile! Ancora non ho trovato il mio, ma mi piace molto Don Chisciotte e in generale i personaggi di carattere, anche se in realtà tutti mi dicono che sul palco sembro più una “principessina”. Per fortuna sono ancora all’inizio. Il mio sogno è quello di andare a ballare a San Francisco, è il mio pallino. E poi mi piacerebbe molto insegnare.
Nel mondo del balletto, a lezione, gli allievi sono obbligati a vestire tutti allo stesso modo. Il tuo abbigliamento per la danza invece è colorato e fantasioso. Da dove è venuta l’idea di Susies?
L’idea di disegnare body è nata proprio nel periodo di stop forzato dopo l’infortunio. Da quando sono piccola ho sempre creato cose fatte a mano, mi sono sempre divertita a fare un po’ di tutto. Soprattutto devo ringraziare la scuola dove ho frequentato le elementari, dove ci hanno lasciato tantissimo spazio per la creatività. Ho deciso di chiamare Susies la mia linea di body perché, quando mio fratello aveva tre anni e mia mamma era incinta di me, gli leggeva sempre i libri del cane Spotty. In uno di questi a Spotty doveva nascere una sorellina di nome Susie. Mio fratello ha pensato che Susie fosse sinonimo di sorella quindi, da quando sono nata, i miei famigliari e i miei amici mi hanno sempre chiamata così! Il logo è proprio una susina.
Hai sempre desiderato poter un giorno creare dancewear per te e i tuoi colleghi ballerini, o è stato un passo spontaneo?
Durante il periodo a Nizza ho iniziato a farmi i body da sola, creandoli contemporaneamente anche per i miei amici, con una piccola macchina da cucire. Ho pensato: “Perché non provare anche questo?”. All’inizio è stato un gioco, ma quando mi hanno licenziata ho cercato qualcosa che mi tenesse la mente occupata, un infortunio può essere comunque un momento molto critico. Me ne accorgo solo adesso che è stato un modo per non pensare al fatto che non stessi più lavorando.
I capi sono disegnati da te personalmente o hai qualche collaboratore?
Siamo io ed una mia amica che fa la sarta. All’inizio, prima di aprire il sito, li cucivo da sola, ma non avendo mai studiato sartoria non saprei dire come! Poi ho incontrato questa ragazza più brava e più veloce di me a cucire, quindi io li disegno e lei mi dice cosa si può e cosa non si può fare. Quando studiavo all’Opera, dove avevamo proprio una divisa, e poi in compagnia, ho notato che molti vestivano sempre di nero, e questo mi dava un po’ di tristezza. Io amo i colori e mi rendo conto che alcuni di quelli che ho scelto sono anche molto sgargianti! Allo stesso tempo però ho scelto dei colori opachi, ma comunque accesi, utilizzando come tessuto una lycra (che può essere anche lucida).
Cosa distingue Susies dall’abbigliamento già in commercio?
Io credo che tutti i miei body siano caratterizzati dalla particolarità del doppio colore. Ogni tanto qualcuno mi chiede: “Perché non hai il nero?”. Mi piaceva l’idea che ognuno li potesse personalizzare, accostando i colori che più gli piacevano o scegliendo di aggiungere o no una manica. Dato che i ballerini viaggiano tanto ho deciso di creare un sito in modo che la vendita fosse più accessibile. Ogni capo porta il nome di una città diversa, idea sempre legata alla mia passione per i viaggi e la voglia di conoscere posti diversi. E’ presente anche una linea maschile, perché alla fine il numero di ballerini uomini è praticamente uguale a quello delle donne: ci sono accademici, pantaloncini corti, sempre dai colori vivaci. In finale posso dire che il colore sia la particolarità principale. In futuro mi piacerebbe poi iniziare a disegnare anche costumi da bagno.
Ballerina, stilista, anche imprenditrice, perché no, la creatività non ti manca di certo! Cosa potresti consigliare ad un ragazzo come te che ha deciso di puntare su se stesso e sulle proprie passioni?
Non bisogna aver paura delle proprie idee, si deve seguire l’istinto e ogni tanto non dare ascolto a quello che dicono gli altri. Se si pensa di aver scelto la strada giusta allora vale la pena seguirla. Io non ho incontrato molte difficoltà, soprattutto per la scelta di disegnare la mia linea di body. Ho avuto suggerimenti certo, ma non critiche. In realtà, ora che ci penso, siccome sono una persona molto testarda, probabilmente se ho ricevuto qualche obiezione non l’ho nemmeno ascoltata! Di certo ho avuto più difficoltà per trovare lavoro, più volte mi è capitato di sentire persone che mi denigravano per il fatto di essere stata licenziata, mi hanno suggerito di lasciare tutto e andare all’università. Ma io nella mia testa ho sempre creduto che l’avrei ritrovato, non ho mai pensato: “E’ finita qui”. E mi sono dovuta convincere ancora di più di questo, soprattutto contro coloro che mi dicevano che non è il lavoro giusto per me.
Photo Credits: Davide Gallizio
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If I had to find an adjective to describe Flavia Abbadessa, I would say she’s colourful! And the colours are the key part of her line dancing clothing. Long brown hair, a soft face, the classic dancer. Flavia started dancing when she was a child, having fun and creating little things at the same time. The world of dance, her world, brought her around Europe where her clothing line was born, thinking about herself but also her colleagues. The Walkman talked with this determined and brave girl, who transformed her passion in a job, using her creativity to give life to a little dream.
