È un pomeriggio di metà ottobre e la temperatura è decisamente troppo elevata per le medie del periodo, mentre cammino a passo veloce per via Gallia, nel cuore di Roma.
Finalmente arriviamo all’incrocio con una piccola traversa, via Anglona, dove la scritta e la freccia dipinte su un piccolo cartello colorato, ci confermano che a poco meno di 50 metri si trova Manufactory, la bottega di ceramica artigianale dove lavora Manuela Girolami, la proprietaria. Quando arriviamo davanti alla vetrina del negozio la prima cosa mi salta all’occhio non sono le splendide realizzazioni di Manuela, ma, a dire il vero, la sua bellissima lupa nera, Africa, che, vedendoci arrivare, si gira pigramente verso di noi, mi scruta attentamente per qualche secondo e, dopo aver stipulato con noi un tacito patto di fiducia, ci permette di varcare la soglia del mondo suo e di Manuela.
La proprietaria ci accoglie con entusiasmo mentre ci accingiamo ad entrare nella sua bottega. “Tu devi essere Alessandro, vero?” ci chiede con un sorriso smagliante, facendoci strada nella sua semplice e variopinta officina. Ci sentiamo come Alice nel Paese delle Meraviglie: ogni oggetto che osservo ci sembra di non averlo mai visto prima, ogni creazione scaturita dalla fantasia di Manuela sembra un’opera unica e irripetibile, è come se qualsiasi desiderio, sogno o fantasia si possa tramutare in realtà lì dentro. Sembra un mondo magico, perduto ormai, lontano dagli stereotipi attuali e dalla produzione anonima e seriale che produce gli oggetti di cui ci serviamo ogni giorno e a cui ci siamo tutti comodamente uniformati.
Manuela sembra un po’ tesa, così, per metterla a suo agio, la invito a sedersi comodamente e a fare una piacevole chiacchierata con noi. Le chiediamo di parlarci apertamente di sé, della sua esperienza di vita e del percorso che ha intrapreso per diventare chi è adesso. “Devo partire proprio dall’inizio? Bene, allora…tutto ebbe inizio negli anni ’90..” inizia a raccontarci, scherzando. “Mi sono laureata in Storia e critica del cinema all’Università degli Studi di Roma La Sapienza all’età di ventisei anni, ma già a quell’epoca, come hobby, mi dedicavo alla lavorazione della ceramica, avendo avuto la possibilità di far pratica dentro un grande laboratorio, a Grottaferrata, specializzato nella lavorazione della ceramica, dove ho potuto imparare l’arte del mestiere e a relazionarmi con i clienti e, insomma..” Una signora con la sua bambina piccola ci interrompe affacciandosi nel negozio e cercando Africa, la bellissima lupa nera che, a quanto pare, è diventata famosa in tutto il quartiere. Conclusosi l’intermezzo, le chiediamo di continuare il suo affascinante racconto. “Sì, quindi, dicevo, una volta conclusasi l’esperienza universitaria, cercai di continuare a seguire coerentemente il percorso di studi che avevo intrapreso e provai ad addentrarmi nel mondo del cinema, iniziando a lavorare per un’industria cinematografica. Esperienza” sottolinea Manuela “ che si rivelò non affatto positiva né gratificante: infatti dovetti lavorare gratis, senza rimborsi e per un numero di ore incredibilmente elevato. In poche parole, venni sfruttata senza mai ricevere nulla in cambio. Fu così” continua “che decisi di dedicarmi totalmente a un’attività manuale che potesse, in futuro, rendermi autonoma ed economicamente indipendente. A quattro mesi dalla laurea, quindi, presi la decisione di andare a lavorare per un’associazione culturale presso i Castelli Romani, dove la mia produzione artigianale veniva venduta allo scopo di raccogliere dei fondi per essa, che li devolveva a persone con handicap fisici o mentali. Rendendomi conto che la mia produzione riscuoteva successo e permetteva di raccogliere una cospicua quantità di fondi, ed essendo supportata moralmente ed economicamente da mio padre che decise di scommettere sul mio talento artistico, presi l’iniziativa, nel lontano 2003, di aprire un’attività, in proprio, che, come puoi vedere, continuo a gestire e a portare avanti da allora, sempre con la stessa passione.”
