Stefano Canto – Fino al 19 maggio Matèria ospita la seconda personale in galleria di Stefano Canto, dal titolo Sotto l’influenza del Fiume. Sedimento, in cui l’artista prosegue la sua ricerca sull’archeologia di Roma, intesa come città liquida.
Stefano Canto – Sotto l’influenza del fiume. Sedimento – Entrando negli spazi di Matèria ci si trova circondati dall’opera dell’artista: una serie di impalcature di tubi innocenti che occupano le pareti perimetrali del primo ambiente della galleria. Queste strutture, provenienti da un cantiere edile, si sviluppano verticalmente per rivestire quasi del tutto lo spazio. Invitano lo spettatore ad introdursi in questa fabbrica in cui tutto si riferisce al concepimento della scultura.
Per Stefano Canto: «In questa mostra la galleria, sita nei pressi della città Universitaria, diviene una sorta di distaccamento del Dipartimento di Scienze della Terra. Lo spazio espositivo si trasforma così in un piccolo Museo di paleontologia della città contemporanea. In Sotto l’influenza del Fiume. Sedimento il Tevere diventa il punto di osservazione e riflessione sulla metropoli contemporanea e il suo fondo, il luogo in cui si configura la città nella sua vera forma. Materie organiche e inorganiche di diverso genere e frammenti architettonici di ogni epoca si accumulano e confondono in un’ unica omogenea massa grigia fatta di infiniti strati in continuo movimento e rimodellamento».
Questo magma trova la sua solidificazione all’interno di grandi vasche installate nella seconda sala della galleria. Qui è stato ricreato il microcosmo del Tevere. Al loro interno, viene rilasciata polvere di cemento da una macchina sopraelevata e appositamente progettata che ricorda una betoniera. Si attiva così un processo fortemente accelerato di costruzione di sedimenti della città “liquida”, fossili emblematici del nostro tempo. Canto delega la costruzione della sua opera a questo processo, che amplifica il carattere poetico del lavoro, lasciando allo spettatore la possibilità di osservare la scultura nel momento del suo farsi.
Così giorno dopo giorno, le scaffalature accolgono nuove sculture-sedimenti e la mostra muta costantemente, trasformando lo spazio in un deposito di archeologia del quotidiano.