Ostia Clean-Up – Grazie alla passione di un gruppo di ragazzi, Ostia sta conoscendo un risveglio civico di persone di tutte le età, che raccolgono i rifiuti dalle spiagge e se ne prendono cura nel rispetto dell’ambiente.
Per farci raccontare questa iniziativa abbiamo incontrato Giordano Margaglio, un Millennial con gli occhi sorridenti, che ha deciso di agire e di farlo ora che non c’è più tempo.
Ciao Giordano, com’è nato Ostia Clean-Up?
Ostia Clean-Up è nato nel Marzo del 2019 dopo che ho vissuto in Indonesia per alcuni mesi.
Lì ho fatto un tirocinio in un centro di ricerca sugli tsunami e mi sono reso conto di quanto manchi completamente la concezione di riciclaggio, con le spiagge sommerse dai rifiuti.
Insieme all’organizzazione per cui lavoravo abbiamo deciso di organizzare dei clean up durante i quali ho potuto vedere quanto i rifiuti si accumulino sulla spiaggia, rendendone impraticabile l’utilizzo.
Tornato ad Ostia ho capito che questo problema era presente anche qui. Una volta sono andato a farmi un giro sulla spiaggia e ho raccolto 20 kg di rifiuti. Sentivo di aver fatto una cosa utile per la città, ero felice e ho caricato una foto: ho ricevuto tantissimi commenti di persone interessate ad accompagnarmi un’altra volta. Così la seconda eravamo in 6, la terza raccolta eravamo in 40 e quella dopo 110.
Da quel momento è scoppiato il fenomeno Ostia Clean-Up.
Come avete gestito Ostia Clean-Up? Che tipo di feedback avete ricevuto?
Abbiamo deciso di dedicarci a tempo pieno ad organizzare Clean Up. Ne facevamo uno a settimana, ogni sabato, riuscendo a mobilitare sempre tante persone. Con il tempo, essendo un’organizzazione piuttosto impegnativa, abbiamo deciso di darci date meno frequenti e contestualmente cercare di agire come promotori di un cambiamento di visione che parta proprio da Ostia.
Abbiamo ricevuto tantissimi riscontri che ci hanno motivato ad andare avanti. Prima di tutto dai cittadini, di tutte le età, che hanno partecipato ai Clean Up. Poi le istituzioni che hanno cercato di intercettare questo fenomeno per replicarlo a larga scala e infine diverse aziende, come Decathlon, Booking.com, Parley for the Oceans.
Secondo te come si possono implementare questi processi di partecipazione della cittadinanza?
La cosa che mi ha colpito è che questo fenomeno sia partito proprio da Ostia. Si parla tanto di questo territorio per la criminalità e la mafia. Io ci sono cresciuto e molti stereotipi, purtroppo, sono veri.
Appena è partito il progetto, in tanti mi hanno detto “volevo farlo anche io, grande che lo hai fatto tu”.
Molti stanno lì lì per fare qualcosa, ma gli manca una guida, una leadership che li smuova a prendere iniziativa. Noi in questo caso siamo stati ciò di cui il territorio aveva bisogno. In questo momento storico, lo dimostrano tanti movimenti che stanno nascendo, non serve un’idea geniale, ma tanta voglia di fare, di mettersi in gioco e poi la gente, in modo naturale, partecipa.
Per far partecipare la cittadinanza bisognerebbe dare ascolto e strumenti ai giovani. Creare le condizioni per far nascere progetti e assecondare i fermenti che sono già in atto. Ad esempio, in ambito creativo-culturale, se ci fosse uno spazio come Roma Smistamento ad Ostia sono sicuro che un sacco di giovani andrebbero lì e farebbero parte delle iniziative.
Un’altra battaglia che portiamo avanti e per cui sentiamo forte la partecipazione, è quella delle concessioni balneari. Dovrebbero durare 12 mesi invece diventano delle proprietà, nonostante non vengano rispettati i doveri per ottenerle, tra cui quello della pulizia delle spiagge. Anche su questo vogliamo impegnarci per abbattere il lungomuro che separa la città dal mare e promuovere un ricambio nelle concessioni.
Cosa ne pensi di Greta Thunberg? Cosa rappresenta per te?
Greta l’ho sempre difesa a spada tratta. Parliamo di una ragazza di 16 anni che sta facendo una cosa positiva. Ha risvegliato la coscienza di milioni di persone in tutto il mondo, soprattutto giovanissimi, e lo ha fatto in modo naturale.
Anche fosse “telecomandata da qualcuno”, come alcuni dicono, comunque il suo messaggio è stato positivo.
Il contributo maggiore che sta passando, al di là del movimento Fridays For Future, riguarda proprio fare un passo in più nel cambiare prospettiva: dovremmo modificare atteggiamento nei confronti della natura e trasformare lo schema della società consumistica.
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Se finora tutte le azioni adottate contro il cambiamento climatico non hanno portato risultati concreti, cosa si dovrebbe davvero fare per invertire la rotta e iniziare un ciclo virtuoso?
Secondo me bisogna agire su due livelli.
È fondamentale che i governi prendano decisioni per ridurre le emissioni di CO2. Sono loro che possono effettivamente dare una direzione diversa e noi cittadini non possiamo che premere affinché venga data una svolta. Ovviamente molti pensano sia impossibile cambiare le leggi o l’atteggiamento di un governo. A quel punto diventa più efficace il secondo livello, agire facendolo dal basso, partendo dai singoli individui.
