Marta Blue è una fotografa, comasca di nascita e milanese per lavoro, che da sempre è vicina al mondo dell’arte e alla comunicazione, ma la sua principale esigenza è quella di fare ricerca fotografica.
I soggetti preferiti di Marta Blue sono spesso le persone; ma non solo, non in maniera banale, i suoi ritratti sono ricchi di dettagli o incentrati su particolari del corpo, c’è contatto e sensualità, ci sono molti accessori.
Il suo immaginario si rifà a Il cielo sopra Berlino, un film dove un angelo, che ha il compito di monitorare dall’alto lo scorrere della vita quotidiana della capitale tedesca, si affeziona particolarmente alla natura umana e la indaga; così fa Marta Blue, come l’angelo Damiel di Wim Wenders, dalle sue foto traspare un legame con ciò che fotografa, non c’è mai l’impressione che sia una osservatrice distante, è dentro l’opera e la sua fotografia ha la capacità di trasmettere questa sensazione.
Gli accessori e gli oggetti che inserisce all’interno delle sue fotografie, che a volte interagiscono con i soggetti, a volte diventano soggetti essi stessi, arricchiscono di dettagli i suoi lavori e il senso di coinvolgimento che le sue immagini sprigionano. Non si tratta mai di fotografie scontate, neanche quando si tratta di un “semplice” ritratto; si percepisce sempre che c’è qualcosa dietro, soprattutto quando si tratta di foto maggiormente criptiche, meno narrative, che potrebbero correre il rischio di sembrare poco chiare e quindi superficiali, ma al contrario non si percepisce mai disonestà intellettuale in queste opere, non ci sono pose vuote, c’è sempre una sovrastruttura che però lascia intravedere una sostanza che la definisce dall’interno.
Marta Blue ha la capacità di incuriosire il suo spettatore, la sua è una fotografia anti-didascalica, mette a disposizione un’immagine, fa sì che l’osservatore si faccia delle domande e a queste non risponde, giustamente, perché la sua fotografia stimola e lascia la libertà di plasmare individualmente l’esperienza dell’osservazione della stessa.