Da oltre 20 anni Massimo Vitali fotografa le spiagge italiane come un luogo equalitario che mette a nudo i costumi delle persone che lo abitano.
Massimo Vitali nasce a Como, nel 1944, e già dalla fine delle scuole superiori sceglie di studiare fotografia al London College of Printing. Inizia quindi fin da giovane a lavorare come fotografo, percorre però un percorso particolare che arriverà alla sua maturazione nell’arco di circa trenta anni.
Inizia a lavorare come fotoreporter negli anni ’60, collaborando con varie agenzie e riviste, per poi passare al cinema come direttore della fotografia.
Il momento in cui Vitali capisce di aver bisogno di usare la fotografia come il mezzo di una personale ricerca artistica coincide con la discesa in campo di Silvio Berlusconi, è il 1994 e l’impreditore milanese vince le elezioni diventando il nuovo capo del Governo.
Per quanto le due cose possano sembrare lontane è lo stesso Vitali a confermarne la consequenzialità, afferma di aver iniziato questo lavoro per la voglia di “vedere in faccia la gente che ha votato Berlusconi”
Nel 1995, quindi, nasce Beach Series e Massimo Vitali si avvicina alla fotografia d’autore a 50 anni, mosso dalla voglia di conoscere le persone attraverso un luogo particolare come la spiaggia.
Per quanto la scintilla politica possa essere stata fondamentale, il lavoro di Vitali prosegue da oltre venti anni ed ha assunto i connotati di un’operazione antropologica e sociologica.
Attraverso un’estetica fatta di leggere sovraesposizioni, contrasti lievi e colori pastello, il fotografo esprime il suo bisogno di essere vicino alla gente che fotografa.
Una visione particolare di vicinanza, tra l’altro, infatti Vitali, nonostante sia abituato a scattare da circa 5 metri di altezza rispetto ai suoi soggetti, quando parla del suo lavoro parla di ritratti e rivendica questa definizione difendendola da chi pensa che un ritratto sia definito solamente entro una certa distanza. Semplicemente un ritratto deve parlare di una persona ed i suoi riescono a farlo anche da distanze che potrebbero sembrare proibitive.
La spiaggia gli viene incontro in questa operazione in quanto luogo equalitario che ha la qualità di far riaffiorare gli usi e i costumi dei suoi frequentatori. Citando Augè è un non-luogo, un posto in cui le persone sono più naturali e si prestano ad essere osservate, si mettono in mostra le relazioni e si limano le differenze tra le classi sociali. Per il fotografo è il luogo in cui i cambiamenti della società risultano macroscopici.
La spiaggia è anche il (non)luogo delle non-storie e della banalità delle azioni, in certi momenti sembra non succedere nulla eppure l’occhio vuole indagare i retroscena della normalità.
In questo probabilmente traspare il lascito dei lavori da fotoreporter eseguiti in età giovanile.
Massimo Vitali non sottrae né aggiunge, semplicemente gli basta quello che c’è.