Mirko Leuzzi. Mi fermo un istante a pensare come iniziare questo articolo. Ho una quantità di incipit nella mia testa che devo fare ordine.

Mirko Leuzzi è un artista all’improvviso. Mirko è un fenomeno, o un matto. Mirko ci fa o ci è? Ecco cosa penso quando appare nel mio feed come un animale selvatico.

Ho conosciuto Mirko Leuzzi qualche anno fa, mi si presentò come “uno che muove gente”. Non un pr, non un influencer, qualcuno dietro la scena ma ben conosciuto a Roma. Qualcuno di cui hai bisogno se vuoi “creare una situazione”. Me lo spiegava così mentre lo incontravo la prima volta a Roma Smistamento per organizzare un evento cui tenevo particolarmente. Nemmeno allora avrei saputo dire se ci stesse facendo o se ci fosse, se dovessi fidarmi o meno. Se, in generale, avessi capito cosa facesse nella vita.

Fatto sta che organizzammo un evento bellissimo. Siamo rimasti in contatto su Instagram, dove Mirko è popolare, e muove gente. Poi Mirko Leuzzi sparisce. La sua pagina di facciata si dissolve ed appare un profilo personale. Mirko è in viaggio nell’Est Asiatico e dopo un vagare senza meta e senza limiti, torna per metterci in crisi con una spontaneità inedita.

Ma ci fa o ci è?

Poco importa, questo nuovo profilo mi rapisce e lo seguo con una discreta dipendenza, ponendomi la stessa domanda ad ogni post. Ma ci fa o ci è?

Poi, di punto in bianco si interrompono le immagini dei viaggi senza meta, di una vita in autostop, di scene scattate con aquapix o sfocate e spontanee, le foto della nonna. Appare invece un dipinto, che mi spiazza. Mi arriva subito.

Mirko Leuzzi dipinge?

Ne vedo solo tre, di quadri. E decido di interessarmi a fondo. Mirko Leuzzi dipinge sì, e in un modo suo. Dipinge senza sosta, produce di tutto, migliora in continuazione. Passa da soggetti di invenzione a ritratti, introduce scenari, racconti, nuove turbe. Passa da tre colori primari a tutta la tavolozza. 

Una produzione esplosiva che lo porta ad essere circondato dalle sue creazioni durante il periodo della pandemia, quando si isola nella sua casa a Santa Marinella e dipinge soltanto. Casa è uno studio d’artista. Mirko è un artista. Mirko organizza la sua prima mostra intima a casa sua, per i suoi amici, lì dove è  stato isolato per mesi.

Ci si può svegliare un giorno ed essere artisti? E chi siamo noi per definire il concetto di artista? “Potevamo farlo anche noi” il quadro di Mirko Leuzzi? 

In un certo senso Mirko ha trovato qualcosa di suo soltanto e ha deciso di offrircelo, senza farsi troppe domande. Allo stesso modo, ci offre rinnovati interrogativi sull’idea di arte e dei suoi attori. 

Come definire tutto questo nella nostra contemporaneità? Fino a che punto la nostra generazione non si pone limiti? Qual è  la nostra produzione? Viviamo senza regole, senza correnti artistiche, siamo isole ma interconnessi come mai. 

Alimentiamo un periodo che racconta di quanto siamo inaspettati, poliedrici, tuttofare che sgomitano per farsi spazio nella realtà assurda in cui viviamo. In un momento in cui pare si sia già visto tutto. Un’epoca che ci pone la questione d’espressione, che ci offre nuovi mezzi, nuovi canali. 

E allora noi domani ci svegliamo, e siamo artisti.

Mirko. Chi sei e come ti definisci? Chi è  il Mirko Leuzzi che crea? Sei sempre tu?

Sono un ragazzo di 28 anni, che ha 30 anni da 5 anni. Ho sempre avuto una situazione agiata che mi ha permesso per molti anni di rilassarmi tra le braccia dell’ozio, sprofondare nelle tentazioni delle donne ed affogare in fiumi d’alcol. 

Sono una persona troppo sensibile e troppo debole, che ha sviluppato una forte capacità nel dissolversi pur di sopravvivere. Anche se io vivo non ci sono stato, una volta, per qualche mese. 

Spiegare chi io sia potrebbe risultarvi illusorio e pesante, quindi per il momento preferisco andare avanti con le altre domande e magari lasciarvi assaggiare un pezzo della mia storia alla volta. 

