Tra diagnosi mediche e nuove tipologie di macchinari, la sanità è sicuramente il campo nel quale l’intelligenza artificiale (IA) suscita al contempo le più grandi speranze e le paure più concrete.
La crescita dell’IA in campo medico e l’importanza del Big Data
Secondo uno studio di Frost & Sullivan, il mercato dell’IA per l’Healthcare è stimato a quota 6,6 miliardi di dollari entro il 2021, con un tasso di crescita del 40%. A prova dell’evoluzione del settore, le maggiori aziende tecnologiche al mondo stanno investendo sullo sviluppo dell’IA in medicina.
Google ha lanciato il progetto DeepMind Health con l’obiettivo di processare milioni di informazioni mediche, velocizzando i processi sanitari.
Tramite Watson for Oncology, IBM ha creato una piattaforma in grado di analizzare i dati delle cartelle cliniche dei pazienti e identificare il piano di trattamento più adatto.
IA e Robotica
La robotica sarà un’altra area di eccellenza e sviluppo dell’intelligenza artificiale (IA) in medicina. All’inizio dell’anno, delle dieci innovazioni selezionate in tutto il mondo dall’Osservatorio Netexplo, tre provenivano da questo campo.
Gli australiani del progetto Stentrode stanno lavorando su un dispositivo impiantabile nel cervello per controllare un esoscheletro con il pensiero.
Allo stesso tempo, l’università di Newcastle ha presentato una protesi di mano bionica che, tramite fotocamera, sceglie il modo più appropriato per afferrare un oggetto.
I limiti dell’IA in medicina
Possiamo citare tre principali ostacoli alla diffusione dell’Intelligenza Artificiale nell’Healthcare:
• Gli algoritmi di IA sono avidi di dati al fine di produrre le loro predizioni. Questi dati sono presi da cartelle cliniche contenenti immagini diagnostiche, risultati di laboratorio e descrizioni dei casi clinici. Si pone quindi il problema della sicurezza di questi dati sensibili, oltre che del loro utilizzo nel tempo.
• Il secondo ostacolo riguarda la tendenza dei dottori ad affidarsi sempre più spesso dei risultati dei macchinari medici. Questa fiducia eccessiva potrebbe condurre a errori di diagnosi e lunghi contenziosi giudiziari (“chi potrà essere imputato responsabile?”).
• Inoltre, a lungo andare, questo fenomeno può indebolire le capacità diagnostiche o prognostiche dei medici in quel fenomeno noto con il termine di deskilling. La diminuzione progressiva delle competenze di un professionista provocherebbe una comprensibile sfiducia dei pazienti nell’uomo.
Riassume bene la situazione Federico Cabitza, professore di interazione uomo-macchina all’Università degli Studi di Milano-Bicocca, sostenendo che “Essere consapevoli di questi possibili effetti [negativi] dell’IA sulle competenze e capacità di chi ci cura non vuole costituire un deterrente allo sviluppo di tali tecnologie, ma piuttosto uno sprone ad investire risorse anche in ricerche volte a comprendere queste dinamiche dell’interazione uomo-IA.” Vale sempre il principio di precauzione: prevenire per non dover curare.