Francesca Noto non ha etichette. Artista, attrice, regista, creatrice di immagini distorte eppure dense. Francesca ci vuole restituire qualcosa che non sapevamo di aver perso durante il nostro passaggio distratto.
Sono capitata sul profilo Instagram @lamattinadellemerle e ho visto la bellezza. Distorta, fatta a pezzi, svincolata dai canoni e riconsegnata alla mia memoria. Il progetto è di @nonmichiamocarletta, ovvero Francesca Noto. E qui siamo subito avvertiti che stiamo parlando di molte persolanità. E molta personalità.
Il profilo di Francesca è intenso, una ragazza dai lineamenti affascinanti e dagli occhi profondi. Una modella? Un’artista? Una creatura mediterranea che indaga, indaga sé stessa e tutto cio che ha attorno.
Stavolta sono io ad essere curiosa e a voler scoprire il suo lavoro. Io e Francesca intratteniamo una telefonata ricca, lei non delude le mie aspettative.
Francesca è in Sicilia, la sua terra. Mi racconta la sua Pandemia, la sua storia, le etichette che non si riconosce addosso. Dal telefono trabocca passione, entusiasmo, dramma.
Francesca, parlaci di te. Chi sei, come non ti definisci e come vorresti essere definita? Ma soprattutto, hai bisogno di esserlo?
Parlarti di me, ho paura! Tendo al prolisso andante o all’imbarazzo tagliente di fronte all’idea di
parlare di me. Ci provo.
Mi piace pensarmi come una mutaforme.
Sono un’attrice perché adoro potermi vedere dentro come qualcuno che forse non sarò o conoscerò mai, e donarlo agli altri attraverso la mia interpretazione.
Sono regista perché amo il coraggio delle immagini messe una dopo l’altra. Perché amo cercare di esprimere attraverso la camera come qualcuno vede o sente qualcosa. La camera per forma rappresenta esattamente l‘oggetto che incarna l’ambivalenza di libertà e costrizione, trascendendo fino alla consapevolezza di star vivendo. Un concetto questo che ho conosciuto da piccola, ho capito con il tempo e continuo ancora ad assimilare.
Ed infine, sono un editor di immagini. Amo distorcerle per il semplice gusto di dar loro un mio senso diverso da quello originale. Un misto fra terapia ed egocentrismo. (ahahah)
Non mi definisco capace, ma è allettante pensare di definirmi piena. Così tanto da strabordare con
qualcosa a cui scelgo poi di dare forma. Quasi sempre una forma che fa le veci “dell’arte” e così
provo a essere capace, imparando a fare facendolo.
Beh. in reatà non sento alcun bisogno di definirmi o meno, ho provato a farlo cercando di darti una
risposta più confacente a me. Ma è stato difficile! 😉
FRANCESCA HA REALIZZATO IL VIDEO SOGNO L’AMORE, DI ANDREA LAZLO DE SIMONE. NE AVEVAMO PARLATO QUI.
Qual è il percorso artistico e il bagaglio di esperienze che ti ha resa la creativa che sei oggi?
Dopo svariate esperienze accademiche nell’ambito teatrale, ho scelto di vivere la vita come se fosse
tutto arte e provando da me a costruire un solido porto, dove poter poggiare i bagagli che ho
accumulato per divenire la creativa che sono adesso.
Dunque posso scrivere con convizione che metodo e passione si sono fusi, creando una fortissima sensazione di ordine creativo. Ma per capirlo prima ho dovuto accumulare e poi pulire. Sì al duclettering!
Fa paura la parola creatività?
Credo mi faccia piu paura la parola “senza”.
Che tipo di creativa sei?
Penso di essere una creativa molto ordinata.
Raccontaci la tua giornata tipo. Cosa fa, cosa vede e cosa immagina Francesca?
La mia giornata inizia dalle 22 del giorno prima, in cui inizio a pensare che devo provare ad andare a
letto in un orario decente. Poi molto spesso non ci riesco, ma continuo a svegliarmi oramai da qualche tempo sempre molto presto.
Bevo un caffè e guardo fuori dalla finestra mentre fumo una sigaretta in assoluto silenzio, ed ogni giorno ho un dejavu che mi fa pensare di essere già stata lì.
Inizio ad entrare in una specie di trance quando mi accorgo che tutto quello che posso vedere è una
minimissima parte del mondo di cui faccio parte. E nulla, so che tutto ciò possa sembrare al quanto
da persona con la testa per aria o più comunemente definita come sognatrice.
Ma ecco, tornando al concetto di definizione, mi piace pensare che agli altri piace definirmi. Paradossalmente non ho mai voluto essere qualcosa di diverso da quello che sono.
Dopo questo primo momento della giornata, la musica è una costante! Collaboro con mia sorella
Ivana Noto (fotografa che stimo molto), alla creazione di progetti artistici indipendenti, e c’è tanto
lavoro, causa fermo lavori per colpa del virus.
E arrivati alla sera poter usufruire della compagnia di persone, dopo un grandissimo periodo di
solitudine obbligato. Adoro cogliere ogni attimo libero, circondata dalle persone che amo e anche
da quelle che non conosco! Ovviamente sempre con le dovute precauzioni.
Cosa significa per te emozionare?
Per me emozionare significa VIVERE.