Per la domanda su Mirko Leuzzi, non riesco a dividere il Mirko creativo dal Mirko non creativo. Questo non significa che io sia sempre creativo o che non lo sia mai. Il punto è che non so bene cosa possa farmi capire la distinzione. 

Non so se io sia la stessa persona che intendi, perché non so quando entro in modalità creativa, né so se possa esserci sempre, o se io ci sia mai stato, né tantomeno so cosa significhi essere creativi.

Credo questa intervista ci lascerà con più domande che risposte, ma ci provo. Quando hai iniziato a dipingere e perché? Cosa pensi abbia influenzato la creazione di questa tua nuova dimensione e a cosa ti sei ispirato in principio?

Non ho mai avuto doti spiccate nel disegnare e probabilmente non le avrò mai, non ho mai avuto nessun rapporto con il disegno. I miei unici disegni risalgono alle scuole medie. Ora che ci penso, l’unico rapporto che avevo con il disegno era il fatto che amassi osservare le persone disegnare, mi ipnotizzavano. 

Qualche mese fa decisi di regalare alla mia ex ragazza un quadretto, pensavo di fare qualcosa di originale, visto che praticamente non avevo mai disegnato nella mia vita. Una mia amica mi prestò un cavalletto e dei colori. Non so quanto quel regalo piacque alla mia ex. 

Da quel momento, la notte tornavo a casa e magari con qualche drink in corpo, mi avvicinavo sempre di più a quel cavalletto che continuavo a guardare attratto ogni notte. 

Poi, un giorno, cominciai a buttarci del colore, dappertutto, come quando cominci a scopare a 30 anni.

Mi svegliavo pieno di colore addosso, sulle lenzuola, e quasi senza ricordare nulla di cosa avessi fatto. La mattina mi appariva un disegno che nella notte, su un cartone o su qualche cosa avevo realizzato. 

Erano mostri, volti di mostri. Non trasmettevano rabbia, trasmettevano dolore. E da questi mostri iniziai a dipingere. Il fatto che fossi convinto che quei disegni mi dicessero qualcosa di me, mi spinse a continuare. 

Un altro motivo fu semplicemente l’apprezzamento dei miei amici. Sono una persona insicura che sente di non avere un ruolo in questa società. Sentirmi apprezzato mi spinse a continuare a dipingere senza capire bene il perchè. 

Che significato ha poi assunto per te realizzare un quadro? Vedi ciò che hai prodotto come arte? 

Fare un quadro è come conversare con una persona al bar, o come scopare una sconosciuta. Non ci vedo nulla di meno artistico, ad esempio, nelle lacrime che ho versato. 

Come scegli i personaggi e i colori? E questi personaggi cosa ci vogliono dire? O non ci stanno dicendo davvero niente?

Ci sono dei momenti in cui scelgo dei personaggi, è proprio in questo momento che mento a me stesso, mi obbligo ad evadere dalla mia alienazione per illudermi di essere come gli altri. 

I quadri veri invece, quelli in cui disegno con le dita, quelli che mi sporco di colore fino alle palle, in quelli non scelgo il soggetto, non esiste, esiste nell’istante che io lo osservo. Non esiste prima, io non lo conosco, in quei quadri mi immergo nei colori e utilizzo me stesso per mischiarli, quello che esce fuori non si sa. 

I miei quadri sono qualcosa che accade, accade in ogni secondo, anche meno, e anche i miei soggetti accadono, e spesso hanno delle braccia strane, delle spalle trasparenti. 

Perché dipingere e perché farlo accadere oggi?

Dipingo perché dipingere è un linguaggio ed è un canale che ho scoperto facile per poter dire la mia. Dipingo perché entro in contatto con la mia sensibilità che prende forma con quella materia. E poi dipingo perché sento che farlo mi conferisce un ruolo in questa società che sento così lontana da me. Dipingere può salvarmi la vita, potrebbe. 

Quando hai iniziato a realizzare ritratti?

I ritratti reali, che poi dovremmo anche discutere sul concetto di reale, li ho fatti solo per  soldi e per costruire appunto una mia immagine, un mio ruolo nella società, una posizione. Non mi priverei mai dei miei quadri, quando me li commissionano invece non li sento così tanto miei e e ne posso separare.

Se non avessi dipinto, cosa avresti fatto nel tuo isolamento?