Il nome del negozio ci ha incuriosito fin dal primo momento. Le chiediamo di spiegarci la storia di questo nome e, quindi, la storia della sua attività. “L’idea del nome deriva da un gioco di parole tra il mio nome, Manuela, e la parola “factory” (nell’accezione della parola che intendeva Andy Warhol) che insieme formano la parola ManuFACTORY che, in inglese, significa, appunto, “manifattura”. Per quanto riguarda la storia della mia attività, la mia prima bottega non era questa in cui ci troviamo oggi, ma era situata in Via Satrico, non molto lontano da qui, in un seminterrato. Sono stata per sei anni lì e devo dire che l’attività dopo poco tempo aveva già preso piede.” Le chiediamo di spiegarci cosa l’ha spinta a trasferirsi in questa nuova sede. “Il prezzo.” ci risponde. “L’affitto del locale era troppo elevato per le mie tasche. La mia è un’attività artigianale e l’introito non supera mai certe cifre. Oltretutto svolgo questo lavoro da sola e, per quanto possa essere veloce e fantasiosa nel creare i miei prodotti, posso disporre solo delle mie mani e il tempo che ho a disposizione non è illimitato. Perciò, di fronte a me, a quel tempo, si prospettavano solamente due opzioni: chiudere o spostarmi in un locale il cui affitto fosse per me più accessibile. Optai per la seconda. Ma non senza conseguenze.” Ci spiega, con una nota amara nella voce. Questo spostamento ha avuto, infatti, conseguenze evidenti, che possiamo notare noi stessi: il negozio si trova oggi in una strada privata, in parte defilata e secondaria rispetto alle arterie principali del quartiere. Come ha fatto allora a sopravvivere fino ad oggi, come è riuscita a superare i limiti evidenti della nuova locazione? Cerchiamo di farcelo raccontare da lei.
“Ho dovuto lavorare duro, sicuramente. Innanzitutto, ho sfruttato i lati positivi della posizione del mio nuovo negozio: ad esempio la possibilità di poter esporre gli oggetti in vetrina, direttamente sulla strada, un dettaglio da non sottovalutare in un mestiere artigianale come il mio, dove c’è la necessità di mettere in “bella vista” il prodotto realizzato, in modo che esso possa esser ammirato e apprezzato dai passanti. E poi, la pubblicizzazione del mio lavoro. Essa è, ormai, indispensabile per chi, come me, svolge un lavoro manuale a contatto diretto col pubblico, e non può più basarsi solamente sul classico “passaparola” fra le persone che hanno acquistato i prodotti dal mio laboratorio. È sorta la necessità di imparare a utilizzare i social network, la rete di diffusione più capillare ed estesa che esista al giorno d’oggi. Su questo secondo punto sono ancora un po’ inesperta” ammette timidamente Manuela “ma sto cercando di stare al passo con i tempi.”
La sua attività, ci spiega, consiste nella vendita e progettazione di manufatti e semilavorati in terracotta. “Io mi occupo prevalentemente della decorazione, perché acquisto in fabbrica il materiale grezzo, realizzato a mano. La particolarità del mio lavoro consiste nella fantasia: le mie creazioni sono polifunzionali e si adattano bene a diversi contesti. Ad esempio con i bottoni posso decorare delle collane, creare degli anelli o impreziosire un vestito. Io cerco di distanziarmi da una tecnica di lavorazione della ceramica tradizionale poiché mi baso su un approccio più moderno, più creativo e versatile con le materie prime.
“per me l’artigianato consiste nel toccare, manipolare, elaborare delle materie prime.”
“Ciò che mi rende più felice è creare qualcosa che sia unico ed originale nel suo genere, qualcosa a cui il cliente si possa affezionare e possa rivendicare orgogliosamente come suo.”
Manufactory, inoltre, dà la possibilità di seguire dei laboratori per imparare l’arte della ceramica: “all’interno di una lezione a settimana, che ha una durata media di 2-3 ore, io ti insegno a creare dei prodotti con l’argilla o a decorare su degli oggetti già preesistenti. È garantito che durante una lezione l’apprendista riesca a creare almeno un paio d’oggetti. L’offerta è rivolta a tutte le fasce d’età, dal bambino di cinque anni alla madre in carriera.”
“Le persone che partecipano ai miei laboratori mi regalano sempre un’immensa soddisfazione” ci rivela Manuela. “Leggere nei loro occhi l’entusiasmo per aver creato un oggetto con le proprie mani e per averlo decorato secondo il proprio gusto e i propri desideri, mi regala una gioia immensa. L’oggetto creato a mano, infatti, si differenzia da quello prodotto in fabbrica proprio per questo suo unico valore aggiunto.”
