Il corpo di un bambino rannicchiato sul fianco. Occhi chiusi, pugni stretti e una catena che lo tiene ancorato a terra. È la nuova opera di Jago, comparsa nella notte del 5 novembre a Piazza del Plebiscito.
Il bambino di marmo bianco si impone in tutta la sua durezza al centro della piazza simbolo di Napoli. L’opera da un milione di euro è comparsa proprio all’indomani della comunicazione ufficiale delle nuove restrizioni, in vigore su tutto il territorio italiano.
“Look down, guardare in basso” è il messaggio dell’opera. Un’assonanza con la parola lockdown, ma un diverso significato. “Look down” è un invito a “guardare in basso” ai problemi che affliggono la società e alla paura di una situazione di povertà diffusa, che si prospetta essere molto preoccupante, soprattutto per i più fragili.
Un manifesto al dolore di questa situazione emergenziale. La catena è un vero colpo al cuore, alla dura verità che intende esprimere. Il peso che rappresenta è percepibile al primo sguardo. Intenso, come il contrasto tra il bianco puro del bambino e il nero della catena che lo tiene legato.
“Il significato della mia opera? Andatelo a chiedere a tutti quelli che, in questo momento, sono stati lasciati incatenati nella loro condizione”
L’arte di Jago scuote e fa riflettere. Arriva dritta al cuore. L’intensità del suo potere comunicativo non necessita di alcuna spiegazione. Il suo marmo trasuda emozioni, potenti e profonde. Dà voce alle tantissime persone “incatenate” dalle innumerevoli difficoltà causate dalla pandemia.
Jacopo Cardillo – in arte Jago – è un artista, imprenditore italiano, nato a Frosinone e arrivato a conquistare il panorama internazionale, che lavora principalmente nella scultura e nella produzione video.
Da New York al ventre di Napoli. Jago ha scelto di trasferirsi e vivere a Napoli. Il suo nome è ormai indissolubilmente legato a quello del quartiere Sanità. Dopo il “Figlio velato” offerto ed esposto alla Chiesa di San Severo alla Sanità, Jago ha iniziato un nuovo, importante progetto.
La Chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi, riaperta dopo 40 anni di abbandono, diventa il suo nuovo spazio creativo, grazie al sostegno di padre Antonio Loffredo e Fondazione di Comunità San Gennaro. Un laboratorio per i ragazzi del quartiere, dove scolpirà un altro capolavoro: la sua personale e contemporanea versione della “Pietà”.