Se non avessi dipinto sicuramente avrei scritto, sono la persona più criptica e affascinante che conosca ogni giorno, e che purtroppo ha la debolezza di non avere la forza di non riuscire ad affrontare gli eventi della vita.

Cosa vuoi dipingere domani?

Domani voglio dipingere te, stanotte sognerò quello che poi domani avverrà.  (Nota dell’autrice: lo ha fatto sul serio).

Non so se questa cosa mi diverte o mi mette pressione. Veniamo alle domande importanti. Che ti sei mangiato oggi?

Oggi ho mangiato cous cous con melanzane del mio orto.

Una domanda necessaria con cui concluderei riguarda il sesso. Stando in solitudine durante il periodo della pandemia, creare e dedicarti alla tua arte è stata una forma di piacere inedito? Produrre arte può essere auto erostismo piuttosto che cura di sé? 

Limitare le mie relazioni sociali mi ha fatto capire che non ne avevo più già da tempo. E questo mi ha fatto capire di più quanto stessi male. 

Stare lontano da tutto in maniera quasi forzata a causa della pandemia mi ha reso più consapevole e mi ha messo al contrario in contatto con quel che mi circonda e con me stesso in maniera intensa ed inedita. 

Spero di poter fare del buon sesso in futuro, ora sono sicuro ormai di non averlo mai fatto.


Mirko Leuzzi. Suddenly, the artist – Interview

Mirko Leuzzi. I’m going to stop for a moment and think about how to start this article. I have a lot of incipit in my head that I have to put in order.

Mirko Leuzzi is an artist all of a sudden. Mirko is a phenomenon, or a nutcase. Is Mirko in or out? That’s what I think when he appears in my feed like a wild animal.

I met Mirko Leuzzi a few years ago, he introduced himself to me as “someone who moves people”. Not a pr, not an influencer, someone behind the scene but well known in Rome. Someone you need if you want to “create a situation”. That’s how he explained it to me when I first met him in Roma Smistamento to organize an event I particularly cared about. Not even then would I have been able to say if he was doing it or not, if I had to trust him or not. If, in general, I had understood what he was doing in life. 

The fact is, we had a beautiful event. We stayed in touch on Instagram, where it’s popular, and it moves people. Then Mirko Leuzzi disappears. His front page dissolves and a personal profile appears. Mirko is traveling in East Asia and after a wandering aimlessly and without limits, he comes back to put us in crisis with an unprecedented spontaneity.

Is he in or out?

Doesn’t matter, this new profile kidnaps me and I follow it with a fair amount of addiction, asking myself the same question at every post. Is he in or out?

Then, suddenly the images of aimless journeys, of a hitchhiking life, of pictures taken with aquapix or blurred and spontaneous, the pictures of grandmother are interrupted. Instead a painting appears, which kills me. Does Mirko Leuzzi paint? 

I only see three paintings. And I decide to take a deep interest. Mirko Leuzzi paints, yes, and he does it his way. He paints nonstop, produces everything, improves all the time. He goes from subjects of invention to portraits, he introduces scenarios, stories, new turmoil. He goes from three primary colors to the entire palette.

An explosive production that leads him to be surrounded by his creations during the pandemic period, when he isolates himself in his house in Santa Marinella and only paints. Casa is an artist’s studio. Mirko is an artist. Mirko organizes his first intimate exhibition at his home, for his friends, where he has been isolated for months.

Can you wake up one day and be an artist? And who are we to define the concept of artist? “We could have done it too” Mirko Leuzzi’s painting?

In a way Mirko found something of his own and decided to offer it to us, without asking too many questions. In the same way, he offers us renewed questions about the idea of art and its actors.

How to define all this in our contemporary world? To what extent is our generation not setting itself limits? What is our production? We live without rules, without artistic currents, we are islands but interconnected as never before.

We feed a period that tells of how unexpected, multifaceted, all-rounders we are, who are all scurrying to make room for ourselves in the absurd reality in which we live. At a time when we seem to have already seen everything. An era that raises the question of expression, that offers us new means, new channels.

And then we wake up tomorrow, and we’re artists. 

Mirko. Who are you and what do you call yourself? Who is the Mirko Leuzzi you create? Is it always you?

I’m a 28-year-old boy who’s been 30 for five years. I have always had a comfortable situation that has allowed me for many years to relax in the arms of idleness, sink into the temptations of women and drown in rivers of alcohol.

