Sweat Drops Lab è un’esperienza musicale autentica e travolgente dove creatività e libertà prendono forma.
Dj Baro -dj dei Colle del Fomento-, Funk Pope -appassionato di sonorità alternative e funk– e Dj Stile -producer di beats che ha lavorato con artisti del calibro di Frankie HiNRG– danno vita a Sweat Drops, un’iniziativa musicale a 360°. Non un semplice evento, ma un viaggio, uno spunto di riflessione, una fusione di arti ed energie positive: Sweat Drops è un laboratorio musicale itinerante che ospita dj, creativi, musicisti pronti ad alternarsi alla consolle conferendo un’eterogeneità unica ad ogni appuntamento. Si crea così un dialogo tra musicalità iconiche ed innovative, spunti di riflessione, generando aggregamento e lasciando entrare nella scala del reale le emozioni. Sweat Drops è proprio questo, è emozione, empatia, passione, quella passione che ci fa colare addosso gocce di sudore, un sudore fatto di tempo ben speso e mosso da corpo e mente liberi da ogni barriera.
Ambizioso, limpido, travolgente: il progetto di Sweat Drops vuole viaggiare e scoprire il groove nelle diverse città. Si parte con gli appuntamenti di Roma, allo Stadlin: incontri dal sapore internazionale, tutti in live streaming sulla pagina di Sweat Drops.
Scopriamo questa realtà musicale e creativa con un’intervista dedicata ai tre ideatori:
Come nasce Sweat Drops, qual è la sua mission e il suo background?
Nasce dal desiderio di tre dj di proseguire la missione lanciata anni fa dal collettivo 24carat, aprire una finestra sulla musica funk del passato e contemporanea, complici del fermento che rinasce proprio a metà degli anni duemila e rilancia il suono dei rare groove. Il nostro background è assai diverso perché singolarmente nasciamo in contesti differenti: l’amore condiviso per il suono analogico dei breaks che provengono tanto dal funk quanto da altri generi ha permesso di fondere il mondo hip hop a quello del rock e dell’elettronica e di rompere gli steccati musicali.
Che significato ha per voi la scelta del nome Sweat Drops?
Sweat Drops significa “gocce di sudore”. Il nome è nato pensando a James Brown durante i concerti: il suo sudore sul volto, visibilissimo in tante foto, è passione allo stato puro per il groove, per il soul e per il ballo. Celebrato e apostrofato dalle coriste con un gesto, coreografato a tempo con la musica, volto a togliersi il sudore dalla fronte per poi rilanciarlo in avanti con fierezza, facendo un chiaro riferimento al nickname “the hardest working man in the show business”.
Forse non è un nome semplice, tanto che qualcuno lo legge “sweet drops”. Ma per noi quelle gocce di sudore rappresentano il quotidiano contatto con la musica.
Quali sono i riferimenti culturali principali che hanno dato vita al concept di Sweat Drops?
I riferimenti culturali si aprono a ventaglio, quelli che ci hanno dato la spinta sono le espressioni artistiche newyorkesi dalla seconda metà degli anni settanta in poi. Da sempre siamo legati all’immaginario che riporta “the get down” ma alle sue vere origini, dai nomi storici del funk-soul ai primi “graffiti” newyorkesi, diversi elementi compongono lo spirito di Sweat Drops: la scena documentata dal film “Wild Style” è fondamentale tanto quanto lo potrebbe essere la produzione musicale di Aretha Franklin o dei Funkadelic. Siamo dei divoratori di esperienze black e di tutte le forme di cultura nata sulla strada: per questo l’hip hop dei grandi padri non smetterà mai di influenzare i nostri eventi.
Cosa significa per voi fare musica? Quale valore e quale potente strumento può essere quest’arte?
Il djing è solo una parte del nostro progetto, e in questo progetto, proponiamo musica, insieme al contesto adatto per avere la giusta esperienza. Essendo tre dj è la musica l’aspetto da cui spesso di parte per creare aggregazione, contatto e, auspicabilmente, scambio di opinioni. Ritrovando calore umano attraverso ritmi e basslines, le persone possono ballare, cantare, e riflettere se trovano lo spazio adatto. Ci piace pensare ad un dancefloor attivo e non passivo, ad un continuo processo di feedback emotivo e di contenuti tra il dj e i presenti, dentro e fuori il locale per questo ora esiste Sweat Drops Lab.
Perché scegliere di essere un contenitore a 360°, non solo di musica ma di più esperienze artistiche? Qual è l’importanza e la responsabilità di essere un contenitore che tipo di esperienze proponete?
