Negli anni ’70 e ’80 esplose definitivamente in Inghilterra un fenomeno che stravolse fortemente la società inglese. Iniziarono infatti a formarsi gruppi di tifosi violenti chiamati hooligans. Il problema è che queste tifoserie organizzate ponevano in testa non la loro passione calcistica ma la rabbia sociale che covavano da anni. I motivi per cui, come tutti sanno, sfogavano la loro violenza dentro e fuori gli stadi andavano quindi oltre qualsiasi aspetto calcistico. C’era disagio sociale, la disoccupazione era molto alta, la marginalizzazione giovanile era un problema serio nella società inglese e poi c’era anche tutto il discorso delle rivalità territoriali. Così gli eventi sportivi si trasformarono in pretesto per dare sfogo a pesanti violenze con il problema che diventò troppo importante per essere ignorato dal governo inglese. In quegli anni quindi ci furono delle pesanti riforme e interventi di legge in merito che andarono a combattere in maniera diretta il fenomeno. Una lotta che dura tutt’oggi, sebbene il problema sia nettamente inferiore rispetto a quarant’anni fa. Ma cosa fece l’Inghilterra per arginare una situazione che poteva sfociare in un vero e proprio disastro nazionale?

Leggi severe

Naturalmente la prima cosa che si fece fu quella di cercare di reprimere gli episodi di violenza introducendo leggi più severe, maggiori controlli fuori e dentro gli stadi, maggiori poteri alla polizia, sanzioni e divieti di accesso per i violenti. Tutto questo si chiamava Football Spectators Act e fu un complesso di leggi e azioni a contrasto del fenomeno voluto dall’allora governo guidato da Margaret Thatcher. Fu un documento duro, durissimo, tanto che ancora oggi si parla di ‘modello Tatcher’ e si discute ancora se sia giusto o no attuarlo anche in Italia anche perché, anche all’epoca in Inghilterra non si riuscì ad attuarlo nella sua completezza perché ritenuto troppo macchinoso.

Prevenzione

Successivamente si tentò anche l’approccio del dialogo con i tifosi. Non fu una scelta casuale e isolata ma si tentò proprio di creare un sistema che potesse coinvolgere la parte buona dei tifosi all’interno di una discussione su come si potevano trovare soluzioni insieme alla società. C’è da dire che questo punto fu molto importante nel processo di trasformazione del calcio inglese da terreno di battaglia a modello mondiale di ordine e sostenibilità. Un processo che ha portato oggi il calcio d’oltremanica ad essere un punto di riferimento per gli sportivi di tutto il mondo tanto che i media sono pieni di format che riguardano il massimo campionato inglese: in Italia sono popolari sia i match che i pronostici e le quote sulle sfide di Premier League. Anche in termini economici i dati della Premier sono rilevanti, rispetto agli altri campionati nazionali di calcio d’Europa. I diritti tv relativi al periodo 2025-2029 sono stati venduti per una cifra pari a 7,8 miliardi di euro. Il doppio rispetto alla Serie A.

Gli stadi

Probabilmente il vero spartiacque del calcio inglese fu la terribile tragedia di Hillsborough, quando Il 15 aprile del 1989 novantasei tifosi del Liverpool persero la vita schiacciati dalla calca in occasione della semifinale di FA Cup tra Liverpool e Nottingham Forest. In quell’occasione ci fu una sciagurata gestione del pubblico che fu fatto entrare nello stadio nonostante l’impianto fosse già pieno come un uovo. Di lì il governo chiese al giudice Peter Taylor di scoprire cosa successe e fare un rapporto dettagliato sull’organizzazione della sicurezza. Si capì che era giunto il momento di riformare completamente il calcio, partendo dalle basi. Furono imposti impianti con livelli altissimi di sicurezza, settori separati per le tifoserie, maggiori controlli all’ingresso, nessuna recinzione metallica o divisori con il campo e soprattutto tutti posti a sedere numerati. Ecco allora che non solo gli stadi divennero ambienti più sicuri ma automaticamente estromisero dall’impianto i facinorosi, favorendo l’ingresso a famiglie e fan pacifici.