Flavia, you’re a dancer and a stylist, and the dance is the keystone of your life. When did you start dancing?
I started when I was 2 years and a half following a friend of mine. At eight my dance teacher told me :” Why don’t you try the audition to get into the Opera House?”. I started at nine and I studied there attending all the 8 courses, plus the further trainings.
You’re from Rome, but after your diploma you moved abroad. How was it? Was it a necessity or just a good opportunity?
As soon as I was out from Italy I told myself: “I’m not coming back anymore!”. I have to say it’s a very beautiful place under many aspects, but not for dancing. My friends, who are dancers in Italy, tell me I’m a snob person, but I only realized that there are more possibilities outside of Italy. I studied one year in Boston because I won a scholarship for the Boston Ballet and then I went to the Nice Opera House but I god fired when I broke my knee. They really didn’t need me in those two months of break that I planned, they needed the whole organic. I’ve never had problems abroad because my parents sent me to an English school when I was child so that I could learn the language. I’m a very curious person and I really like travelling. I feel homesick sometimes but I’ve never suffered so much. I suffered more when I got injured. I had no idea how much could be complicated recovering alone, since I wasn’t part of a school or a dance company. It was very hard not having anyone telling me :” Flavia, let’s go to class!” . It took a while to understand how to work with my body, but only turning down the volume of the of the others’ voice…
How was the impact with theatre life? I really liked it a lot! I think you’re very lucky when you do a job that really likes you. If you’re able to live this life really well, even if it’s hard, then it’s really worth it to keep on doing it.
You’re moving to Florida in a few months. What are you doing there and what do you expect from this new country?
I travelled around the world for different auditions and I’m so happy that I found a job, I worked so hard and I’ve understood that I don’t have to complain anymore.
Most of the times dancers complain about everything. As soon as I was out from Italy, at 18 years old, I realized unfortunately that dancing is not appreciated here. I danced for a company called Sarasota Ballet, where you do both ballet and contemporary dance. Actually we studied mostly ballet, but I really like neoclassical ballet! I’m very happy of all that I’ve learned, I feel stronger and more motivated than I was before, I’m confident of what I want. I understood that everyone has to think about theirselves and to go along their ways. In a company there is usually much competition for the roles, you can see who’s better, but I think that the competition with ourselves is healthier. Competition is right only when you get better, if you do it to do something bad to others then it’s not worth it. Abroad, in every company there are dancers coming from all over the world and it seemed that everyone wa trying to learn from the others.
Is there a particular role you would like to perform?
This is a hard question! I still haven’t found it, but I really like the “Don Chisciotte” and the characters in general, even if everyone tells me that on stage I look like a little princess. But I’m still at the beginning. My dream would be to go dancing to San Francisco. And I really would like to teach.
In the dance world, during lessons, the students have to wear all the same clothes. Your clothing line for dancing is in fact colourful and fantastic. Where did the idea from Susies come?
The idea of drawing bodies was actually born after I broke my knee. Since I was little I’ve always created handset things. I have to thank the elementary school I attended because they really gave me a lot of space for creativity. I decided to call it Susies because when my mom was pregnant she told the stories of a dog called Spotty to my 3 years-old brother. In one of these the story talked about the birth of Spotty’s sister, Susie. My brother thought Susie was a synonym of sister so, when I was born, my parents and my friends have always called me like that! The logo is a plume.
You’ve always dreamed of creating dancewear for you and for the other dancers, or it was something spontaneous?
During the time in Niece I started creating bodies by myself also for my friends, with a little sewing machine. So I thought:” I should try to do this!” It was just a game at the beginning, but after I got fired I was looking for something that kept my mind busy, because an injury is always something critical. Only right now I’m realizing that it was a way to not to think to the fact that I wasn’t working anymore.
Are the clothes designed by yourself or do you have some partners?
I design the clothes with a friend, who is a seamstress. Before opening the website, I sewed them by myself but I really don’t know how, since I’ve never studied design! Then I met this girl, who is really better and faster than me, so I draw them and she tells me what I can do or not do. When I studied at the Opera, where everybody had a uniform, I noticed that many were always dressing in black and this made me a little sad. I love colours and I realize that some of them I chose are very bright! At the same time I chose some opaque colours, but always using spandex (which can be shiny as well).
What makes Susies different from the other clothing on the market?
I think that all my bodies are characterized by the double colour particularity. People sometimes ask me: “Why don’t you have them in black?”. I liked the idea that everyone could make them personal, using colours that people like the most or choosing to add or not a sleeve. Since dancers usually travel a lot, I decided to create a website so that the sell was more accessible. Every piece of clothing has the name of a different city, and this idea is linked to the passion I have for travelling and seeing different places. There is also a male clothing line because the number of male dancers is equal to women’. I can probably say the colour is the principal characteristic. I would also like to make swimsuits in the future.
You’re a dancer, a stylist and a business woman as well ! What would you suggest to those people who want to rely upon theirselves and their passions?
You don’t have to be afraid of your own ideas, you have to follow your instinct and sometimes you don’t have to listen what the other people say. If you think you’ve chosen the right way, then it’s worth to follow it. I haven’t met many difficulties, mostly for the choice of having a clothing line. I’ve had many advices for sure, but not critics. It was very hard to find a job, I’ve heard many people denigrating me for being fired, they told me to leave everything and go to university. But in my head I’ve always thought I would have found it, I never thought :”It’s over”. And I had to convince myself about this mostly against those who told me this wasn’t the right job for me.
Traduzione a cura di Francesco Campagna