La fotografia d’abbandono, l’Architettura e l’esplorazione artistica caratterizzano uno dei fotografi più interessanti della scena italiana contemporanea: Roberto Conte.
Una persona carismatica e con tanta voglia di comunicare attraverso l’Arte. Conosciamolo meglio anche grazie alle sue fotografie, da lui stesso scelte come risposta alle domande.
Chi è Roberto Conte?
Ho 36 anni, sono nato e cresciuto a Monza, dove vivo tuttora dopo alcune parentesi a Berlino e a Roma. Da circa dieci anni mi occupo di fotografia, prevalentemente di architettura ed esplorazione urbana, anche nota come fotografia di abbandono o, specialmente all’estero, “urbex“.
Quando nasce la tua passione? Il tuo primo scatto?
Sono sempre stato molto interessato all’arte in generale e all’esplorazione di nuovi luoghi, anche per questo subito dopo la laurea mi sono trasferito una prima volta a Roma, città che offre stimoli culturali inesauribili. Tornato al Nord, nel 2006, la voglia di vedere cose nuove era ormai altissima e ho iniziato a guardarmi attorno con maggiore attenzione, scoprendo luoghi nascosti che prima non conoscevo affatto e iniziando a scavalcare i muri e recinzioni delle fabbriche abbandonate dell’hinterland milanese.
Ed è proprio lì che ho iniziato a fotografare, in un periodo in cui la fotografia di abbandono non aveva ancora raggiunto la popolarità attuale. All’epoca non eravamo in molti a farlo seriamente in Italia e ci conoscevamo praticamente tutti. Dalle strutture industriali milanesi ho ampliato via via il raggio di azione (geografico e tipologico) delle mie esplorazioni per luoghi abbandonati, arrivando a esplorare ad esempio diverse basi sovietiche della ex Germania Est o un ospedale psichiatrico negli Stati Uniti.
Cosa rappresenta la fotografia per te? Che valore possiede?
La considero un vero e proprio “driver della curiosità”, un vero e proprio propulsore della voglia di scoprire nuove cose. In questo senso per me la fotografia non è solo un fine, ma anche un mezzo per scoprire il mondo in modo diverso. Anche per questo non ho iniziato a fotografare con velleità d’artista, ma per il gusto stesso del fare fotografia e di nutrire la mia curiosità. Un circolo vizioso in cui l’esplorazione si alimenta con la fotografia e la fotografia si alimenta con l’esplorazione.
Questo è lo spirito che mi ha portato ad esempio a fare recentemente un viaggio di un mese in solitaria per la Russia, partendo dagli Urali e percorrendo gli spazi immensi di quel Paese attraverso undici città, proprio perché spinto da questo continuo desiderio di scoperta guidato dalla fotografia stessa. D’altra parte la fotografia permette di esprimere in modo potente la propria creatività, permettendo secondo me di interpretare la realtà sostanzialmente attraverso due cose: la scelta dei soggetti e la composizione.
L’Architettura accompagna da sempre i tuoi scatti, che ruolo ha all’interno del tuo lavoro?
Sulla base di una passione che ho sempre nutrito nei confronti dell’arte e dell’architettura, dopo aver iniziato a fare fotografie nei luoghi abbandonati è stato naturale ampliare il mio ambito di interesse verso il mondo delle architetture in generale, prediligendo soprattutto visioni di insieme che raccontino le strutture che attraggono la mia attenzione. Al momento devo dire che la gran parte di quello che fotografo è architettura in senso stretto. Per quanto riguarda le correnti architettoniche che mi interessano maggiormente, negli ultimi anni mi sono appassionato in particolare al brutalismo e al modernismo dei Paesi socialisti.
Progetti Futuri? Prossimi scatti?
Progetti futuri riguardano prevalentemente altri viaggi “foto-architettonici” che sto pianificando. Per quanto riguarda il 2017 andrò a breve a Porto, poi a Valencia e un ritorno a Berlino. Come viaggi più articolati sto preparando dei percorsi nei Paesi della ex Jugoslavia e in Romania. Ho tanti altri progetti in cantiere ma è troppo presto per parlarne!