Michela Petrocchi è una giovanissima fotografa italiana che racconta della nostra tradizione, dei gesti, dei luoghi e dei saperi di cui siamo tutti eredi.
Il profilo instagram di Michela Petrocchi mi è capitato per le mani come una piccola gemma preziosa. Una ricerca ben definita, il territorio e i suoi abitanti, con tutti i piccoli riti magici tramandati dalla loro storia.
Immagini intense, momenti e passioni condensati in bianco e nero attraverso le rughe, le mani e gesti di sapienza e creatività. Qualcosa non troppo comune per Instagram.
Osservare le foto di Michela Petrocchi fa tornare piccoli, fa venire voglia di pasta fatta in casa, di mangiare un frutto colto dall’albero. Fa osservare con curiosità un’essenza antica che non perde mai il suo fascino.
In queste immagini ci sono i nostri nonni, le nostre memorie estive, le gite fuoriporta. Ci troviamo la nostra cultura, la nostra eredità, ci sentiamo tutti parte del nostro territorio, di un’identità comune.
Questa, la visione di Michela. Che a soli 21 anni ha sentito l’esigenza di essere connessa alla sua terra, raccontarla e tenerne memoria per poterla vivere in un futuro consapevole che non può prescindere dal territorio.
Quando hai deciso di farti portavoce di racconti? Cosa significa per te essere Michela che fotografa?
Fin da bambina sono sempre stata molto affascinata dalla fotografia, mi piaceva (e mi piace ancora) sfogliare i vecchi album di foto antiche dei nonni, soffermandomi sempre sui dettagli delle persone e dei luoghi. Ho quasi sempre avuto una piccola macchina fotografica con me, scattavo spesso le foto ai miei animali.
Così, ho deciso di frequentare il Liceo Artistico dove ho potuto approfondire le prime basi sulla fotografia. Mi interessava molto.
Intraprendendo poi, dopo la maturità, un percorso all’Accademia di Belle Arti, con indirizzo Fotografico, ho iniziato a capire il vero significato della fotografia: raccontare e comunicare qualcosa attraverso la macchina fotografica.
Ho deciso qualche anno fa di iniziare a fotografare ed evidenziare, alcune realtà del mio territorio che mi colpivano, che meritavano di essere ricordate, come antichi mestieri che ancora oggi sono attivi, artigiani, contadini, scene di vita quotidiana, o semplicemente il territorio stesso.
Mi piace parlare con la gente e scoprire le loro storie.
Essere Michela che fotografa è per me semplicemente, mettere alla luce ciò che è importante da sapere e ricordare.
Che fotografa sei? E quale personaggio della nostra generazione sei, come vedi il tuo presente?
Mi piace raccontare e documentare quello che per me è importante, come in una sorta di reportage. La mia fotografia da qualche anno ha preso una direzione ben precisa, ovvero parlare della mia Terra, con scatti che restituiscono una parte di ciò che siamo e di ciò che diventeremo. Utilizzo sempre il bianco e nero, una scelta che trasmette l’immediatezza del momento sfruttando i chiaro scuri dell’immagine.
Cos’è per te la Terra, che valore ha la parola territorio? Quali i significati, quali i segreti?
Sono una persona molto legata alla Terra, ho sempre vissuto in campagna, adoro le piante, gli animali e tutto quello che riguarda la Natura.
Per me la parola territorio, ha un valore molto importante, perché lo vivo ogni giorno: non significa solo luogo geografico costituito dalla Natura e dal paesaggio, ma è anche un insieme di storia, tradizioni e culture, che si esprimono attraverso il patrimonio artistico, le tradizioni ed i prodotti locali.
Nelle fotografie racconto storie, luoghi e persone che lo abitano. Immortalando le persone, si può portare a conoscenza di chi le guarda quello che stanno vivendo in quei luoghi, spesso appunto dimenticati o ignorati.
Se fossi nata in un’altra parte del mondo, avresti deciso di raccontare la stessa essenza dei luoghi e delle persone?
Vivendo in questo presente, credo di sì. Sono dell’idea che ogni territorio abbia la sua storia, la sua essenza. C’è sempre qualcosa da mantenere in vita e da ricordare, come in una sorta di “diario”, soprattutto per le generazioni future.
Come scegli i tuoi soggetti e come sviluppi la tua ricerca? Raccontaci il tuo processo creativo.
Non c’è una scelta vera e propria, vivendo in un piccolo paesino, conosco benissimo quasi ogni persona. Penso quindi a ciò che merita di essere portato alla luce e ricordato.
Il mio approccio è improntato sulla spontaneità, non alle pose, entrando nella scena per raccontare la verità di ciò che sta accadendo.
Cosa pensi del tuo operato creativo fino ad ora e soprattutto adesso in un periodo di crisi sociale, umana e globale? Pensi possano esserci sviluppi interessanti per la tua ricerca?
Finora mi ritengo soddisfatta del mio operato creativo, anche in un momento di crisi, come quello odierno. Per quanto riguarda i progetti che ho realizzato, ho ricontrato apprezzamento per il mio lavoro, soprattutto per i personaggi che scelgo.
Utilizzando come supporto la tecnologia e quindi i social, condivido i miei scatti per mostrare che ciò che fotografo esiste, che va promosso per la sua essenza e per ogni sua particolarità.
Come ti immagini il futuro della tua fotografia?
Spero che il futuro della mia fotografia continui in maniera positiva, essendo comunque legato ai temi sopra citati.
Sono convinta che grazie alla fotografia si possa cambiare positivamente la sorte di qualcosa, esplorando ciò che non sempre conosciamo, ma che può arricchirci personalmente.
E come immagini il futuro del territorio?
Desidero che il mio territorio riesca recuperare il tempo perduto, allo scopo di valorizzarsi.
Essendo una zona lacuale e delicata, spero che riesca a formarsi non un turismo di massa, ma un turismo culturalmente interessato a ciò che possiamo offrire: storia, cultura, prodotti tipici e contatto con la Natura.
Attraverso un’identità dei luoghi e delle tradizioni, rivolgendosi a coloro che sono alla ricerca di percorsi al di fuori di un turismo standardizzato, che amano i sapori legati ad un’antica usanza, offrendo nuove forme di turismo alternativo e sostenibile.
Lasciaci con un’immagine che potrebbe parlare di tutti noi, che potrebbe riguardarci. Raccontaci un tuo ricordo fotografico, una delle tante storie dietro un tuo scatto che ti ha lasciato un’emozione diversa.
Vi lascio con tre immagini che fanno parte di un mio progetto fotografico realizzato lo scorso anno. È un ricordo che porto nel cuore, delle fotografie che rappresentano l’essenza ed il carattere dell’ultimo artigiano del legno rimasto nel mio paesino, Claudio detto “Lallo l’Attore”.
Fuggire dalla quotidianità del paese, rifugiandosi nel suo laboratorio quasi sconosciuto, lo porta alla ricerca della sua verità, con quadri di storia del territorio.
L’artigiano che ho cercato di rappresentare è quello che solitamente si copre della sua professionalità: quello schivo o quello un poco attore, quello passionale, ma è sempre quello che ama il suo lavoro.
In un’Italia moderna, dove la figura dell’artigiano ha quasi perso la sua importanza, ho voluto far emergere il grande valore del lavoro manuale, legato a una creatività personale, a una grande passione e ad una competenza tecnica. È un’immagine che potrebbe parlare di tutti noi.