I am a person who is too sensitive and too weak, who has developed a strong ability to dissolve in order to survive. Even though I live, I wasn’t there once for a few months. 

Explaining who I am may be illusory and heavy, so for the moment I prefer to go on with the other questions and maybe let you eat one piece of my story at a time. 

For the question about Mirko Leuzzi, I can’t separate creative Mirko from non-creative Mirko. That doesn’t mean I’m always creative or never creative. The point is, I’m not sure what makes me understand the distinction.

I don’t know if I’m the same person you mean, because I don’t know when I go into creative mode, nor do I know if I can always be there, or if I’ve ever been there, nor do I know what it means to be creative. 

I think this interview will leave us with more questions than answers, but I’ll try. When did you start painting and why? What do you think influenced the creation of this new dimension of yours and what inspired you in the beginning? 

I’ve never had strong drawing skills and probably never will, I’ve never had any relationship with drawing. My only drawings date back to middle school. Now that I think about it, the only relationship I had with drawing was the fact that I loved watching people draw, they hypnotized me.

A few months ago I decided to give my ex-girlfriend a picture, I thought I would do something original, since I had never drawn before in my life. A friend of mine lent me a easel and some paints. I don’t know how much my ex-girlfriend liked that gift.

From that moment, I would come home at night and maybe with a few drinks in my body, I would get closer and closer to that easel that I kept looking at attracted every night. 

Then one day, I started throwing paint all over the place, like when you start fucking at 30.

I woke up full of color on the sheets, on the sheets, and almost no memory of what I’d done. In the morning a drawing appeared to me that in the night, on a cardboard or on something I had made.

They were monsters, monster faces. They weren’t transmitting anger, they were transmitting pain. And from these monsters I began to paint. The fact that I was convinced that those drawings told me something about myself, pushed me to continue. 

Another reason was simply the appreciation of my friends. I’m an insecure person who feels like I don’t have a role in this society. Feeling appreciated pushed me to continue painting without really understanding why.

What did it mean for you to make a painting? Do you see what you have produced as art? 

Making a picture is like having a conversation with a person in a bar, or fucking a stranger. I can’t see anything less artistic in the tears I shed, for example.

How do you choose the characters and colors? And what do these characters want to tell us? Or are they really not telling us anything? 

There are times when I choose characters, it’s at this very moment that I lie to myself, I force myself to escape from my alienation to delude myself into being like the others.

The real paintings, on the other hand, those in which I draw with my fingers, those in which I get dirty with color up to my balls, in those I don’t choose the subject, it doesn’t exist, it exists in the instant that I observe it. It doesn’t exist before, I don’t know it, in those paintings I immerse myself in the colors and use myself to mix them, what comes out is unknown.

My paintings are something that happens, happens in every second, even less, and my subjects also happen, and they often have strange arms, transparent shoulders.

Why paint and why make it happen today?

I paint because painting is a language and it’s a channel that I found easy to say. I paint because I get in touch with my sensitivity that takes shape with that matter. And then I paint because I feel that doing so gives me a role in this society that I feel so far away from me. Painting can save my life, it could.

When did you start doing portraits?

The real portraits, which we should also discuss about the concept of real, I made them only for money and to build my image, my role in society, my position. I would never deprive myself of my paintings, but when they are commissioned to me I don’t feel they are so much mine and I can separate them.

If you hadn’t painted, what would you have done in your isolation?

If I had not painted I would surely have written, I am the most cryptic and fascinating person I know every day, and who unfortunately has the weakness of not having the strength to face the events of life.

What do you want to paint tomorrow?

Tomorrow I want to paint you. Tonight I’ll dream about what happens tomorrow. (Author’s note: he really did it).

I don’t know if this is fun or pressuring me. Let’s get to the important questions. What did you eat today?

Today I had couscous with eggplant from my garden.

One necessary question I would conclude with concerns sex. Being alone during the time of the pandemic, was creating and dedicating yourself to your art a new form of pleasure? Can producing art be self-erosticism rather than self-care?

Limiting my social relationships made me realize that I didn’t have any more. And that made me realize more how bad I was feeling.

Being away from everything in an almost forced way because of the pandemic made me more aware and put me in touch with my surroundings and with myself in an intense and unprecedented way.

I hope I can have good sex in the future, now I’m sure I never did.