“Non sono io a dover giudicare quando un lavoro è artistico o meno, ma per me un’opera si può definire artistica quando riesce a suscitare in tutti una qualche emozione.”
Ma la crisi economica e le ferree regole del mercato, ci confessa, la stanno mettendo in ginocchio. Per riuscire a far fronte a tutte queste difficoltà Manuela, non volendo alzare i prezzi dei propri prodotti, è costretta ad avvalersi di conti vendita presso grandi negozi nel centro della città che vendono alcuni dei suoi prodotti. Ma le commissioni sono altissime e, come se non bastasse, ad esse si devono aggiungere anche le tasse: il guadagno che ne resta è davvero misero. “Avrei potuto iniziare a vendere articoli più commerciali, non artigianali” ci confida Manuela, “ma io sono orgogliosa di essere un’artigiana e non voglio svendere la mia creatività per far fronte alla crisi. Rinuncerò a una cena fuori, ma preferisco restare fedele ai miei principi.”
Al giorno d’oggi, l’artigiano è un mestiere è sempre più raro ed elitario. Quando le chiediamo se secondo lei questa tradizione può ancora avere un futuro in Italia o è destinata a scomparire, ci risponde così: “Secondo me l’artigianato in un’epoca di omologazione come la nostra ha un valore ancora più importante, nonché una grande potenzialità educativa verso le nuove generazioni, e per questo lo Stato dovrebbe promuovere quest’attività piuttosto che sopprimerla. Oltretutto i manufatti artigianali costano all’incirca come quelli prodotti in fabbrica, con la differenza che il prodotto artigianale può essere personalizzato secondo il gusto del cliente e si crea, in tal modo, un oggetto finito che è unico nel suo genere, quindi con un valore artistico e affettivo di gran lunga più grande rispetto a quello di un oggetto anonimo e seriale. L’Italia è uno dei maggiori produttori di ceramica al mondo” afferma con orgoglio Manuela “e dovrebbe impegnarsi a valorizzare di più la sua tradizione artistica e manifatturiera, o rischierà di perderla.”
Le sue ultime parole di questa piacevole intervista sono: “Nella mia vita le soddisfazioni più grandi me le ha date il mio lavoro, perché quando il lavoro viene a coincidere con la tua passione, in ogni creazione riesci a trasmettere una parte di te. Il consiglio che posso dare a chi, come me, ha deciso di scommettere sulla propria creatività, è di credere in quello che si fa, di credere in se stessi e tenere sempre duro.”
Quando esco da Manufactoy, mi sento diverso. Manuela, con la sua energia contagiosa e la passione che riversa nel suo lavoro, mi ha insegnato a non smettere mai di credere nei propri sogni, perché, a volte, possono avverarsi.
[divider]ENGLISH VERSION[/divider]
It’s a mid-October afternoon, and it’s too hot for this time of the year, while I make my way at a brisk pace through via Gallia, in Rome.
I eventually arrive at via Anglona where a colored sign shows me that I’m not too far from Manufactory, a handcrafted pottery workshop where its owner Manuela Girolami works. As soon as I stop at the shop window, the first thing that catches my eye is, rather than Manuela’s splendid creations, her beautiful black she-wolf, Africa, who lazily turns in my direction and lets me in after looking at me for a few seconds.
The owner happily greets me. “You must be Alessandro, right?”, she asks as she leads me through her simple yet colorful shop. I feel like Alice in Wonderland: every single piece is unique, every tangible idea from Manuela’s imagination makes it look as if any fantasy or dream could come true there: a magic world, now lost in the modern, anonymous serial production process that makes the everyday tools and objects we use.
Manuela looks a bit tense, so I try to put her at ease and start a nice chat with her. I ask her to talk freely about herself, her own experiences and the journey she had taken to get where she was. “Well, it all began in the 90’s” she tells me. “I got a degree in History of Cinema when I was 26 but I already used, as a hobby, to make earthenware pottery, as I had some experience from my training days in a workshop in Grottaferrata specialized in ceramic processing where I learned many things and…” A lady suddenly enters the shop and her child goes looking for Africa, who became well-known in the neighborhood. “As I was saying”, she reprises, “Once my university years were over, I tried to follow my course of studies and started working in the film industry. Sadly, it was neither a positive nor a satisfying experience: I had to work for free, with no refunds and for far too long, so I decided to devote myself wholly to a job that comprised manual labor so that I could one day be economically independent and autonomous. Four months after I got my degree, I started working for a cultural organization at the Roman Castles where my handcrafted pieces were sold to gather funds for charity aimed toward disabled people. As I realized that my creations were very successful and managed to rake in a decent amount of money, with my father backing my activity up both morally and economically, I decided, in 2003, to start working independently, which, as you can see, I still do with the same passion as before.”