Djing, live music, cinema d’autore, street art, breakdance sono perfettamente in sintonia e determinano la nostra volontà a strutturare ogni evento come esperienza. Per la componente hip hop del gruppo, è anche una consuetudine, quella di muoversi su più fronti artistici, già dagli anni Novanta organizzavamo eventi che comprendevano ballo, live, graffiti, e djing. Contemporaneamente cambiano i tempi, e per fare un party non bastano due o tre bravi pr., questa è l’epoca dove tutte le forme artistiche si mescolano per essere riproposte al pubblico come esperienza totale. Ed è anche una possibilità non da poco quella di poter illustrare un concetto con più forme espressive, ne completa l’informazione con diversi punti di vista, allargando la prospettiva dello spettatore facendolo sentire sempre più coinvolto.
Cos’è per voi l’arte?
Domanda ardua (ahah). L’aspetto che ci mette d’accordo, soprattutto da un punto di vista organizzativo, è che fondamentalmente deve essere un’esperienza, spesso la società rimane sterile di fronte ad un concetto di arte che si ferma alla sola provocazione, non offrendo spunti su cui costruire. Nel Novecento abbiamo anche capito che dovrebbe essere un fatto, e non riportare dei fatti.
Deve essere frutto di emozioni, rimanendo legati ad una realtà concreta, o di altra natura se serve all’equilibrio dell’opera stessa. Per noi l’arte è tutto ciò che genera una sensazione positiva e che diventa uno stimolo per gli altri: i murales di Blu, la poetica di Gil-Scott Heron, il flow dei Beastie Boys. Estetica e stile si fondono in qualcosa che vuoi replicare e superare, in qualcosa che sia un esempio anche per le nuove generazioni. L’arte dovrebbe avere una finalità sociale che non si limita alla denuncia: in un momento storico così delicato deve essere d’aiuto, anche una proposta.
Che ruolo svolge nel vostro progetto la ricerca musicale, quali artisti e generi proponete e come selezionate le vostre scelte?
È un po’ come chiedere ad un pittore che ruolo svolge il confronto con i grandi artisti della storia… Per noi la ricerca è l’essenza stessa del nostro progetto. È importante non solo la conoscenza dei classici, ma anche la comprensione dei nuovi fenomeni sociali, dei nuovi trend musicali, dell’interazione tra diverse forme espressive. Ed è fondamentale il piglio culturale delle nostre scelte: abbiamo quaranta anni e siamo felici di poter dare il nostro piccolo contributo anche ai più giovani, cercando di intercettare il loro gusto e tracciando una linea che colleghi l’intuizione musicale dei nomi storici alle nuove visioni del groove. Si può costruire un linguaggio musicale che parta da James Brown e arrivi a Kendrick Lamar o Anderson.paak, senza preclusioni di genere.
Roma e la musica: cosa pensate del panorama artistico e delle possibilità che offre la Capitale? La città è terreno fertile per un’evoluzione della visione musicale? Quali sono le potenzialità che la rendono internazionale e quali sono invece le criticità?
Domande da un milione di dollari. Roma è una città straziata, una capitale mondiale depauperata di molte sue ricchezze culturali. In particolare è stata privata della sua più nota definizione, quella di “città aperta”. Roma è chiusa, ogni giorno è uno scontro Davide-Golia con le istituzioni e un match tutti contro tutti. Fortunatamente c’è chi non si abbatte e prova imperterrito, in overdose di ottimismo forse, a tenere viva la fiamma di una Roma diversa. Nel panorama musicale ci sono tante prime donne ed è difficile creare network stabili. Noi di volta in volta ci proviamo… E anche il nostro Lab vuole essere un’esperienza collettiva, un piccolo esempio di benessere collaborativo. Non è solo una consolle aperta a dj, nerd musicofili, creativi e artisti, ma è un piccolo viaggio nell’intimità musicale di ognuno di loro attraverso il linguaggio sonoro preferito. C’è tanto da scoprire!
Quali sensazioni volete trasmettere a chi partecipa ai vostri eventi? Tracciate un identikit del vostro ascoltatore ideale.
Vivi, respira, ascolta, divertiti e trai beneficio da vibrazioni musicali e culturali non anfetaminiche e non atomizzanti. Ascolto e ballo sono esperienze che creano unione. Il nostro ascoltatore ideale può essere chiunque. Non abbiamo nessuna spocchia, tutti sono invitati.
Cosa consigliereste a chi vuole decidere di scegliere la carriera musicale in Italia?
Di armarsi di tanta, tantissima buona volontà. Non è un Paese per giovani. Ma quando ottieni anche un piccolo risultato la soddisfazione è ancora più grande.