Questa è una risposta al quanto breve ma così pregna di significato per me, per cui non penso valga
la pena dare ulteriori spegazioni.
Ho avuto modo di conoscerti tramite la pagina La Mattina delle Merle. Raccontaci come è nato questo progetto.
Questo mio progetto racchiude una situazione che sovente mi si riproponeva e si ripropone ancora nelle prime ore del giorno, quando ho il mio massimo picco di creatività.
Al mattino, tempo fa, mentre lavoravo spesso sentivo cantare dei merli, che avevano un nido fuori la finestra della mia stanza, che c’è ancora oggi. Dunque pensando a me e a questo rapporto conviviale che perdura ormai da tempo, non ho potuto che chiamarmi “lamattinadellemerle”.
Il dissenso per il fotoritocco nella mia esperienza da fotomodella, diviene nella mia arte una voglia di rivalsa: utilizzando l’editing solo come strumento ed il corpo come mezzo essenziale, voglio rivelare la mia personale percezione della sublimità che vedo e sento nelle anatomie umane.
La post produzione delle foto delle persone con lo scopo di renderle socialmente accettabili rappresentano per me un rifiuto della loro autenticità, cosa diversa dal mio lavoro. Io non abbellisco io cerco di concretizzare, qualcosa di indefinibile, di astratto, che provo, ma tecnicamente per la realizzazione dei miei
progetti uso strumenti comuni messi in atto solo in un modo diverso mai estremo.
Non voglio rifiutare il corpo, ma rappresentare semplicemente l’estrema volontà di un qualcosa che è privo di corrispondenza con la realtà oggettiva; ovvero qualcosa che è dentro di me e non mi so spiegare.
Quali sono le difficoltà che può incontrare una figura come la tua, un melting pot di creatvità senza etichette univoche, nel contesto artistico e culturale italiano? Pensi di rivolgerti un giorno al panorama estero?
Il dover rispondere alla domanda “che lavoro fai?” o per esempio la gente che su Instagram non ha
ben chiaro se io sia una pagina, oppure no. Il doversi rapportare sempre ha anche creato non pochi
tumulti in quanto donna, in quanto artista, in quanto individuo che fa parte della società.
In particolare la società italiana che necessita abitualmente di un’etichetta. Però, di base, credo di
essere riuscita a trovare un equilibrio. Ho imparato a riconoscere quelli che sono i miei difetti, i miei
drammi e spesso non ti nego, che non basta.
Ricado in burrascose paranoie, come tutti del resto, ma questa consapevolezza ciclica di accettazione e non accettazione ha creato il giusto contrappeso per avere un buon rapporto con il mio Paese e il ruolo poco chiaro che assumo qui.
Amo spesso pensarmi in Francia. Dunque direi sereno e “tumultuosamente equilibrato” il mio rapporto con il contesto di cui faccio parte.
In che modo Francesca si è relazionata con l’inedito periodo storico in cui ci siamo ritrovati? Quale consapevolezza hai definito negli ultimi 12 mesi come persona e come artista?
La consapevolezza che ho acquisito in questi 12 mesi è quanto tumulto ho provato, per tutte le emozioni che mi ha suscitato questo periodo terribile.
Ma ho imparato che nel tumulto ci sono tante cose: l’amore incodizionato, la paura indescrivibile…E adoro terribilmente questo.
Mi auguro per cui di creare, dopo tutto questo, attraverso la mia personale ricerca per mezzo
dell’interpretazione, della regia e dell’editing dei quesiti che portino al raggiungimento di
un’emozione, qualsiasi essa sia.
Lo devo principalmente all’unicità della persone però questo, così uniche che, spesso basta guardarle e non sempre conoscerle per sentirle. Per questo mi sento tanto fortunata di vivere in un universo che ne è pieno.
Dove ti vedi domani? Cosa mangerai questa sera? E che obiettivo vorresti aver realizzato in cinque anni?
Domani?? Se penso al domani mi vedo già subito vecchia, e mi fa un po’ paura questo. Non tanto
per la parte estetica, ma per il corpo che si consuma ed il cervello ed il cuore che si stancano di fare
o provare le cose.
Odio pensare al domani, preferisco pensare a dove mi vedo appena finirò di scrivere queste risposte. In un bar, al Pigneto a bere un bicchiere di vino bianco più precisamente il Catarratto. Mi piace tanto.
Mi auguro di mangiare cinese stasera, ho voglia di ravioli di carne al vapore con salsa in agrodolce.
In cinque anni vorrei poter donare, tutto quello che ha donato a me, se non di più, in termini di
determinazione, energia e professionalità, l’ammirazione alla persona che amo più al mondo. Mia
sorella Ivana Noto. Ed una casa, con un Sanbernardo.
Salutaci con l’immagine di qualcosa che ti ha colpito particolarmente oggi. E prometti che rileggerai questa intervista tra cinque anni.
Oggi durante una telefonata sono riuscita a vedere l’oceano, mentre ero imbambolata a guardare
le antenne sui tetti delle case del Pigneto ed in sottofondo “Le triomphe du soleil di Hypnolove”.
Prometto di leggere questa intervista tra 5 anni. È stata certamente una bella esperienza e sono
sicura che lo sarebbe di nuovo, ma in modo diverso, tra qualche anno.