La storia di Versace è la storia di una rivoluzione che va oltre il visibile, concepita da un’icona che ha dedicato la sua intera esistenza alla bellezza.
Gianni Versace nasce nel 1946 a Reggio Calabria. Qui, nel profondo sud, sua madre, Francesca, lavora tra il laboratorio di sartoria e la boutique di alta moda. Di questi ambienti è assiduo frequentatore Gianni, che negli anni cinquanta impara il mestiere divenendo un abilissimo artigiano della stoffa. È proprio questo il contesto in cui il creativo conosce la bellezza; tra i tessuti impilati negli scaffali della sartoria, le donne del sud – matrone formose, maestose e con scollature provocanti – affascinano il giovane che proprio sul corpo femminile fonderà la sua rivoluzione.
Incoraggiato dalla forte passione e dalla condizione economica favorevole in cui l’Italia versava in quel periodo, Gianni Versace, venticinquenne, lascia la Magna Grecia e parte alla volta di Milano nel febbraio del 1972. La capitale indiscussa di arte e progetto mette alla prova lo stilista che assume la direzione creativa di diverse maison e gli conferisce una prima fama, decisamente positiva, trampolino di lancio nel fashion universe.
A partire dalla buona reputazione conferita allo stilista e dalle competenze in campo economico di suo fratello Santo, che lo raggiunge nel 1976, nel 1978 viene fondata la Gianni Versace. Il 28 marzo di quell’anno il catwalk de La Permanente di Milano, viene calpestato dalla prima collezione femminile che riscuote un notevole successo. Da lì gli eventi segnanti si susseguono rapidamente. Dal 1979 lo stilista inizia a collaborare con Richard Avedon, primo d’innumerevoli fotografi che firmeranno le campagne dell’azienda contribuendo alla sua grandezza.
Il 1981 è un anno-chiave: l’azienda presenta i suoi modelli futuristici, abiti in maglia di metallo che stravolgono l’immaginario della moda e della donna, scaldando i mass media e riflettendo sulla maison critiche, tanto positive quanto negative. Quella provocazione, che si rivela ben presto vincente cresce e muta approdando a una collezione di abiti in stile sadomaso che marchiano il panorama della moda negli anni ottanta.
Gianni traduce in moda ciò che Mendini e Sottsass stanno sperimentando nel design con il gruppo Memphis: il post moderno.
Le impronte che Gianni Versace ha saputo imprimere sul percorso della moda sono ancora nitide, non solo all’interno del brand, ma nel panorama mondiale.
L’immaginario della donna, già citato, rappresenta una delle più rilevanti rotture col passato. Il corpo femminile diviene un manifesto che grida trasgressione e libertà, potere e autorevolezza. Le donne Versace sono vere donne. Le modelle abbandonano il ruolo di manichino che fino ad allora le ha rappresentate per caricarsi di eroismo e passione.
Stephanie Seymar, Naomi Campbell, Cindy Crawford, Claudia Schiffer e Elle MacPherson, per fare dei nomi, sono alcune delle modelle che Gianni scopre, apprezza e porta in Italia fondando un mito che vive ancora. Questa visione si esplica sul fronte del significante con abiti che non hanno paura di mostrare il corpo, materiali che appaiono sulla copertina di Vogue che prima di allora erano associati al mondo negativo della lussuria e della perversione, linee gotiche che abbracciano un classicismo fatto di figure mitologiche, tratti nitidi, colori pieni, oro.
Anche le sfilate sono innovative. La tradizionale passerella, diviene un evento mondiale all’insegna della bellezza, del lusso e del glamour, sempre più ambito e partecipato dalle più influenti personalità del mondo dell’arte, della musica e dello spettacolo oltreché della moda. In occasione della sfilata della collezione primavera/estate 2018, le modelle predilette di Gianni, le fantastiche cinque, hanno percorso la passerella mano nella mano, insieme a Donatella, sorella dello stilista, unite per la “celebrazione di un genio, celebrazione di un’icona” memori del grande finale della sfilata del 1991, in cui chiudevano cantando Freedom ’90 mano nella mano.
Alla crescita vertiginosa dell’azienda hanno contribuito i nuovi scenari su cui Versace ha scommesso. Nel 1989, Donatella Versace entra a far parte del marchio, assumendo la direzione creativa di Versus, linea giovanile del brand. Negli stessi anni, con il progetto Atelier, la maison firma una serie di capi di alta moda, presentati per la prima volta a Parigi nel 1990. L’anno successivo segna la nascita di Versace Signature con cui si avvia la produzione di fragranze e accessori e che contribuisce all’ampliamento del brand, insieme alla nuova linea Versace Home Collection, nata nel 1993.
