Dal 3 al 7 aprile le figure più emblematiche della scena minimalista mondiale si sono riunite ad Amsterdam in occasione del World Minimal Music Festival, ritenuto attualmente uno dei più importanti festival di musica minimalista.
World Minimal Music Festival esplora il tema della meditazione e il potere trascendentale del minimalismo attraverso concerti, lezioni di introduzione allo nada yoga e di installazioni d’arte. Insomma: l’interpretazione del minimalismo in ogni suo aspetto.
Dalle emblematiche composizioni di Louis Andriessen, Steve Reich e Terry Riley alle sessioni di meditazione del potere curativo delle campane tibetane, dalla musica minimale olandese a quella minimale elettronica di Donato Dozzy, Rabih Beaini e Tomoko Mukaiyama, la line-up prevede 23 concerti ed è incredibilmente varia.
Il World Minimal Music Festival è interamente dedicato ai molteplici aspetti della musica minimalista, nata durante gli anni sessanta negli Stati Uniti dall’esigenza di dar vita ad una musica che si potesse contrapporre al filone del serialismo di Webern e all’atonalità della nuova musica che si stava diffondendo nel vecchio continente.
Il minimalismo in musica si basa sostanzialmente su un’ostinazione ritmica e sulla ripetizione di un frammento musicale il quale cambia progressivamente armonia, dinamica e strumentazione in maniera quasi impercettibile.
I compositori minimalisti si ispirano alla musica e alle filosofie orientali: La Monte Young si è ispirato alla musica raga indiana e al teatro giapponese Gagaku, Philip Glass ha basato il suo sistema ritmico sulla struttura della musica tabla e della musica classica indiana ed anche Steve Reich, il quale ha adottato alcuni principi tecnici della musica del Ghana e della Costa d’Avorio.
Space Junk, il nuovo lavoro della compositrice australiana Kate Moore, installazione 3D di una nuvola di detriti nello spazio che si muove intorno la terra.
Il festival si apre con Space Junk, il nuovo lavoro della compositrice australiana Kate Moore che in 45 minuti di performance ha realizzato, sulla base di studi eseguiti dal padre ricercatore fisico, l’installazione 3D di una nuvola di detriti nello spazio che minacciosamente danza intorno la terra. A chiudere la performance, l’ensemble Asko | Schönberg ha eseguito musiche della Moore, diretti dalla bacchetta di Marzena Diakun.
Tra i grandi appuntamenti del festival, non si può trascurare la presenza del pianista Ralph van Raat, uno dei più rilevanti interpreti della musica contemporanea per pianoforte che vanta indiscutibili successi dalla Carnegie Hall di New York al Recital Centre di Melbourne. Il 4 aprile, van Raat ha eseguito in prima mondiale il concerto per pianoforte e orchestra che il compositore minimalista spirituale Vladimir Martynov ha composto per lui.
Philip Glass definisce in una sola parola l’essenza della musica minimale, limitless, e ciò non riguarda solo l’aspetto strutturale di una composizione. Il minimalismo in musica ha trovato il modo di manifestarsi al di sopra del tempo, al di sopra dei generi, una musica senza limiti.
Ne è dimostrazione il programma del 5 aprile. In tre differenti location, si sono esibiti Stella Chiweshe, musicista dello Zimbabwe famosa per cantare e suonare accompagnata dalla sua mbira, l’ensemble svizzero Eklekto Percussion che ha presentato in programma l’artista sonoro giapponese Ryoji Ikeda e musiche della compositrice d’avanguardia Pauline Oliveros. A chiusura il trio TEMKO, che si è cimentato in un’interessante rivisitazione analogica del celebre Shri Camel di Terry Riley.
La line-up include le composizioni di Terry Riley, Morton Feldman,Gavin Bryars e l’avanguardista Pauline Oliveros.
Segue ancora una fitta programmazione, tra cui la versione del compositore Anthony Fiumara di Music for 18 Musicians di Terry Riley, la “performance- happening” dei Cello Octet Amsterdam, le opere di Gavin Bryars e Frederic Rzewski. Il programma continua con le composizioni dell’olandese Simeon ten Holt e Marien van Oers che con la sua Massive Trance dell’ ’83 trasporta ancora oggi tutti gli ascoltatori in uno stato di trance.
L’ultimo concerto di questo viaggio nelle diverse accezioni di ciò che la musica minimale sta davvero a significare non poteva essere più grandioso. Il 7 aprile l’Ives Ensemble ha portato sul palco della Grote Saal della Muziekgebouw il leggendario quartetto d’archi n.2 di Morton Feldman che per più di 5 ore relaziona la dimensione del tempo e dello spazio con l’inconscio di chi ascolta, fonde la tecnica della ripetizione con il fenomeno del silenzio.
Il minimalismo come strumento di meditazione ed esplorazione di sè.
Ciò che deriva dal minimalismo non riguarda solo le caratteristiche musicali o compositive, è un modo del tutto diverso di percepire la musica nel suo lato più profondo. Non ci sono climax o slanci virtuosistici che esplodono in pagine di lirismo come accade nella musica classica occidentale, ma uno stato quasi ipnotico di intimità e ricerca contemplativa di se stessi e della musica come arte, che fluisce in un tempo indefinito che può durare minuti, o anche ore.
L’insegnamento più significativo del minimalismo è che in musica, così come nella vita, non è sempre necessario attendere impazienti il gran finale degno di filarmonica, ma saper anche fermarsi per dedicare frammenti di tempo rivolti all’apprezzamento e alla rivalutazione di noi stessi in ogni attimo del presente.
Fonti:
Glass Philip, Parole senza musica- la mia vita
Mertens Wim, American minimal music
Nyman Michael, La musica sperimentale
Schwarz Robert, Minimalists