I had been wondering about the shop’s name. She then goes on to explain it to me. “The idea behind the shop’s name stems from a wordplay between my name, Manuela, and “factory” (as Andy Warhol meant it) which combined together make ManuFACTORY. My first workshop wasn’t the one we’re in now: it was in Via Satrico, not too far from here, in a basement. I had been there for six years and my business took off right from the start.” So why did she move to a now place? “The price” she replies. “I couldn’t afford to pay the rent. As a craftswoman, my income is not very high. On top of that, I work alone and, as quick and creative I can be, I only have my two hands to work with and I don’t have all the time in the world. Therefore, I was left with two choices: closing down the business or moving somewhere else with a more reasonable rent. I chose the latter, but not without its consequences.” As a matter of fact, moving places had indeed an unfavorable aftermath: the shop is set in a private street that is partly hidden compared to the neighborhood’s arterial roads. So how did she get by up till now? How did she overcome the limits of her new placement?
“I had to work very hard. First of all, I looked on the bright side of things and exploited the advantages of my new shop: for example, I could showcase my pieces by the shop window, directly to the road, a detail which is not to be underestimated in a handcrafting job such as mine, where you have to show off your products so that they can be admired and enjoyed by passers-by. That, and the promulgation of my works, which is fundamental for people who, like me, live by craftsmanship, keep a direct approach with the public and can’t rely on mere word of mouth from customers any longer. I needed to learn how to use social networks, the most widespread system of information exchanging there is nowadays. I still have a long way to go” she shyly admits “but I’m trying to keep up.”
Her business, she tells me, consists in producing and selling earthenware handicrafts. “I mostly take care of the decorating, as I buy the raw materials myself. What really defines my job is creativity: my pieces are versatile and work well in a multitude of contexts. For example, I can use buttons to decorate necklaces, make rings or ornate a dress. I have a more modern approach to traditional ceramic manufacturing, making the most out of raw materials.”
“To me, handicraft is touching, handling, and elaborating raw materials.”
“What makes me the happiest is creating one-of-a-kind pieces, something that may grow on the customer who can claim it as their own.”
Manufactory holds workshops to learn ceramic crafting: “I teach how to make clay items or decorate pre-existing objects once a week for 2-3 hours. The attendees are guaranteed to successfully realize at least two pieces per lesson. The workshop is available for people of all age.”
“People who attend my workshops are my greatest reward” Manuela confesses. “Seeing the excitement in their eyes after making something with their own two hands and decorating it to their tastes truly fills my heart with joy. A handmade object has a unique added value to itself.
“I’m not one to say whether something is a work of art or not, but I think that causing people to feel newfound emotions definitely fills the artistic criteria to me.”
It’s not all good news for Manuela, though: the economical crisis and the strict market regulations are really holding her business down. In order to face these hurdles without raising the prices, Manuela is forced to sell her products as consignment goods through local markets, but commissions are very high and there are also taxes to pay: there is very little profit out of it. “I could have started selling more commercial items” she says, “but I take pride in being an artisan and I don’t want to sell out my creativity to overcome the crisis. I’ll have to make some sacrifices but at least I’ll stay true to myself.”
It’s rare to see craftsmen still working nowadays. When I ask her whether she thinks that this line of business can still prosper or that it’s doomed to be lost, she replies as follows: “I believe that in a modern mainstream-leaning culture such as ours, handicrafts are more important than ever before as well as a great educational resource towards new generations: this is why the state should support this business rather than suffocate it. Furthermore, handmade products come at roughly the same price as the mass-produced ones, but the former can be tailored to better suit the customer’s tastes so as to make a unique piece with an artistic and emotional value far greater than an anonymous, mass-produced object. Italy is among the greatest producers of earthenware goods” proudly asserts Manuela “and it should really endorse its manufactured business, or it might soon disappear.”
Before I take my leave, she says: “In my life it has been my job to give me the greatest joys, for when your passion and your job are one and the same, you always leave bits of yourself in everything you realize. To people who, like me, chose to live by their creativity, I suggest to always believe in yourself and in what you can do.”
As I exit Manufactory, I feel different. With her positive spirit and overflowing determination, Manuela taught me that if you believe hard enough, dreams may very well come true after all.
Traduzione a cura di Furio Duratorre