Bisognerebbe scoprire dentro se stessi un rapporto con la natura come si aveva nell’antichità, un rapporto di rispetto, sentendoci parte di questo sistema ecologico. Nel momento in cui ci poniamo al di sopra di esso siamo destinati ad estinguerci.
Quello che stiamo facendo come Ostia Clean-Up nelle scuole, andando a spiegare ai ragazzi la nostra esperienza e i nostri principi, è proprio di riconnettere gli studenti con la natura.
Andare in spiaggia, stando tre ore a raccogliere rifiuti insieme ad altre persone, ti cambia. Quando poi vedi il tuo amico che butta per terra il mozzicone di sigaretta, ti arrabbi. Senti che qualcosa è cambiato e acquisti una consapevolezza diversa. Se riuscissimo a portare questo impatto su una scala più ampia, allora tutti noi avremmo una relazione diversa con la natura.
Ormai tutte le aziende stanno facendo greenwashing introducendo agende di sostenibilità ambientale nelle loro attività. Secondo te, si sta creando un hype esagerato verso la sostenibilità ambientale?
Sinceramente, questo rientra nel discorso che tutto segue “la moda”.
Nel 2018 è nato il boom della “moda ambientalista”, grazie a Greta, e tutti i grandi brand rappresentanti del capitalismo hanno cominciato a fare marketing improntato all’ambiente. Questo è il sintomo di una società malata, di un modello di vita sbagliato.
Da una parte, ti fa capire quanto il capitalismo sia resiliente da poter prendere una cosa che lo attacca, farla propria, e rigirare la frittata. È un sistema inattaccabile.
D’altra parte, come può essere negativo se a un’impresa a cui finora non fregava niente ora faccia cose positive per l’ambiente, pur se a scopo di profitto? È pur sempre qualcosa.
Certo, stona un po’ l’idea di essere ricchi con quella di essere ambientalisti: se ti interessa tanto l’ambiente e vorresti fare qualcosa per proteggerlo, perché poi devi arricchirti? Con Ostia Clean-Up ad esempio abbiamo lanciato il merchandising impegnandoci a reinvestire tutto ciò che guadagniamo.
No plastica monouso, meno carne bovina, più bici e mezzi pubblici. È difficile cambiare il proprio stile di vita, figuriamoci convincere altri a farlo. Pensi ci sia bisogno di uno stile di comunicazione più efficace per cambiare le nostre abitudini? In che direzione bisognerebbe andare?
Al momento c’è tanta disinformazione e confusione. Ad esempio, molti non sanno come fare la raccolta differenziata e pensano sia una cosa stressante. Veniamo bombardati da informazioni su cosa mangiare, cosa evitare, cosa comprare e cosa no.
Noi vorremmo creare una piattaforma semplice e trasparente in cui inserire una serie di azioni che gli individui possono compiere, già da oggi, nel quotidiano.
Mi è capitato di cercare su Google “come ridurre il proprio impatto ambientale” e mi sono usciti milioni di siti che sono completamente diversi tra loro. Sto cercando di mangiare meno carne bovina e di usare la bicicletta, di non usare la plastica. Ma so che le mie azioni porteranno un danno all’ambiente. Mi piace viaggiare, ma so che dovrò comunque prendere l’aereo per farlo.
La soluzione che mi sono dato è che, per il semplice fatto di avere un rapporto diverso con la natura, mi rendo conto che una vocina nella mia testa mi dice “aspetta, pensaci un attimo” prima di comprare sempre le stesse cose. Lì c’è il cambio di mentalità, che ti fa mettere in dubbio tutto quello a cui hai fatto affidamento. Smettere di seguire le azioni e le scelte delle generazioni passate, che ci hanno portato al consumismo estremo e non ci ha mai educato diversamente.
Nonostante sia un processo lento e che richiede tempo, nel momento in cui parte non si torna più indietro. L’importante è che ci sia questa scintilla che ti fa cambiare mentalità.
Ti senti rappresentato dalla politica odierna? Pensi che prima o poi deciderai di impegnarti in maniera attiva in ambito politico?
Sinceramente, penso poco alla politica italiana. Storicamente, i partiti non si sono mai interessati alla causa ambientalista. Per le ultime elezioni molti partiti hanno parlato di “ambiente” solo per assicurarsi i voti dei più giovani. Questo mi fa incazzare.
In politica estera l’ambiente è molto più al centro del programma e tutte le tematiche, come economia e immigrazione, si affrontano ruotando intorno alla questione ambientale.
Non mi sono mai sentito leader. Ero il classico esempio di ragazzo timido e non pensavo di essere in grado di comunicare con così tante persone. Ostia Clean-Up mi ha sbloccato, ho capito che so farlo senza impormi con i miei ideali.
Devo ammettere che il mondo della politica mi spaventa. Riconosco, però, che ci troviamo in una vera e propria crisi in cui si giocherà l’esistenza della specie umana, e se capirò di avere le giuste conoscenze e competenze per cambiare qualcosa, allora forse mi butterò nella mischia. Guardando alle varie mobilitazioni mi domando: perché dobbiamo fare tutto questo solamente per chiedere qualcosa e poi notare che non veniamo ascoltati? Perché non possiamo essere noi i primi a fare qualcosa?
O ci teniamo la classe dirigente che abbiamo ora e continuiamo a sperare che ci ascolti, oppure ci impegniamo ad essere noi la classe dirigente stessa.
Perché è così assurdo immaginare un leader politico che abbia i nostri stessi ideali? Forse è arrivato il momento di assumerci questa responsabilità.