Si torna a scuola. Il momento tanto atteso è arrivato trascinando con sé mesi di polemiche, dubbi, indecisioni, proposte e difficoltà connesse alla ri-progettazione di un sistema complesso. Eppure – anche stavolta – nessuno ha pensato di chiedere aiuto ai designer.
Il nostro paese sforna ogni anno migliaia di designer e architetti brillanti che troppo raramente vengono coinvolti nelle questioni pubbliche. Com’è possibile pensare che le grandi istituzioni, come la scuola, non abbiano bisogno di queste figure? Il design, attraverso la progettazione di prodotti, spazi e sistemi, rappresenta una disciplina in grado di contribuire alla formulazione delle domande necessarie e all’ipotesi delle relative soluzioni, eppure, anche stavolta, un organo articolato come quello scolastico è stato ripensato e riavviato senza contemplare il contributo che chi lavora con la progettazione è in grado dare.
Accanto alle querelle legate a banchi con rotelle, pannelli di plexiglaslass, ingressi scaglionati e frecciatine da ministro a ministro, un triste evento ha segnato il nostro paese: il 9 settembre è morta nella sua casa a Milano Cini Boeri, spirito ambizioso e rivoluzionario che ha cambiato irreversibilmente il modo di concepire il design attraverso una carriera animata da commissioni da parte delle più importanti aziende e istituzioni e da uno spirito entusiasta; pochi anni fa aveva affermato: “Anche invecchiando questa voglia di proporre il nuovo, creare e aiutare è vivissima”.
La morte di Cini e la riapertura delle scuole si sono sovrapposte riportandomi alla mente uno dei progetti che preferisco da sempre, di cui Cini ha parlato molto poco e che ha custodito gelosamente: la Scuola Ideale secondo Cini Boeri, ovvero “una scuola dove non esistono castigo e premio, ma si insegna ai bambini a responsabilizzarsi”, considerabile un manifesto del suo peculiare approccio alla società, la cui analisi l’ha portata in più occasioni a “dissacrare la proprietà privata” come ha detto.
Come funziona la scuola ideale secondo Cini Boeri?
La scuola ideale è inserita all’interno di un parco, immersa nel verde. Questa è la conditio sine qua non che contempla la presenza di alcune aree dedicate alla coltivazione, spazi che costituiscano dei laboratori en plain air in cui imparare l’importanza del prendersi cura.
La composizione architettonica della scuola prende forma a partire dalle aule circolari che possono disporsi in tre modi differenti, dando vita alla struttura “lineare” in cui gli ambienti scandiscono la lunghezza di un corridoio, quella “compatta” pensata per occupare le aree urbane di dimensioni ridotte o quella “circolare” che prevede la presenza di un nucleo centrale che comprende gli spazi comuni e un giardino d’inverno e la distribuzione delle classi tutte intorno.
Le singole aule, sono organizzate a partire dalla posizione centrale dell’insegnante attorno al quale sono posizionati i banchi, curvilinei e movibili per mezzo di binari che ne consento lo spostamento; la disposizione può essere prevista e suggerita dal maestro o affidata agli stessi studenti. In tale processo risiedono i concetti di autonomia e responsabilizzazione, fulcro della poetica di Cini Boeri.
È evidente dunque che i banchi non assomigliano all’archetipo: ognuno di essi comprende tre postazioni egualmente dotate di “una piccola proprietà privata”, come l’ha definita Cini Boeri, un cassettino che educhi al rispetto della proprietà propria e degli altri.
Queste le caratteristiche che plasmerebbero una scuola della responsabilità in cui la progettazione dello spazio dipende indissolubilmente da quella del modo di fare scuola e viceversa. Una realtà democraticamente flessibile, capace di adattarsi alle infinite dinamiche che l’ambiente scolastico per definizione assume.
Ma quanto è effettivamente flessibile la scuola italiana? Quanto spesso cambia?
Non abbastanza, anzi, davvero pochissimo. L’avvento del digitale che ha rivoluzionato ogni ambito e che minacciava una svolta radicale anche per la scuola si è limitato all’interno di quel sistema a suggerire nuovi supporti. Anche nei mesi del lockdown, durante i quali le lezioni per via telematica costituivano l’unica soluzione plausibile, la scuola non è stata effettivamente ripensata, semplicemente il metodo tradizionale di insegnamento fisico è stato costretto all’interno di schermi, senza flettersi più di tanto a una situazione che di “tradizionale” e “fisico” aveva ben poco. Sicuramente le nuove tecnologie hanno ricoperto un ruolo ben più significativo a partire dall’utilizzo che studenti, insegnanti e genitori ne hanno saputo fare autonomamente.
Lo scenario politico variopinto e contraddittorio degli ultimi anni non è stato in grado di proporre e rispettare un progetto a lungo termine, né di disegnare un ventaglio di obiettivi comuni da conseguire. Al contrario le riforme e, soprattutto, i numerosi tagli all’istruzione hanno creato un habitat stagnate per un universo che invece dovrebbe rincorrere i cambiamenti continui che animano la nostra società.
Il progetto di Cini Boeri, che probabilmente non costituisce una soluzione definitiva ed eterna, è un segnale forte che dichiara l’esigenza di ripensare la Scuola Italiana e riconosce alla figura del designer il dovere di contribuire attivamente a questo nuovo disegno che deve includere necessariamente una concezione inedita di tempi, spazi, mezzi e valori.