Robert Capa, alla fine degli anni ’30, diventa pioniere del fotogiornalismo, i suoi reportage documentano i più grandi conflitti della metà del Novecento, dalla guerra civile spagnola, a quella d’Indocina, passando per la seconda guerra mondiale.
Robert Capa nasce a Budapest nel 1913, con il nome di Endre Erno Friedmann, e gli anni della sua formazione coincidono con la nascita della Straight Photography. Questo nuovo linguaggio fotografico che prende piede si oppone a qualsiasi manipolazione della realtà, in fase sia di scatto che di post produzione, e getta le basi per la nascita del fotogiornalismo.
Nonostante la sua ambizione iniziale fosse quella di diventare uno scrittore, Capa ottiene un impiego in uno studio fotografico di Berlino, dove si avvicina a questo ambito.
La grande depressione in America e l’imminente esplosioni dei grandi conflitti bellici della metà del Novecento sono eventi che presentano l’esigenza di essere documentati, a questo punto l’intento formale della Straight Photography si arrichisce di una funzione sociale e comincia a farsi strada la figura del fotoreporter.
Prima di trasferirsi in Francia a causa dell’avvento del Nazismo (era di origini ebraiche), Capa collabora con una delle prime agenzie di fotogiornalismo, la Dephot, ma una volta trasferitosi a Parigi trova difficoltà nel lavorare come fotografo freelance. Gli viene in mente di crearsi lo pseudonimo che poi lo renderà famoso, inventando il personaggio di questo fantomatico fotografo americano venuto a Parigi, convinto che un nome del genere risultasse più familiare all’estero, ed effettivamente la sua richiesta aumenta grazie a questo espediente, così nel 1936 gli viene commissionato un reportage sulla guerra civile spagnola.
È l’inizio del percorso che porterà Robert Capa ad occupare la figura del pioniere per quanto riguarda la fotografia di guerra, dal 1936 al 1954 documenterà la guerra civile spagnola, la seconda guerra sino-giapponese, la seconda guerra mondiale, la guerra arabo-israeliana e la prima guerra d’Indocina. La fotografia che lo renderà famoso in tutto il mondo la scatta in Spagna e ritrae un miliziano nell’istante in cui viene colpito a morte dalle forze del dittatore Francisco Franco. Intorno a questo scatto si è sviluppato un acceso dibattito riguardo la sua autenticità (i detrattori sostengono si tratti di una foto posata), che comunque non sminuisce il valore storico che quello scatto ha assunto.
La fotografia di Capa muove i primi passi sotto l’influenza della Straight Photography e la sua volontà di raccontare la realtà per quella che è, facendo sua quella proposta formale e aggiungendo il lato documentaristico grazie al quale fornisce un’importante testimonianza riguardo gli orrori della guerra, lasciando anche che l’intento del racconto prevalga sulla resa estetica della foto. Nasce un tipo di fotografo che non è più completamente assoggettato ad una ricerca artistica ma che lavora per proporre un contenuto, inizia a farsi spazio il concetto per cui, in alcuni ambiti fotografici, è più importante che una fotografia sia buona, che racconti, piuttosto che sia bella.
Robert Capa era famoso anche per il suo coraggio, arrivò a lanciarsi con il paracadute insieme ai militari, per riprendere svariate scene di guerra, così realizzò i suoi scatti più importanti, lasciando importanti testimonianze, tra le altre, dello sbarco degli alleati in Normandia e in Sicilia. Per la prima volta la qualità più importante di un fotografo non è la sua sensibilità, il suo occhio o una particolare estetica, il suo punto di forza era la sua capacità di trovarsi sempre dentro l’azione per riuscire a realizzare lo scatto al momento giusto. Questa, oltre che sua peculiarità, sarà anche la causa della sua morte, infatti morirà nel 1954 in Indocina quando, per scattare una fotografia ad una colonna di soldati in avvicinamento, mise un piede sulla mina che lo uccise.
Ciò avvene dopo la fondazione da parte sua, di Henri – Cartier Bresson, David Seymour e George Roberts, dell’agenzia Magnum, ancora oggi la più prestigiosa agenzia fotografica al mondo, da sempre attiva nel reportage, grazie anche all’importante eredità da lui lasciata, e che negli anni successivi porterà alla ribalta i più grandi fotoreporter della seconda metà del Novecento.