Sempre nel 1993 a Gianni Versace viene diagnosticata una forma di cancro all’orecchio che ostacola lo sviluppo delle collezioni e delle altre attività e che porta lo stilista a spartire gran parte del patrimonio economico del marchio tra i fratelli. La malattia segna l’alba di una prima crisi che sprofonda del tutto nel tragico 1997. Gianni Versace viene assassinato il 15 luglio del 1997 nella sua villa a Miami Beach. Andrew Cunanan, serial killer artefice di molteplici omicidi in quel periodo, spara un colpo allo stilista: un colpo letale che ha ferito anche l’intero immaginario Versace e la moda tutta. Qui, la crisi si fa vera e profonda. L’azienda, da testamento, rimane per la maggior parte nelle mani della giovanissima Allegra Versace, undicenne, figlia di Donatella e nipote di Gianni.
Gli anni immediatamente successivi al lutto sono tracciati da forme di celebrazione dell’artista di vario genere: nel 1998, il Museum Of Modern Art di New York gli dedica una mostra e nel 2002 anche il Victoria&Albert Museum di Londra organizza una retrospettiva sulla vita e le opere dello stilista. Nel 2007, a dieci anni dalla morte, Minnie Gastel, pubblica un libro per celebrare la storia del grande creativo.
Clicca qui per comprare “Il mito Versace. Una biografia” di Minnie Gastel
Il 2004 rappresenta l’anno ufficiale della rinascita dalla crisi dell’azienda. Guidata da Giancarlo Di Risio, Versace si risana e comincia a percorrere una strada nuovamente colma di traguardi. La morte di Gianni Versace ha indubbiamente costituito la causa primaria di uno squilibrio che ha investito il lato creativo ed economico del marchio, e che ha cominciato a dissolversi solo dopo un quinquennio, trovando una soluzione che non riguarda tanto il lato creativo, bensì altri processi di un sistema complesso e aperto.
Dopo l’evento nefasto, l’immaginario Versace comincia a sgretolarsi: l’impero che era sorto da significati e significanti nuovi e che si era espanso con la crescita dell’aurea che avvolgeva lo stilista, viene meno quando il pubblico di Versace non può più fare riferimento alla sua mente creativa.
Versace era ormai una stella polare nel mondo della moda perché qualcuno vi aveva confidato. Ora ci sono nuove figure alle redini dell’azienda, nuove le teste, nuova la creatività, nuovi gli approcci. Da una parte imitare il genio non avrebbe funzionato, dall’altra stravolgere le radici di un progetto vincente era un rischio troppo alto da correre.
Al di là delle collezioni, Versace vanta, anche dopo la morte del fondatore, riconoscimenti e collaborazioni coi più influenti nomi dello scenario. Nel 2011 Versace firma una capsule collection prodotta dal brand svedese H&M. Nel 2018, il Council of Fashion Designers of America, nomina Donatella Best International Designer sul palco dei Fashion Awards. Lo stesso anno, la cessione di Versace a Michael Kors per 2,12 miliardi di dollari (1,83 miliardi di euro), che mantiene Donatella alla direzione creativa del brand. Nel 2017, l’azienda, che dalla moda si è aperta alle fragranze, la collezione casa e i due Palazzi Versace, sede di hotel a Gold Coast e a Dubai, ha registrato un fatturato di 668 milioni di euro e un utile netto di 15 milioni di euro.
A diffondere il culto dell’azienda oggi è l’icona che la rappresenta: Donatella Versace. La stilista, come accennato, ha investito sull’azienda concependola come un sistema di cui non vanno indagati solo i processi creativi, produttivi e la sfera legata alla vendita. L’obiettivo di fondo è il raggiungimento di più ampi scenari, il coinvolgimento dei giovani e la diffusione di valori al di là dei prodotti. Come? Le strategie puntano anzitutto ai mass media e ai social network: Donatella Versace è ormai un’influencer (e anche il suo cane @audrey_versace). Condividere i propri spostamenti, i pensieri dell’immediato, i progetti e il loro backstage consente un coinvolgimento rapido, efficace e continuo. Così Donatella, uscita da dietro le quinte della maison, viene cantata da Lady Gaga, interpretata da Penelope Cruz per Netflix e osannata da un immenso pubblico. Il suo ruolo durante eventi e manifestazioni non è solo quello di assistere le star che rappresentano Versace, ma farlo in prima persona – si pensi al Met Gala.
La proposta continua di novità avviene anche mediante il lancio di capsule Collection e collaborazioni; l’idea di mostrare spesso materiale esclusivo consente a Versace di apparire sempre nuovo agli occhi degli altri. La via che il brand segue per farlo al meglio è una sofisticata ironia marcata da una visione rock che ha preso rapidamente il posto di quella glam. I recentissimi eventi hanno portato l’azienda a interrogarsi anche sulla questione della sostenibilità, sperimentando nuove vie e materiali per i processi produttivi, senza però giungere ancora a soluzioni definitive.
LEGGI ANCHE: L’ape regina degli scacchi