Musei 2.0 – Il museo in senso moderno nasce in seno alla cultura illuminista del Settecento. Prima di allora, le collezioni di opere d’arte non godevano della dimensione pubblica. A partire dal precoce esempio dei Musei Capitolini – aperti nel 1734 – sino ad oggi, i caratteri peculiari dell’istituzione-museo possono riassumersi in: pubblicità delle collezioni, luogo fisico ospite delle stesse, pubblico fruitore delle opere d’arte e degli altri servizi.
Musei 2.0 – Negli ultimi vent’anni, con l’avvento di Internet prima e del fenomeno social network poi, i musei hanno manifestato – su scala mondiale – aperture sempre maggiori nei confronti di queste nuove tecnologie. Vengono così definiti musei 2.0.
Possiamo definire, dunque, musei 2.0 le istituzioni che adottano strategie, nel contesto di fruizione, di natura digitale. Tale necessità è stata recepita, da parte delle istituzioni, poiché la società odierna è globalizzata e dinamica, proiettata dai social network in un universo parallelo ove svolgere le proprie attività. Il mondo della musica, delle informazioni, persino degli affari è legato indissolubilmente alla sfera social. I musei, non ultimi, necessitano dunque di apparati tecnologici che vengano incontro a questo nuovo modo di usufruire del mondo.
Il fenomeno dei musei 2.0 sembra stravolgere, apparentemente, la natura e la semantica del luogo; in verità ne migliora l’utilizzo da parte di tutta la comunità – fine ultimo dell’istituzione. Si tenga conto, infatti, che il museo contemporaneo nasce per disporre a tutta comunità il patrimonio culturale (opere d’arte, ritrovamenti archeologici, oggetti scientifici o di costume). Le esigenze della comunità sono in trasformazione, specie negli ultimi vent’anni, anche in funzione del rapporto che ha instaurato con la tecnologia. L’introduzione nei musei di quest’ultima, dunque, prevede una maggiore partecipazione del pubblico al bene comune. Naturalmente, tale digitalizzazione viene programmata in base alle differenti esigenze di un pubblico che è variegato. I visitatori dei musei sono una categoria trasversale. Vi sono studenti, studiosi, curiosi, addetti ai lavori e semplici cittadini. Il pubblico differisce per età, estrazione sociale, formazione.
Perché è meglio essere 2.0.
I musei 2.0, coadiuvati dalle potenzialità infinite e a basso costo dei nuovi media, possono mirare alla migliore soddisfazione delle richieste di un pubblico così diversificato. Possono sfruttare la gratuità delle piattaforme come Facebook o Twitter per utilizzarle come strumento di marketing. Possono migliorarne la promozione – soprattutto in merito a strutture secondarie, riferite a realtà locali, la cui conoscenza è limitata. Possono altresì rendersi “aperti” agli occhi di un pubblico abituato a guardare al museo come a un’istituzione austera, poco consona a essere ospitale nei confronti della comunità. Sicuramente, poi, la digitalizzazione delle proprie collezioni abbatte la barriera dello spazio fisico del museo, garantendo l’accessibilità del cittadino a un patrimonio che si trova altrove. Il MoMA di New York, ad esempio, ha reso disponibili online, e scaricabili gratuitamente, tutti i cataloghi delle mostre tenutesi dal 1929 ad oggi. Un’operazione che garantisce maggiore accessibilità agli archivi da parte degli studiosi, ma anche dei cultori, o dei semplici curiosi.
I musei 2.0 in Italia e in Europa: il progetto Mu.SA.
Il progetto Mu.Sa (Museum Sector Alliance) è realizzato da 12 organizzazioni, provenienti da Italia, Grecia, Portogallo e Belgio. Si occupa di identificare profili e competenze digitali necessari per la digitalizzazione dei musei. Inoltre, si propone di realizzare corsi di formazione in linea con i bisogni dei professionisti museali. La prima fase di ricerca è iniziata nel 2016 con l’appuntamento Innovazione digitale e musei tenutosi al MAXXI di Roma. Nella definizione degli obiettivi, la comunicazione è stata fissata come colonna portante per l’inclusione del pubblico nell’organigramma dei musei. Ciò perché nei musei 2.0 l’attenzione è centralizzata al pubblico, vero protagonista del complesso museale. Mu.SA prevede che curatori, responsabili e addetti ai lavori debbano istituire profili comunicativi vincenti nei confronti del proprio pubblico – ricordiamo, sempre più caratterizzato da molteplici target – per un’adesione totale di quest’ultimo alla fruizione dei musei ma anche, e soprattutto, a produrre cultura attraverso la propria esperienza.