Marco Arguello ha avuto la capacità di incamerare gli stimoli ricevuti e plasmarli per adattarli perfettamente al suo sguardo.
Marco Arguello è un fotografo autodidatta classe 1985, nato a McAllen, Texas, da genitori paraguayani, ha iniziato ad avvicinarsi alla fotografia intorno ai vent’anni, dopo aver acquistato la sua prima reflex digitale, ma è con l’approccio alla fotografia analogica che ha iniziato a cercare la sua dimensione stilistica e a portare avanti la sua ricerca visiva.
Esiste la possibilità che essendo autodidatta si sia costretti ad informarsi di più autonomamente e a cercare maggiormente di allenare il proprio sguardo e la propria sensibilità osservando i lavori dei grandi fotografi e cercando un proprio gusto anche tra i contemporanei. Con questo non si vuole assolutamente sminuire il valore delle scuole o delle accademie, piuttosto si vuole dire che, senza la guida costante di un docente, l’unico modo per un autodidatta di sviluppare il proprio sguardo è quello di sovrastimolarsi autonomamente, per arrivare a formare un proprio occhio, più o meno maturo, che evolverà costantemente nel tempo.
Questo è un processo ben visibile nella fotografia di Marco Arguello, nei suoi lavori si rintracciano spesso elementi e stilemi che richiamano ad altri autori; impossibile non pensare a Martin Parr, al quale lo stile di Marco Arguello si rifà indubbiamente, colori vividi, situazioni e soggetti molto kitsch, ritratti con un approccio molto diretto e senza troppi sofismi. Una similitudine che è di certo la più immediata a un primo sguardo, ma oltre questa si ritrova anche un approccio che ricorda molto quello dello Stephen Shore di American Surfaces, quando andava in giro per l’America a fotografare quello che si trovava davanti, fosse anche i pasti che mangiava durante il viaggo, e volendo anche quello del Wim Wenders fotografo, che essendo costretto a raccontare storie, dato il suo ruolo di regista, come fotografo vuole mettersi dall’altra parte e riprendere solo ciò che i luoghi che attraversa gli restituiscono, senza narrazioni ulteriori.
Lo stesso Arguello, infatti, definisce il suo lavoro come un’attenta osservazione di ciò che lo circonda, senza lo sforzo di cercare una speciale narrazione ma semplicemente con la volontà di creare una sua realtà grazie agli spunti che gli vengono offerti da ciò che trova intorno a sé.
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La fotografia di Marco Arguello si presenta quindi come un mix di elementi, il suo approccio e la sua estetica si mescolano e danno come risultato delle immagini che raccontano probabilmente il suo più grande talento: la capacità di assorbire quello che ha visto, i lavori dei fotografi che lo hanno stimolato, e di riuscire a rielaborare tutto a proprio modo per dare vita al suo personale sguardo e al suo modo di raccontare ciò che lo circonda attraverso una macchina fotografica.